Peter Cameron a Ravenna: «La lettura è una potente esperienza di trasformazione»

Lo scrittore statunitense in apertura della rassegna “Scritture di frontiera” alla biblioteca Classense

Peter Cameron Classense

Peter Cameron con Matteo Cavezzali e Stefano Bon (e l’interprete). Foto di Eleonora Rapezzi

«La lettura è una potente esperienza di trasformazione».  E poi: «Ho imparato fin da piccolo il valore e il piacere della lettura, essendo cresciuto in una famiglia in cui leggere faceva parte della nostra routine quotidiana». E ancora: «La lettura è un’esperienza molto più collaborativa della visione di un film».

Lo scrittore statunitense Peter Cameron, per la prima volta a Ravenna alla biblioteca Classense in apertura della rassegna “Scritture di frontiera”, ha regalato un vero proprio inno alla lettura al folto pubblico in sala. Intervistato da Matteo Cavezzali e Stefano Bon, l’autore statunitense che in Italia pubblica per Adelphi  ha raccontato la sua esperienza di scrittore con leggerezza e ironia e riflettuto sulle scelte poetiche che guidano (o non guidano) la sua scrittura (in parte, ha detto, molto spontanea), amata nel mondo e in particolare nel Belpaese. «Ma non potrei mai ambientare un libro qui, non conosco abbastanza l’Italia».

Libri di riflessione e introspezione sono i suoi, scelta che Cameron rivendica. «C’è chi mi dice che nei miei libri non succede mai niente, che i personaggi se ne stanno solo lì a parlare tutto il tempo. A me interessano più le reazioni agli eventi, degli eventi stessi, scrivere e leggere è l’unico modo che abbiamo per entrare davvero nel mondo interiore di una persona, di vedere ciò che normalmente non condividiamo con gli altri». Personaggi in crisi, di fronte a scelte, a momenti in cui sono costretti a guardare la propria vita sotto un’altra angolazione sono in effetti i protagonisti dei due racconti del suo ultimo libro Gli inconvenienti della vita, nati autonomamente e poi pubblicati insieme. «Ho realizzato alla fine, dopo averli scritti, che una corrente sotterranea emotiva collegava i due protagonisti e così ho deciso che dovessero uscire insieme».

Si è raccontato come schivo («non frequento altri scrittori, se non attraverso la lettura», ha raccontato) ed “egoista” («scrivo ciò che mi interessa senza scopi politici o sociali anche perché credo che la lettura sia sempre un atto intimo, personale e unico») e disinteressato all’idea di far parte di una “scena letteraria” («Mi diverte molto il fatto che i critici non concordino mai tra loro»). Ha raccontato del difficile rapporto con il cinema con garbo e ironia: «Non capisco perché tanti soggetti debbano essere tratti dai libri, quando si tratta di due linguaggi così profondamente diversi. Vorrei tanto che esistesse un’app per cancellare dalla memoria delle persone il film che hanno visto quando iniziano la lettura del libro da cui è tratto».

Dalla sua New York City, in continuo movimento e cambiamento, dove è impossibile essere nostalgici, è arrivato a Ravenna e si è detto “thrilled” per il fatto di essere qui per la prima volta. Peraltro in quella magnifica sala che è la Muratori, teatro di un incontro con un ospite che  ha reso la piccola Ravenna un po’ più internazionale.

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