L’ex 007: «Mai seguito il caso». E la fidanzata della vittima non riconosce “Ciccio”

Udienza 9 / In aula il 73enne Francesco Rossi, agente dei servizi segreti (Sisde) dal 1980 al 2001: il presidente della corte sospettava che fosse il fantomatico brigadiere sotto copertura che seguì la pista di Alex

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L’ex fidanzata di Pier Paolo Minguzzi di fronte al teste Francesco Rossi

Era un agente dei servizi segreti nel 1987, ma non si occupò dell’omicidio di Pier Paolo Minguzzi. Anzi, Francesco Rossi è ancora più esplicito: «In 73 anni della mia vita non sono mai stato dalle parti di Ravenna per nessuna ragione». L’ex 007 del Sisde – dove entrò nel 1980 lasciando i carabinieri e dove rimase fino al 2001 per poi diventare investigatore privato – ha parlato ieri, 25 ottobre, in tribunale al processo per il cold case di Alfonsine.

A convocarlo al banco dei testimoni era stato il presidente della corte d’assise Michele Leoni, di sua iniziativa come concesso dalle procedure sulla base di quanto emerso in aula nelle otto udienze celebrate dallo scorso maggio. La fidanzata della vittima all’epoca dei fatti, già ascoltata due volte, ha riferito che il giorno della scomparsa di Pier Paolo (21 aprile 1987) venne avvicinata da un carabiniere che si presentò come agente sotto copertura, dicendole di chiamarlo “brigadiere Ciccio” perché non poteva fornire le sue generalità. Quel fantomatico Ciccio le diede un registratore per imprimere su nastri le telefonate ricevute da un tale Alex che pareva a conoscenza delle vicende.

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Francesco Rossi

Il Francesco Rossi comparso ieri in aula, nel 2006 rimase coinvolto nelle vicende giudiziarie note alle cronache giornalistiche come “scandalo Telecom-Sismi: patteggiò poco più di due anni e nell’ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Milano veniva identificato come “Ciccio”. Da qui il collegamento con le parole rese dalla donna. Un diminutivo che Rossi, raggiunto all’uscita dall’aula per poche battute, non gradisce affatto: «È dispregiativo, non l’ho mai sopportato, di certo non è quello con cui mi presentavo. Ho saputo di questa storia quando mi è arrivata la convocazione al processo, penso si tratti di una omonimia dovuta a quella definizione finita sulle carte del processo Telecom, una vicenda che voglio solo dimenticare».

Attimi di suspence in aula quando il presidente della corte ha invitato l’ex fidanzata di Minguzzi ad alzarsi dal pubblico per avvicinarsi al banco e sistemarsi di fronte a Rossi con la mascherina abbassata: la donna, che nel 1987 aveva 19 anni, non l’ha riconosciuto.

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La famiglia della vittima: da sinistra la sorella Anna Maria, la madre Rosanna Liverani e il fratello Gian Carlo

Nella cronaca di quanto accaduto ieri in aula va citato un altro intervento del presidente della corte: ascoltando di nuovo Rosanna Liverani e Gian Carlo Minguzzi, madre e fratello della vittima, ha voluto dettaglio sull’incidente stradale del 27 ottobre 1985 – un anno e mezzo prima della morte del 21 carabiniere – in cui perse la vita il 55enne Egisto Minguzzi, padre di Pier Paolo. Viaggiava su un’auto guidata dalla moglie e venne tamponato da un furgone guidato da un parente (Renzo Zaccarini, deceduto poco tempo fa) di ritorno da una giornata di pesca. Non ci furono processi e la famiglia Minguzzi ottenne un risarcimento dall’assicurazione. La polizia giudiziaria è stata incaricata di acquisire gli atti sull’episodio.

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