Città pensate per uomini, bianchi, abili, lavoratori: serve più inclusività

L’Ordine provinciale degli Architetti a Ravenna propone un incontro a ingresso libero con Chiara Belingardi, docente universitaria che si occupa di pianificazione urbanistica sensibile alle esigenze delle cosiddette minoranze

Chiara Belingardi RitrattoLo sviluppo urbanistico delle città può abbracciare le esigenze di quelli che, finora, sono stati considerati gruppi minoritari nella società. È la pianificazione inclusiva. Se ne parlerà a Bagnacavallo il 15 novembre alle 17 al teatro Goldoni con una conferenza dell’esperta Chiara Belingardi dal titolo “Città della cura: sguardo di genere, responsabilità condivisa e ecodipendenza”. L’iniziativa organizzata dall’Ordine degli Architetti di Ravenna rientra nell’ambito del Festival della Cultura Tecnica. L’evento è gratuito e aperto a tutta la cittadinanza, fino a esaurimento posti.

Le città contemporanee sono storicamente state pianificate a partire dalle esigenze di un utente tipo, considerato neutro e universale: un uomo adulto, abile, lavoratore, senza compiti di cura, bianco. Questo ha fatto sì che tutti gli altri punti di vista sugli insediamenti siano considerati minoritari, frutto di esigenze particolari di piccoli gruppi.

Già da molto tempo chi adotta un punto di vista gender sensitive sulla città critica questo approccio e agisce attraverso piani e trasformazioni che mirano all’ascolto e alla valorizzazione delle esigenze di vita quotidiana dei diversi gruppi che vivono la città. Dunque, uno dei principi da cui partire è quello della universalità delle differenze, che devono essere ascoltate e ricomposte.

Un secondo principio è quello della cura come esperienza condivisa, che tutte le persone sperimentano durante le diverse età della loro vita, sia come caregiver che come persone dipendenti. Questo dà sostanza all’idea di cura come responsabilità condivisa e collettiva, che tutte le persone che abitano la città dovrebbero condividere sia direttamente, attraverso una messa in discussione dei ruoli di genere, sia indirettamente, rinunciando al lavoro produttivo e allo spostamento automunito come priorità. Agire nell’ottica dell’interdipendenza vuol dire creare spazi abilitanti, luoghi di incontro, dove fare fiorire relazioni di prossimità e mutualismo. Vuol dire costruire reti tra persone e ragionare sulla distribuzione e sull’accessibilità dei servizi e degli spazi pubblici e costruire una mobilità che sostenga la catena di spostamenti legati alla cura.

Un terzo principio è quello che riconosce che la città non è autonoma rispetto all’ambiente naturale, ma anzi lo modifica e ne subisce gli effetti, senza pienamente governarli. Riconoscere l’ecodipendenza significa nella progettazione tenere presente la dimensione del vegetale e dell’animale e di conseguenza ricercare un equilibrio tra esseri umani e non umani, per la riproduzione della vita.

Questi principi generali sono stati adottati da diverse città, che hanno redatto Manuali e Linee Guida per la messa in pratica progettuale e la costruzione di contesti più vivibili, sostenibili e inclusivi. Tra questi, in Italia, la città di Bologna si è dotata di Linee guida per progetti inclusivi da un punto di vista di genere, che verranno presentate durante l’intervento, insieme ad alcuni esempi di progetti realizzati in diverse città a livello internazionale.

La relatrice, Chiara Belingardi, è docente e organizzatrice del Master di II livello in “Città di genere. Metodi e tecniche di pianificazione e progettazione urbana e territoriale” organizzato da Università degli Studi di Firenze insieme alle Università degli Studi di Trieste e Palermo, Federico II di Napoli, Sapienza di Roma, Politecnico di Bari, Istituto IRISS del CNR. Ha collaborato al progetto “Gender Gap Reduction in Urban Projects in Bologna (Italy)” progetto finanziato dalla Bei per l’analisi dell’equità di genere nei progetti del Comune di Bologna e la redazione di un manuale di progettazione urbana gender sensitive. e cura dei mondi di vita” (Scienze del Territorio, 2023).

«L’incontro con Chiara Belingardi propone un punto di vista nella concezione delle città sensibile alle molteplici differenze umane che convivono in relazione a funzioni, funzionamento e vivibilità spazio-temporale, in sostanza nella prospettiva di avere luoghi ospitali per ciascuno e chiunque – sottolinea Piera Nobili, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti –. Un incontro non solo di natura tecnica, bensì di riflessione sulle esigenze e i desideri di coloro che abitano e come rispondere a tali sfide, quindi aperto a professionisti e cittadinanza tutta, chiamati entrambi ad avere cura della qualità dei luoghi e della convivenza».

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