Dal falso all’abuso d’ufficio: ecco gli indagati per presunti favori a Cmc Seguici su Telegram e resta aggiornato Nel mirino della procura il cambio di destinazione d’uso di decinedi ettari a Porto Fuori. Sotto inchiesta dipendenti pubblici e manager Il passaggio di destinazione d’uso di alcune decine di ettari a ridosso di Porto Fuori, da «zona a vocazione agricola» a «area di nuovo impianto per la logistica portuale», ha creato un vantaggio patrimoniale per la proprietà dei terreni ma secondo la procura quel vantaggio è da ritenere ingiusto perché arrivato tramite pareri aggiustati, conformità attestate su misura, studi di compatibilità mirati e altre presunte falsità: questi i contorni dell’indagine durata un paio di anni e chiusa a fine luglio con undici indagati e l’ipotesi di aver favorito intenzionalmente la Cmc, proprietaria di 56 ettari compresi nelle aree interessate dal piano operativo comunale (Poc) figlio delle presunte irregolarità. Le stesse persone sono indagate anche per la prima variante al Poc che consentì a Cmc di utilizzare su quei terreni parte dei fanghi provenienti da vecchi lavori di dragaggio del Candiano e contenuti in casse di colmata per innalzare il piano campagna e trasferire lo stabilimento produttivo Acr (controllata da Cmc) presente in darsena. Le accuse più gravi sono per sei degli undici indagati: dirigenti pubblici di Comune, Provincia e Regione che con il loro operato avrebbero favorito la grande cooperativa ravennate e per questo sono stati indagati per abuso d’ufficio in concorso di causa, omissione di atti d’ufficio, induzione in errore a causa di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Secondo i magistrati le carte firmate dai sei pubblici ufficiali avrebbero indotto in errore la giunta provinciale, il consiglio comunale e l’Ausl chiamati a pronunciarsi sugli strumenti urbanistici in discussione tra il 2010 e il 2012. Fu in quel periodo che vennero approvati prima il Poc Logistica e poi la sua variante che avrebbero ingiustamente agevolato le cose per la Cmc. In sintesi estrema, per l’accusa, quegli strumenti urbanistici andavano a cozzare con altri vincoli urbanistici e ambientali fissati in precedenza. In buona sostanza le indagini del procuratore Alessandro Mancini e del sostituto Isabella Cavallari si concentrano su tre punti: la conformità al Psc, la conformità ai vincoli imposti dal Ptcp come i paleodossi fluviali o gli storici sistemi dunosi costieri e infine il fatto che l’area fosse di interesse paesaggistico-ambientale. Questi i nomi delle sei persone indagate per i ruoli occupati all’epoca dei fatti, già pubblicati in anteprima dal nostro settimanale R&D in distribuzione giovedì 27 agosto: Arrigo Antonellini (66 anni, all’epoca dei fatti dirigente della Provincia al settore Ambiente e Territorio), Gloria Dradi (61 anni, all’epoca capo area Pianificazione territoriale e capo servizio Progettazione urbanistica del Comune), Claudio Miccoli (61 anni, all’epoca responsabile dello staff di coordinamento Regione-Autorità portuale e dirigente del servizio tecnico di Bacino Fiumi Romagnoli, in passato anche assessore comunale), Alberto Mutti (66 anni, all’epoca capo area Pianificazione Territoriale e capo servizio Progettazione urbanistica del Comune), Fabio Poggioli (51 anni, all’epoca funzionario del settore Ambiente e Territorio della Provincia; in passato anche assessore comunale), Angela Vistoli (59 anni, all’epoca dirigente del settore Ambiente del Comune). I sei (alcuni ancora in servizio con altri incarichi, altri in pensione) hanno ricevuto l’avviso di fine indagini che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio e la conseguente udienza preliminare. Meno grave la posizione degli altri cinque indagati (un ex manager della Cmc, il legale rappresentante della ditta Consar che ha svolto lavori sui terreni e tre progettisti): non essendo pubblici ufficiali a loro non può essere contestato il più grave reato di abuso d’ufficio e quindi le accuse, a vario titolo, sono di opere edilizie senza autorizzazione, falsità ideologica in certificati commessa da persone che svolgono un servizio di pubblica necessità e la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. In virtù di queste accuse il procedimento penale avanzerà con la citazione diretta, relativamente all’ipotesi di aver progettato, pianificato e realizzato lavori sui terreni in questione senza le conformità di legge e le autorizzazioni necessarie. Ai cinque non è stato ancora notificato l’atto ufficiale che comunica la conclusione delle indagini. Motivo per cui in questa sede non sono pubblicati i loro nomi: sarà la procura a informarli. L’inchiesta – condotta dalla guardia forestale partendo da un esposto del comitato Vitalaccia Dura e del consigliere comunale di opposizione Alvaro Ancisi (Lpr) – si è affidata a dettagliate e consistenti consulenze di esperti sia in materia urbanistica che ambientale. Sono stati svolti accertamenti bancari sui conti correnti degli indagati e dei loro parenti per verificare eventuali flussi di denaro sospetti. A nessuno viene contestato il reato di concussione o corruzione: resta quindi aperta la domanda su quale sia l’origine delle presunte falsità per favorire il gigante delle cooperative. Una circostanza comunque non necessaria per la contestazione dei reati sopra citati. È poi bene ricordare che al momento si tratta solo di ipotesi fatte in fase di indagini preliminari. 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