Casa Esse, abitare la campagna forlivese

La proposta di Studio Ellevuelle come ripensamento tra tradizione e innovazione delle costruzioni domestiche in pianura

Esterni

I Sedici, rassegna di coppie di architetti rispettivamente giovani e diversamente giovani, organizzata da questa rivista, con il patrocinio del Comune di Ravenna nelle Cantine di Palazzo Rava e il coordinamento di Emilio Rambelli, giunge al sesto incontro degli otto in programma. In scena vanno lo Studio Ellevuelle di Forlì per i primi e Francesca Proni per i secondi. Poiché la mission di chi scrive sono i primi, oggi focalizziamo l’attenzione sulla realizzazione di una casa di campagna, progettata e ultimata nel 2013 da Ellevuelle. La scelta privilegia un approccio ad un tema particolarmente interessante, in quanto l’intervento si colloca in un’area agricola, e ci permette di dimostrare il valore potenziale dei giovani progettisti, poco più che trentenni, titolari dello studio forlivese: Luca Landi, Giorgio Liverani e Michele Vasumini. Per un’ironia del tutto casuale, nel loro portfolio consultabile sul web si trova anche un progetto di sistemazione di piazza Kennedy, del tutto diverso come filosofia di intervento da quello in procinto di essere realizzato, di cui è invece responsabile l’architetto Proni del Comune di Ravenna. Ma veniamo al progetto scelto, che mostra una nuova casa nella verde campagna forlivese, in un lotto di superficie pari a 15.000 metri quadri, compreso tra una vigna e un noceto. Il tema progettuale deriva dall’ «esigenza della committenza – spiegano gli stessi progettisti ­– di demolire e ricostruire la casa in cui stava vivendo, minacciata da cedimenti strutturali».

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Il tema progettuale deriva dall’«esigenza della committenza – spiegano
gli stessi progettisti – di demolire e ricostruire la casa in cui stava vivendo, minacciata da cedimenti strutturali».Qui si pone già una prima e non lieve decisione, vale a dire quella di sostituire il fabbricato esistente, non sicuro ed evidentemente
non memorabile, con una nuova costruzione

Qui si pone già una prima e non lieve decisione, vale a dire quella di sostituire il fabbricato esistente, non sicuro ed evidentemente non memorabile, con una nuova costruzione. Mentre, come spiegano i giovani progettisti, «le residenze nella pianura romagnola hanno forme convenzionali di costruzione: su due piani, tetto a spiovente, pareti intonacate», il progetto non recupera in maniera letterale questi codici, bensì attinge ai «“classici” valori della casa di campagna ed al contesto: il dialogo e l’apertura con il paesaggio, lo sviluppo su un solo piano, l’uso del colore e materiali legati al paesaggio, la definizione dei diversi tipi di spazi (ora aperti sul paesaggio, ora più introversi)». Infatti «la pianura di Forlì è composta da una serie di segni chiaramente artificiali, che il paesaggio ha da tempo fatto propri, integrandoli in se stesso, perché per secoli le tradizioni agricole e idrauliche li hanno consolidati in queste forme. Sono le trame dei filari dei frutteti,i solchi degli argini, le recinzioni: queste tracce graffiano il terreno, trasformandolo in una sequenza di linee parallele che portano a leggere una direzione dominante».

Immagini del contesto territoriale

Per questo motivo «il progetto mira dunque a riscoprire e riordinare le linee di forza che formano il paesaggio» e quindi rilegge le forme naturali e le traduce in «elementi architettonici riconoscibili», mitigando l’impatto visivo con un unico piano che consente alle cime degli alberi di emergere sulla pianura.

Perciò propone una nuova abitazione fortemente distesa sul terreno, incapsulata all’interno di due grandi muri di pietra, che proseguono autonomamente a definire due corti aperte sul paesaggio agricolo, di cui declina la trama di linee orizzontali parallele.

