Fantasmi urbani della memoria visionaria

Fantasmi Urbani Cinema Teatro Cavourjpg01

«Stavamo seduti nella prima fila della galleria. Per me fu l’inizio. Fui assalito da una febbre da cui non guarii mai più. Le ombre silenziose volgono verso di me i loro volti pallidi  e parlano con voci inaudibili ai miei più segreti sentimenti. Sono passati sessant’anni, non è cambiato nulla, è la stessa febbre»

Ingmar Bergman,
Lanterna magica, 1987

Nell’aprile del 1912 nasce a Comacchio Luigi Albèri. Durante l’adolescenza rimane precocemente orfano e nel 1946, finito il servizio militare, si sposa con Mariateresa Settis. Negli anni successivi, oltre ad assumere l’incarico di Segretario del Consiglio comunale di Comacchio, con alcuni amici trasforma l’ex “Palazzone dei diseredati” in sala teatrale e cinematografica.
Teresa Albèri, figlia di Luigi, mi racconta aneddoti della sua infanzia e mi confida il desiderio di riportare a nuova vita il Cinema Teatro Cavour situato di fianco al Circolo del Bastone, nelle vicinanze del Sacrario dei Caduti a Comacchio.
Il cinema teatro Cavour fu inaugurato nel dopoguerra, all’interno del “palazzone” che per anni aveva ospitato sfollati di guerra. La storia di questa sala cinematografica risente del passaggio dal film muto al sonoro; un passaggio che rivoluziona e trasforma la scena della cinematografia mondiale, Italia compresa, avviando mutamenti che non coinvolgono solo la tecnologia, ma che aprono le porte a nuove professionalità e a nuovi processi legati alla produzione e alla distribuzione. Nel 1955, al Cinema Teatro Cavour di Comacchio, viene proiettato il film La donna del fiume, interpretato da Sophia Loren e Rick Battaglia, interamente girato tra Comacchio, le Valli, lido di Volano ed i canneti di Pila e Porto Tolle. A sessant’anni dall’uscita del film girato da Mario Soldati, il 28 agosto scorso è stata inaugurata a Comacchio una mostra a cura di Stefania Marconi e Andrea Samaritani, promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Comacchio, in collaborazione con l’Ente di gestione per i Parchi e le Biodiversità – Delta del Po. La mostra, organizzata da Open Group e Articolture, è stata allestita nelle sale di Palazzo Bellini ed ha riunito una selezione d’immagini, tra fotografie di scena e di backstage, scatti dei luoghi per come appaiono oggi, manifesti e locandine originali mai esposti prima ed anche le testimonianze di coloro che nel 1954 hanno assistito alle riprese. Per l’occasione è stato proiettato in anteprima il documentario La Stella di Comacchio, immagini e voci dal set de La donna del fiume con la regia di Andrea Samaritani, riprese e montaggio di Damiana Aguiari. Hanno collaborato al progetto come consulente scientifico Paolo Micalizzi, conoscitore del cinema girato nel Delta del Po, che ha concesso l’utilizzo delle preziose fotografie che fanno parte del suo Archivio, e Giampaolo Guidi, a cui appartengono le locandine, i manifesti e i cimeli d’epoca.

Foto d’epoca dell’ex- palazzone , esterni ed interni

Il Cinema Teatro Cavour, nel corso degli anni, ha ospitato anche importanti stagioni teatrali di lirica e di prosa, poi, alla fine degli anni ’70, è sopraggiunto il declino. Sono gli anni in cui gli incassi delle sale cinematografiche si riducono notevolmente, complici la crisi del settore e la nascita delle grandi sale cinematografiche. Teresa vorrebbe evitarne un cambio di destinazione d’uso e auspica una rinascita di questo luogo.
«Ci sono stati anni in cui il cinema è stato per me il mondo». In un saggio del 1974, dal titolo Autobiografia di uno spettatore, Italo Calvino scrive del potere dello schermo di trasportare lo spettatore, sia pure per breve tempo, in un mondo parallelo perfetto e autosufficiente. Parla di ricordi che messi insieme possono ricomporre, come in un gigantesco puzzle, i momenti topici, le emozioni, le memorie che assimilano le esperienze di milioni di spettatori, trasformando la propria storia in storia collettiva. Fare delle scelte ogni volta che ci si trova di fronte a pezzi di un patrimonio culturale che rischia di scomparire significa intendere il patrimonio o un deposito passivo della memoria storica e dell’identità culturale o un potente stimolo per la creatività del presente e la costruzione del futuro. Sono temi che sollevano domande riguardo i linguaggi del diritto, dell’etica e della storia. Lo stato di degrado ed abbandono del patrimonio storico delle sale cinematografiche, come dimostrano le statistiche regionali e nazionali, è in crescita e pone problemi da un punto di vista architettonico ma anche sociale: «Dagli ambienti più attraenti del centro storico a quelli della periferia, i cinema hanno rappresentato innanzitutto luoghi di vita, dove non sempre gli avvenimenti impressi nella memoria erano quelli proiettati sullo schermo» (intervista a Francesco Moschini, Architettura e cinema: luoghi della visione, pubblicata il 30 gennaio 2015 su «Domusweb»).

Scenografia di una rappresentazione del 1953, e il palcoscenico oggi

Le strutture esistenti, possedendo un elevato grado di trasformabilità e adattabilità, sono spesso soggette a trasformazioni d’uso. Soluzioni che derivano dalle caratteristiche architettoniche degli edifici che presentano grandi fronti d’ingresso, un’ubicazione centrale rispetto al tessuto urbano e corpi di fabbrica indipendenti. George Simmel, Walter Benjamin, Sigfried Kracauer rintracciano nella relazione tra il cinema e la città un potente strumento per l’analisi culturale e l’antropologia dello spazio. Se il cinema nasce e si sviluppa come la più compiuta espressione di quel turbamento che, come Benjamin ha mostrato, caratterizza l’esperienza sensoriale del soggetto metropolitano, dall’altro è la stessa metropoli che si offre come dispositivo di “intensificazione della vita nervosa” (Nervenleben) prodotta da una molteplicità diffusa di stimoli, secondo l’efficace formulazione di Simmel. In questo senso si può affermare che «il cinema si presenta allo stesso tempo come elemento di modernizzazione ma, anche, di ‘compensazione’ degli effetti della modernità», poiché «non incamera soltanto il senso dell’alienazione metropolitana, ma anche le dinamiche culturali e i bisogni sociali che vi hanno luogo» (L’invenzione del luogo. Spazi dell’immaginario cinematografico, a cura di Andrea Minuz, Pisa, Edizioni ETS, 2011).

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