Mehmeti: «Ho pagato tutto quello che andava pagato, locali chiusi per lavori»

L’amministratore unico del Giglio, società che in un anno ha preso in mano la gestione di cinque ristoranti di cui due già chiusi, annuncia l’ingresso di una nuova socia nelle quote e prepara le sue mosse: «Il decreto ingiuntivo della Taberna Boaria? Ho fatto tutti i bonifici ma non ha senso opporsi al decreto, si perde solo tempo. Faremo una controquerela»

Lokrez Mehmeti

L’abbiamo intervistato il giorno prima di subire una perquisizione della guardia di finanza, quando era ignaro di cosa sarebbe accaduto l’indomani e R&D stava già lavorando sulle sue operazioni nella ristorazione, ed era sicuro dei suoi mezzi nonostante una i creditori sul piede di guerra. Ma era altrettanto convinto dei suoi mezzi anche il 13 febbraio appena conclusi i controlli delle Fiamme Gialle nei suoi cinque ristoranti quando ci ha chiamato in redazione per spiegarci la sua versione. Lokrez Mehmeti non è uno che perde la fiducia in se stesso e non è uno che resta senza parole. Eccola l’intervista raccolta il 12 febbraio in cui il 26enne respinge le accuse di tutti e preparara le contromosse.

Mehmeti, partiamo dal Club 23. È chiuso da metà dicembre quando ci disse che era emerso un guasto al quadro elettrico e avrebbe riaperto dopo le feste di fine anno. Sono passati due mesi ed è tutto abbandonato.
«Non ho ancora avuto l’ok per l’inizio dei lavori. Ho scoperto che quel locale non ha le licenze specifiche per fare quello che avevo in mente. Ora devo ottenere i permessi ma so già che non sarà facile perché lo spazio non è adatto».

Ma un ristorante prima c’era, avrà avuto le licenze per l’attività…
«Le licenze per fare musica c’erano ma per la tipologia di club che avevo in mente io non c’erano. Ho potuto fare dei concerti in deroga fino a un certo punto poi non è stato più possibile e sono necessari dei lavori (il Club 23 inaugurò il 26 ottobre, il giorno stesso della firma sul contratto di cessione d’azienda dalla Barlatti Snc ma già da un paio di mesi Mehmeti aveva avuto accesso ai locali per valutare lo stato dell’immobile e le eventuali modifiche, ndr).

E La Vigna? Chiusa da gennaio, stanze e scaffali svuotati da arredamenti e bottiglie. Che sta succedendo?
«Dobbiamo fare dei lavori ai piani superiori dove ci sono le camere per trasformarla in una vera locanda. Voglio riaprire per la stagione turistica estiva a marzo con uno staff rinnovato e un menù nuovo. Le modifiche necessarie non si possono fare tenendo aperto il ristorante perché riguardano anche il piano terra».

A proposito di staff, diversi lavoratori si sono rivolti ai sindacati lamentando mancati pagamenti e hanno inviato le dimissioni. Cos’è successo?
«Pagavo le persone settimanalmente per loro stessa richiesta ed è bastato saltare una settimana per sentirmi dire che se ne sarebbero andati. Non posso permettermi di stare ai ricatti dei lavoratori. C’è anche qualcuno che appena ha avuto tutti i soldi si è licenziato lo stesso».

La chiusura prolungata dei locali non è un danno?
«Un periodo di chiusura non ci crea un danno economico così sostanzioso. Se faccio un ristorante lo faccio bene e lo voglio con un prodotto valido. Per questo preferisco chiudere, rinnovare e riaprire».

Avete chiuso appena tre mesi dopo l’apertura. Non era più logico aspettare per fare il rinnovamento prima dell’apertura ufficiale e poi non interrompere l’attività?
«Qui c’è una spiegazione economica. Ottobre, novembre e dicembre sono mesi importanti per la ristorazione e non li volevo perdere. Ho fatto la scelta aziendale di chiudere a gennaio che è un mese di calo dopo le feste».

