Quando la danza prende per mano l’educazione, CorpoGiochi vince il bando Siae “Per chi crea”

Monica Francia, coreografa e curatrice del progetto: «Portare a scuola le mie pratiche corporee significa dare a persone differenti per condizioni presenti, passate e future strumenti per lavorare sulle relazioni, a partire dalle proprie percezioni ed emozioni»

di Linda Landi

Foto 1 Ph Giammi Martini Copia

Foto Giammi Martini

Monica Francia ha alle spalle un lungo percorso di ricerca, sperimentazione e creazione che, fuori dai percorsi battuti, continua a produrre esiti e trovare riscontri significativi. Al netto della vincita del bando Siae “Per Chi Crea”, la coreografa, curatrice del progetto, ci ha aggiornato sullo stato dell’arte.

Nel passaggio dalla scena alla scuola, dalla carriera come coreografa all’ideazione e alla realizzazione del metodo CorpoGiochi, come si è trasformata la tua ricerca artistica?

«Fin dagli inizi ho indagato la relazione tra corpi, sperimentando con le materie e le composizioni e chiedendo il segreto dell’intensità. Ho immediatamente creato un sistema di pratiche corporee per entrare in relazione con le persone che attiravo nel mio mondo, che è come dire, nel mio piano di trasformazione del mondo. CorpoGiochi è un metodo che ho creato dal 2003 a partire dallo scontro con il sistema scolastico al fine di incontrare le giovanissime e, tramite loro, le insegnanti e le famiglie. L’esperienza di CorpoGiochi è un pezzo della mia storia di artista e coreografa, un pezzo che vive di una vita autonoma e che allo stesso tempo è intimamente legato agli altri pezzi. Intendo ogni incontro di laboratorio come un’opera performativa. Non sento nessuna differenza tra questa e altre azioni che ho ideato: tutte sono differenti e tutte richiedono una medesima presa di responsabilità artistica e politica, oltre che personale. La differenza è data dal fatto che interventi come questo non sono considerati al pari della produzione di opere coreografiche che entrano nel mercato della “danza”. Si tratta però di una valutazione che è fatta dalle istituzioni, dai critici, da chi detiene il potere di dare e togliere valore, che non mi trova d’accordo».

Perché la danza a scuola? Perché le pratiche corporee relazionali negli spazi e nei tempi della scuola dell’obbligo? 

«Portare a scuola le mie pratiche corporee significa dare a persone differenti per condizioni presenti, passate e future strumenti per lavorare sulle relazioni, a partire dalle proprie percezioni ed emozioni. La scuola dell’obbligo è fondamentale in quanto primo esperimento di collettività che ha la potenzialità sia di fissare, sia di mettere in crisi e riconfigurare certezze, ruoli, abitudini, comportamenti personali. In questo contesto è controproducente non sia previsto un tempo dedicato al linguaggio e alla comunicazione non verbale: manca la materia. La danza, per come la pratico nel mio mondo, è strumento per sperimentare differenti modi di muoversi, di comportarsi, di guardare e di relazionarsi aprendo possibilità oltre ciò che si pensa “naturale” e “spontaneo” e proponendo quindi reali alternative al disagio, alla violenza e alla sofferenza psichica e corporea. Per questa danza ogni corpo è perfetto, proprio perché capace di trasformarsi».

Come sono cambiati i tempi e, di conseguenza, in che modo l’utenza scolastica recepisce oggi questo tipo di pratiche?

«Le pratiche del metodo CorpoGiochi irrompono nelle dinamiche del gruppo-classe, rimettendo in gioco ruoli e identità. I gruppi rispondono con aperture vertiginose e altrettante resistenze. In questo momento storico, i giochi sono complicati e i corpi molto serrati. Il metodo si è sempre trasformato in relazione alle necessità dei gruppi che incontra. Dalla pandemia la trasformazione è stata importante e ha determinato una nuova articolazione delle pratiche, spostando le attività dallo spazio della palestra allo spazio delle aule, affrontando innanzitutto le problematiche e le potenzialità del distanziamento e del mascheramento dei corpi. Il gioco funziona così: se chiedi la trasformazione, devi essere tu la prima a trasformarti».

20 laboratori con il coinvolgimento di 420 bambine e bambini

Il progetto “CorpoGiochi alla Valgimigli – pratiche relazionali per sperimentare nuove possibilità espressive” vincitore di “Per chi Crea” nell’ambito della formazione e promozione culturale nelle scuole pubbliche nel settore danza è stato realizzato da CorpoGiochi ASD e Nanou Associazione Culturale ETS, in collaborazione con Cantieri Danza APS e con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea”.

