Alessio Boni: «Con l’Iliade racconto la società post pandemia e lockdown»

Il celebre attore presenta lo spettacolo con cui sarà in scena al Comunale di Russi il 14 febbraio. E parla del suo prossimo obiettivo: «Una regia cinematografica»

Alessio Boni Foto Ph. Gianmarco Chieregato

Foto Gianmarco Chieregato

«Non avrei mai pensato di fare l’attore, la vita è l’arte degli incontri e una serie di cose mi hanno portato a essere qui». Alessio Boni torna a teatro con l’Iliade. Il gioco degli dei, uno spettacolo liberamente ispirato al poema di Omero e realizzato insieme al suo gruppo teatrale il Quadrivio, composto da Roberto Aldorasi, Francesco Niccolini e Marcello Prayer, con cui da dieci anni a questa parte ha già portato in scena I Duellanti e il Don Chisciotte. Alessio Boni, insieme alla collega Iaia Forte, è uno dei protagonisti della scena, dove torneranno in auge le divinità e gli eroi omerici che tutti conosciamo e abbiamo studiato sui banchi di scuola.

Lo spettacolo – che ha debutteato in dicembre al teatro Donizetti di Bergamo, in occasione dell’inaugurazione del programma di prosa e della conclusione dell’anno culturale Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura 2023 – sarà in scena mercoledì 14 febbraio (ore 20.45) al teatro Comunale di Russi.

Parliamo un po’ di questa tournée teatrale, come mai la scelta dell’Iliade? Cosa può anticipare sullo spettacolo?
«Il nostro intento è quello di prendere dei classici di ottocento o mille pagine, che per mancanza di tempo non legge mai nessuno, e di farne riduzioni che poi portiamo in scena con spettacoli al di sotto delle due ore. Siamo soliti partire dai libri e non dei testi teatrali già compiuti, come appunto l’Iliade, che insieme all’Odissea è il capostipite della cultura occidentale. La scelta è ricaduta su questo poema soprattutto perché ha un’assonanza con il periodo contemporaneo del post lockdown che continua a imperversare dentro di noi. Nel tempo narrato dall’Iliade l’unico modo per poter arrivare al potere e alla conquista di un territorio era la guerra, non c’erano la diplomazia e la comunicazione. Oggi pensiamo di essere in un altro mondo, ma basta mezz’ora di incitamento per tornare a quei tempi, nella mente degli esseri umani. Arriviamo dalla pandemia e da un lockdown, nell’Iliade, invece, dalla peste e come noi oggi siamo entrati di fatto in guerra, nel poema di Omero si parla di quella di Troia. E ancora: i personaggi dell’Iliade venivano come governati dalle divinità, che si divertivano a ucciderli a loro piacimento, oggi, invece, ci sono gli oligarchi che in fondo giocano con i soldati come fossero burattini. Ci sono sembrate assonanze spaventose da mettere in scena per fare arrivare al pubblico l’essenza di questo meraviglioso poema. Oltre all’esaltazione della guerra, però, nell’Iliade c’è anche tutta l’umanità e ci sono tutti quei saperi che ai tempi venivano tramandati di padre in figlio per farli arrivare ai posteri: questo poema è una specie di enciclopedia della vita. Tutto questo ci ha intrigato, perché oggi è cambiato poco o nulla della sete di potere e denaro degli esseri umani, sono mutate solo le modalità».

L’abbiamo vista recitare spesso anche al cinema e in televisione. In quale ambito preferisce lavorare?
«A me piace tutto ciò che abbia un messaggio che sia scritto bene e che sia portato avanti da un buon entourage, con un bravo regista con cui possa interagire e sentire di essere sulle stesse corde. È ovvio che, avendo fatto l’Accademia nazionale d’arte drammatica a Roma, la mia passione è il teatro: mi piace tantissimo il rapporto che si crea con il pubblico e questa sorta di terapia di gruppo che si porta avanti con gli spettatori. Il teatro è sicuramente il mio primo amore, ma mi ritrovo in tutti i settori: magari mi annoierei a stare solo sul palcoscenico e mi ha sempre intrigato tantissimo recitare anche al cinema e in televisione. Per fare questo lavoro, in generale, serve tanta passione, ci sono da fare provini in continuazione, e se ti manca questa voglia non potrai neanche mai avvicinarti al mestiere dell’attore».

Si ispira a qualcuno in particolare quando recita?
«Sono cresciuto con idoli cinematografici e teatrali incredibili, italiani e americani, se dovessi fare solo due nomi citerei Gian Maria Volonté e Marlon Brando, ma ce ne sarebbero tanti altri. Il modello c’è, però è importante non scimmiottare nessuno e avere il proprio metodo e la propria vocalità. Quando si recita bisogna adeguarsi al momento storico del contesto, pensare a come si parla, come si gesticola e alle espressioni che si utilizzano: è uno studio continuo della società che ci circonda».

Se le chiedessi di ripercorrere la sua carriera fino a oggi, qual è il ruolo più difficile che ha ricoperto e quello che, invece, le ha dato più soddisfazione?
«Ci sono state tantissime soddisfazioni, la più significativa è il ruolo di Matteo Carati ne La meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana, film che vinse anche un premio importante al Festival di Cannes. È stato un ruolo difficilissimo come tutti, anche se il personaggio che ho avuto più difficoltà a interpretare è stato quello di Walter Chiari: mi “scappava”, mi scivolava via in continuazione, si è rivelato un caleidoscopio di emotività. Inoltre, quando interpreti un personaggio così conosciuto la gente può giudicare e questo ti porta ad avere un confronto con tutti. Matteo Carati, invece, è il tuo Matteo Carati: nessuno può dire che non era così, al massimo può non piacere».

Ha degli obiettivi ancora da realizzare? Può anticiparci qualche progetto a cui sta lavorando?
«Mi piacerebbe fare una regia cinematografica, solo che bisogna fermarsi come minimo un anno e mezzo per fare un film e devo essere certo che possa partire il tutto, prima di iniziare. Tra gli altri progetti, ho partecipato a Giacomo Leopardi per la regia di Sergio Rubini, una serie in due puntate che andrà in onda su Rai 1. Io ricopro il ruolo del conte Monaldo, padre di Leopardi, che è invece interpretato da Leonardo Maltese, un giovane attore di Ravenna che ha già recitato nei film Il signore delle formiche di Gianni Amelio e Rapito di Marco Bellocchio (che abbiamo intervistato recentemente qui, ndr)».

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