Stadio sold-out, il derby si guarda dal balcone: Ravenna-Cesena 1-1, show in curva

Dopo un decennio torna la gara tra giallorossi e bianconeri e il Benelli è tutto esaurito con cinquemila persone, lunghe file ai tornelli per entrare. La convivenza forzata tra tifoserie nella stessa tribuna produce sfottò e insulti ma nessun disordine. Cori dagli spalti per tutti i 90′, la Mero con orgoglio nello striscione: “La Romagna siamo noi”

Alla fine è arrivato il tutto esaurito e qualcuno è rimasto fuori, perdendosi il ritorno del derby di Romagna dopo un decennio. Nel caldo pomeriggio (22 gradi) del 27 ottobre erano in cinquemila (la massima capienza omologata) al Benelli per Ravenna-Cesena della 12esima giornata di Serie C. Il risultato finale dice 1-1 (padroni di casa avanti con Nocciolini al 45’, pareggio ospite con Valeri al 50’) e in parità è finita anche la sfida delle curve: uno spettacolo di colori e cori che raramente si vede dalle parti del rattoppato catino ravennate, un tifo davvero da categoria superiore. E non si sono registrati disordini nonostante l’inusuale scelta di riservare uno spicchio della tribuna al tifo cesenate – vista la grande richiesta di biglietti per una squadra che ha ottomila abbonati contro i 1.200 bizantini – con un cordone di steward per separarlo dal tifo di casa.

«Sei del Cesena o del Ravenna?», ti chiede lo steward. E stava tutto nella vostra risposta a questa domanda – a meno che non indossaste la casacca di un Felice Centofanti o di un Emiliano Salvetti – il meccanismo di filtraggio delle tifoserie all’ingresso. Perché una volta passati i tornelli – al fischio d’inizio la coda era ancora così lunga da arrivare quasi al lato opposto di piazzale Sighinolfi – c’era solo una di quelle fettucce da cantiere a dividere il piazzale sotto gli spalti. Roba che stride un po’ con la rigida applicazione delle disposizioni da parte della questura che fino a qualche settimana fa non consentiva agli ultras giallorossi di portare striscioni e stendardi in curva. Ma al tempo stesso è roba che fa anche onore al grado di civiltà delle due tifoserie: in altri piazze non bastano grate e inferriate a tenere calmi gli animi. Vale la pena ricordare che tutto questo accade perché uno stadio che potrebbe contenere 12mila persone oggi è più che dimezzato perché diversi settori (tutti i distinti e la parte bassa della curva ospiti) non garantiscono le sufficienti condizioni di sicurezza per l’agibilità e i lavori di adeguamento avanzano lenti.

E così lo strano pomeriggio di convivenza forzata, separati da pochi metri nella stessa tribuna, si è sviluppato con il classico scenario di campanilismo e tifoseria. C’è il ravennate che stende la sciarpa e gonfia il petto, c’è il cesenate che risponde con il dito medio. C’è il giallorosso che invita l’avversario ad andare da lui se ha coraggio, c’è il bianconero che urla «Faenza bianconera» come estremo sfregio di una parte della provincia ravennate in mano ai rivali.

Chi non ha dovuto sgomitare per un biglietto, non ha dovuto fare file per entrare e non si è preso insulti sono di sicuro i quattro che hanno assistito alla partita dal balcone di un condominio di via Punta Stilo. A loro va il premio per il messaggio più inclusivo: alla ringhiera le bandiere della pace, dell’Unione europea e una giallorossa che assomigliava molto a quella della Catalogna.

E poi, come detto, ci sono state le curve. Non sono rimaste in silenzio nemmeno per uno dei 95 minuti della partita con un colpo d’occhio che ha fatto onore a una sfida attesa così a lungo. La Mero alzo la testa sin dal principio con uno striscione: “La Romagna siamo noi”. Poi per tutta la partita è stato un alternarsi di sfottò agli avversari e incitamenti ai propri giocatori.

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