Il progetto si è articolato in 20 laboratori del metodo CorpoGiochi condotti da Daniela Camerani, Francesca Serena Casadio, Monica Francia, Rosanna Lama e Zoe Francia Lamattina e rivolti a 420 persone dal 6 ai 12 anni delle classi di scuola primaria e secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Manara Valgimigli”. La compagnia gruppo nanou ha inoltre realizzato Assaggi di danza d’autore a scuola, proponendo a 250 studentesse e studenti brevi performance dal vivo.

A conclusione del progetto, è stata presentata al pubblico la performance BIANCO, ideata e realizzata da Monica Francia con la collaborazione drammaturgica di Ida Malfatti e coreografica di Zoe Francia Lamattina. Numeroso il pubblico intervenuto nelle 9 repliche realizzate il 28 maggio a Savarna, il 29 maggio a Sant’Alberto e il 31 maggio a Piangipane. L’evento, che ha visto protagoniste 160 persone dai 9 ai 12 anni, prende il suo nome dal secondo momento della trasformazione alchemica, un passaggio insieme potente, delicato e decisivo. Il pubblico è stato guidato in un’esperienza che sconvolge la normale relazione tra chi guarda e chi è guardata.

“Assaggi di danza d’autore a scuola”

di Lisa Bentini

Foto 2 Assaggi Danza Gruppo Nanou CopiaCon “Assaggi di danza d’autore a scuola” – a cura del gruppo nanou – le classi sono invitate ad assistere a una vera e propria performance dal vivo. “Assaggi” è dunque un avvicinamento al linguaggio della danza, sempre più lontano dal mondo delle bambine, ma anche la scoperta (spiazzante) che la danza può occupare territori altri, come la scuola, dove non ci si aspetta minimamente di trovarsi di fronte a danzatrici che si muovono ed esplorano spazi solitamente deputati allo svolgimento della lezione. 

Nelle scuole dell’Istituto comprensivo “Manara Valgimigli”, in particolar modo in quelle classi in cui gli “Assaggi” non si sono svolti in palestra, bensì nelle aule, il modo delle studentesse di abitare gli spazi scolastici si è capovolto. Vedere Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci, Aurelio Di Virgilio e Agnese Gabrielli danzare tra i banchi della propria aula, se inizialmente ha avuto un effetto straniante sulle giovani spettatrici, disorientandole, ha poi consentito loro di ripensare diversamente gli spazi e, una volta terminata l’esperienza, di ritornarci con maggiore consapevolezza: le pratiche lasciano tracce non solo sui corpi che le mettono in moto, ma anche sui luoghi che le ospitano, e sui corpi di chi le osserva. 

Inizialmente il corpo che si muove, che si esprime, tanto più se in un contesto inaspettato, viene percepito come imbarazzante o ingombrante, suscitando il più delle volte ilarità o disappunto; non è un caso: nonostante le bambine trascorrano ogni giorno moltissime ore dentro un’aula scolastica, sedute composte ai propri banchi (chi ci riesce), ma pur sempre a stretto contatto con altre compagne, i corpi sono spesso invisibili, corpi estranei, imprigionati. Ecco: la danza ha il potere di liberarli; il che, ovviamente, non significa fare tutto ciò che si vuole, bensì rispettare delle regole, entrare a far parte di un “gioco corposo” come suggerito dagli stessi laboratori di CorpoGiochi, ideati da Monica Francia. Ed è proprio grazie a CorpoGiochi, a cui le classi coinvolte hanno partecipato prima di incontrare la danza a scuola, che le bambine hanno potuto esplorare una sorta di alfabetiere del corpo che si è rivelato particolarmente utile anche per leggere gli “Assaggi” proposti; ad ogni modo alla fine di ogni performance di “Assaggi” è sempre prevista una conversazione tra danzatrici e spettatrici. E non solo: gli “Assaggi” prevedono anche che le possibilità compositive vengano selezionate, nominate e mostrate: le bambine possono altresì dare indicazioni alle danzatrici su quali parti del corpo muovere e come, venendo coinvolte nella creazione e composizione di piccoli brani coreografici – compito per nulla semplice vista la sempre più frequente dissociazione tra parola e corpo. Difatti: che lingua parla il corpo? 

La coreografa Rhuena Bracci chiede alle giovani spettatrici di osservare i movimenti e indovinarne la consistenza – acquosa? gommosa? legnosa? ariosa? – o addirittura di inventarne di nuove – come quella suggerita in una classe: una consistenza “slime” come l’oggetto gelatinoso dai colori fluorescenti che spopola tra le giovani. Il corpo allora diventa un territorio da scoprire e da mappare, da osservare e da ascoltare; il corpo può finalmente sentirsi libero di trasformarsi, consentendoci di esplorare le nostre emozioni. Non più solo ponte tra il mondo della scuola e il mondo della danza, “Assaggi” è anche un primo e prezioso tentativo di trasformare se stesse, sperimentando percezioni ribaltate.

(Il femminile sovraesteso scelto per scrivere quest’articolo è uno dei tanti capovolgimenti possibili per guardare i corpi da un altro punto di vista)