Coldiretti: «Le fake news sul cibo danneggiano le coltivazioni ravennati di grano»

Il 25 percento della superficie agraria utile in provincia è coltivata a cereali. Il presidente provinciale dell’associazione di categoria chiede interventi per l’etichettatura

In provincia di Ravenna su 116mila ettari di superficie agraria utile il 20 percento circa è coltivato a frumento (13mila ettari a grano tenero e i restanti 10mila a grano duro) con una produzione raccolta in quintali totale pari a 1, 2 milinoi e aggiungendo i dati relativi al mais, circa 5mila ettari coltivati, la percentuale di coltivazione a cereali sul totale degli ettari coltivati in provincia sale al 25 percento. Sono i dati riferiti all’annata 2015 e forniti da Coldiretti che prova a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei controlli e dell’attenzione sulla provenienza delle materie prime.

«In primis – sottolinea il presidente Coldiretti Ravenna, Massimiliano Pederzoli – che si acceleri con la riforma delle norme a tutela dei prodotti alimentari, risalenti addirittura anche agli inizi del 1900 e in secondo luogo che diventi quanto prima operativo il decreto che introduce l’etichettatura d’origine per grano e pasta, altro passo verso quella trasparenza che può tutelare i nostri produttori di cereali e la salute del consumatore finale, oggi giorno minacciati da importazioni selvagge e dalle bufale alimentari che circolano su internet».

A proposito di queste ultime, alcune segnalate nell’ambito dell’indagine #stopfakeatavola promossa dalla Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, Pederzoli punta il dito contro il kamut: «Non è una varietà antica di cereali con proprietà esclusive. Il kamut non è altro che un marchio commerciale privato, registrato negli Usa, con cui viene venduto il grano della varietà Khorasan, peraltro coltivata anche in Italia, che ha caratteristiche particolari riscontrabili anche nel farro o nella varietà di grano duro italiane come Senatore Cappelli». Ma per Coldiretti le fake news sono «anche le pubblicità delle aranciate fatte con appena il 12 percento di succo o quelle dell’olio di oliva di grandi marchi che fanno immaginare paesaggi toscani mentre la confezione contiene quello importato dalla Tunisia o ancora il prosciutto nostrano che è fatto con maiali tedeschi senza alcuna informazione in etichetta per i consumatori e lo stesso dicasi per la pasta».

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