Mentre seziona il territorio, creando nuove gerarchie delle aree a verde, ecco a noi giungere lontani echi della domus romana, evocata dalla suggestione dell’opera di colonizzazione del territorio svolta dalla grande idea della centuriazione e dalla organizzazione centripeta interna, ornata da un piccolo patio centrale. La connotazione formale del nuovo corpo di fabbrica non viene riletta in termini mimetici, e perciò non mette in campo il classico repertorio tipologico-formale di una tradizione più o meno articolata, bensì attinge dal profondo, da quelle che una volta nelle sedi opportune si chiamavano le “grammatiche generative” del contesto, e che usualmente solgono denominarsi con un termine, ormai purtroppo inflazionato, di genius loci.

I due possenti muri esterni sono
i protagonisti assoluti della composizione, sia per il notevole sviluppo in lunghezza, ben oltre gli ambienti residenziali a creare le due corti aperte, sia per l’equilibrio
tra altezza e spessore, ma anche per la pregevole texture
in pietra di Langa a spacco, che ricorda l’antico uso medievale della muratura in pietra sbozzata posata a “filaretto”

Sul piano distributivo il basso corpo di fabbrica si trova attraversato da un corridoio centrale che collega due unità; una maggiore, rivolta a sud-ovest e destinata ad un nucleo familiare composto dai genitori e due figli; l’altra minore e aperta verso nord-est, di spettanza della nonna. In particolare la parte in cui vive la famiglia ospita al proprio interno il piccolo patio, attorno al quale si articolano la stanza e il bagno dei genitori, mentre il corridoio centrale, dopo averlo lambito, prosegue fino ad un grande soggiorno aperto sulla corte sud per mezzo di una lunga facciata vetrata ad ante scorrevoli, protetta dall’eccessiva irradiazione solare per mezzo di un pergolato a sporto in legno, su cui stanno per crescere le essenze rampicanti.

Interni

I due possenti muri esterni sono i protagonisti assoluti della composizione, sia per il notevole sviluppo in lunghezza, che oltrepassa gli ambienti residenziali fino a creare le due corti aperte, sia per l’equilibrio tra altezza e spessore, al cui interno si celano due poderosi setti portanti in cemento armato gettati entro pannellatura di casseri a perdere in polistirene. Ma è soprattutto la qualità della pregevole texture della cortina muraria ad emergere, in pietra di Langa a spacco, che rammemora l’antico uso medievale della pietra sbozzata posata a “filaretto”, vale a dire a filari non omogenei e con vari conci posati a giacitura in verticale e giunti a nastrino ad altezza variabile a creare una “rugosità storica” ed effetti di profondità materica, apprezzabili sia in termini visivi che tattili.

La casa viene inserita come
un unico corpo basso,
attraversato da un corridoio centrale che collega due unità;
una maggiore, rivolta a sud-ovest
e destinata ad un nucleo familiare composto dai genitori e due figli;
l’altra minore e aperta verso nord-est, di spettanza della nonna

Schizzi delle ricerche dello studio Ellevuelle per la progettazione della casa

Vi si aprono alcuni varchi, in particolare nel lato rivolto al tramonto, segnalati da sottili cornici in acciaio cor-ten, in grado di qualificarsi come un materiale che «interagisce perfettamente con il contiguo noceto e la pietra», mentre sui solai piani la copertura diviene l’occasione per un tetto verde e per il posizionamento di pannelli solari e fotovoltaici. La tradizione della casa in pietra rivive anche nell’adozione di serramenti in rovere naturale, mentre all’interno il legno è presente nei bagni sotto forma di mensole a varie altezze a sostegno dei sanitari, progettate su misura. Una inattesa modernità funzionale si rivela nelle pavimentazioni interne, in piastrelle in grés con lieve effetto a legno sbiancato che, con il loro andamento longitudinale e le dimensioni variabili tipo “filaretto” orizzontale, concorrono a richiamare «la composizione complessiva dei due grandi muri perimetrali della casa», mentre si occupano di fornire il basso continuo a tutti gli ambienti della casa, fino a rivestire anche la vasca del bagno dei genitori.

 

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