La Vigna è stata acquisita rilevando le quote della Taberna Boaria. Il tribunale ha emesso un decreto ingiuntivo da 30mila euro per il mancato saldo dei 50mila euro pattuiti con i vecchi gestori. Come mai?
«I 50mila euro sono stati pagati tutti e posso dimostrarlo. Gli altri possono dimostrare il contrario?»

Difficile che un tribunale emetta un decreto ingiuntivo senza che venga dimostrato un titolo di credito valido. E poi se ha pagato come mai non ha fatto opposizione al decreto entro i termini?
«Opporsi a un decreto ingiuntivo è ridicolo proprio a livello giudiziario: non ottieni nulla e perdi solo del tempo. Ho tre avvocati molto preparati: abbiamo fatto una controquerela a quel decreto perché è basato su delle falsità».

E quindi che spiegazione dà a quel decreto del tribunale?
«Se i soldi non vengono ricevuti nel canale convenzionale dichiarato nell’atto pubblico non vuol dire che la controparte sia legittimata a dire che non è stata pagata».

Sta parlando di pagamenti in nero?
«No, è stato tutto pagato tramite bonifici bancari successivi al contratto».

E con l’ex Labirinto del Gusto, dove è nato il Club 23, come stanno le cose? Gli avvocati dicono che non è stato pagato nulla dei 70mila euro concordati per la cessione dell’azienda.
«È vero. Non ho versato nulla perché quando sono entrato nel locale è venuto fuori che c’era già uno sfratto in corso contro l’azienda che stavo acquistando per 4 mesi di canoni insoluti. E poi mi sono ritrovato con un locale che non aveva il tipo di licenze a cui ero interessato. C’era quella per la ristorazione ma non mi basta per un jazz club. Non pago per qualcosa che è diverso da come avevo concordato (le intimazioni di sfratto risalgono al 18 ottobre per un totale di ottomila euro relativi ai canoni del periodo luglio-ottobre 2018, tutto riportato nel contratto firmato il 26 ottobre così come è riportato il dettaglio del pagamento sostenuto dalla precedente gestione lasciando sospese solo le spese legali. Una seconda notifica di sfratto è invece riferita al periodo sotto la gestione Mehmeti, ndr)».

Come mai il Piattoforte non è sempre aperto?
«Dall’inizio di febbraio è sempre aperto. In gennaio abbiamo tenuto chiuso per ferie mentre facevamo dei lavori in cucina. Ho rinnovato l’assetto interno: c’erano problemi impiantistici, macchinari non nuovissimi e ho voluto mettere tutta roba di nuova generazione, ho speso un pacco di soldi».

Il ristorante è gestito dalla società Emme Diem di cui lei è amministratore unico. Il Giglio detiene ancora il 5 percento?
«Adesso il Giglio controlla il 100 percento, è stato un cambiamento recente. E anche nel Giglio c’è una nuova socia: ora Darica Simoncelli ha l’altra metà della società. Lei è la strategica, presto si vedrà la mia nuova forza propulsiva».

I rapporti con Jacopo Maraldi che aveva l’altro 95 percento della Emme Diem si sono interrotti?
«No, Jacopo è ancora un mio consulente. In questo periodo è all’estero per me per seguire un progetto per una nuova acquisizione ma tornerà».

Alcuni fornitori ci dicono di aver deciso di interrompere i rapporti commerciali per via di pagamenti accumulati. È vero?
«Tutti i miei fornitori attuali sono quelli con cui sono partito. Nessuno ha smesso di fornirmi perché non veniva pagato. C’è stato un momento complicato del gruppo a novembre in cui abbiamo subito qualche perdita e degli ammutinamenti interni: sono cambiati i metodi di pagamento ma nessun problema. A volte c’è chi millanta di essere un nostro fornitore…».

A che pro?
«Il mio è un gruppo importante, quando siamo arrivati a Ravenna abbiamo detto anche dei no a qualche fornitore e questo ha dato fastidio. Forse qualcuno dice di avere problemi con noi per queste ragioni. O forse i problemi possono esserci stati con altre situazioni».

Quali?
«Forse può esserci stato qualche problema con il Piattoforte nel periodo precedente al mio recente ingresso quando la società Emme Diem era solo di Jacopo e Elmo Maraldi e possono esserci stati dei problemi dovuti a inesperienza».

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