Coronavirus: almeno un metro tra visitatori e clienti di musei e ristoranti

Dal Governo arriva il decreto che sostituisce le ordinanze regionali e vale dal 2 all’8 marzo facendo distinzioni tra zone rosse, regioni più colpite e resto d’Italia. Cinema e teatri ancora chiusi. Il sindaco di Ravenna convoca le istituzioni culturali per le riaperture da martedì 3 marzo

De Pascale Mostra Mar MosaicsCinema e teatri chiusi, musei e complessi monumentali aperti a condizione che vengano assicurate modalità di accesso e fruizione tali da permettere ai visitatori di mantenere una distanza tra loro di almeno un metro. Accorgimento valido anche per ristoranti, bar, pub e attività commerciali. È la sintesi delle misure per il contrasto alla diffusione del coronavirus valide per l’Emilia-Romagna e contenute nel decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dpcm) emanato dal Governo nel pomeriggio di oggi, 1 marzo. Le disposizioni sono in vigore dal 2 all’8 marzo. Ieri era già stata ampiamente comunicata la proroga della chiusura di università, scuole di ogni ordine e grado e asili nido: rispetto all’ordinanza vigente fino ad oggi, il nuovo decreto parla di sospensione e non più di chiusura, rendendo così possibile l’accesso alle scuole per il personale Ata.

Il sindaco di Ravenna e presidente della Provincia, Michele de Pascale, ha convocato per domani mattina una riunione operativa con tutte le istituzioni culturali pubbliche e private della provincia per condividere i provvedimenti da adottare nei musei, monumenti, siti culturali e biblioteche del territorio: «L’obiettivo è riaprire già martedì – fa sapere il primo cittadino –, ovviamente ove sia possibile nel pieno rispetto delle normative».

Tra le novità del decreto, alcune disposizioni specifiche per lo svolgimento delle attività di ristorazione, bar e pub: solo posti a sedere e, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali, gli avventori siano messi nelle condizioni di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro. Le attività commerciali diverse da quelle appena menzionate, possono aprire adottando misure organizzative tali da consentire un accesso con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone.

Permane la sospensione di tutte le manifestazioni organizzate, di carattere non ordinario, nonché degli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d’esempio, grandi eventi, cinema, teatri, discoteche, cerimonie religiose. L’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare sempre la distanza tra loro di almeno un metro.

Per lo sport resta consentito lo svolgimento di eventi e competizioni, nonché delle sedute di allenamento, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse. Ai tifosi residenti in nella nostra regione, Lombardia e Veneto e delle province di Pesaro-Urbino e Savona è vietata la trasferta nelle restanti regioni e province.

Il Dpcm viene assunto sentito il Comitato tecnico acientifico (Cts) nazionale, le cui indicazioni seguono l’evolversi della situazione epidemiologica. E considerate le dimensioni sovranazionali del fenomeno e l’interessamento di più ambiti sul territorio nazionale, l’obiettivo è quello di garantire uniformità nell’attuazione dei programmi di profilassi elaborati in sede internazionale ed europea. Oltre all’Istituto superiore di sanità, il Cts è stato potenziato con il coinvolgimento delle Società scientifiche coinvolte per materia sul coronavirus.

Il decreto contiene norme che valgono per i soli Comuni delle zone rosse, altre per tutte le tre le regioni del Nord Italia maggiormente colpite dalla diffusione del virus (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna a cui si aggiungono le province di Pesaro-Urbino e Savona) e altre ancora per l’intero territorio nazionale. Alcune si applicano per la sola provincia di Piacenza – in analogia con la Lombardia – dove si concentra la grande maggioranza dei casi positivi in Emilia-Romagna, a causa della contiguità con l’area del Lodigiano, il focolaio più attivo nel Paese.

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