Parco Archeologico di Classe, LpRa: «Deludono i dati dei primi sei mesi dell’anno»

Ancisi: «Fallito il progetto. Il dato più sorprendente è quello degli incassi:  6.737 paganti entrati al prezzo medio di 2,5 euro»

Foto1 Esterno Classis I dati dei primi sei mesi del Museo di Classe e della fondazione Parco archeologico sono molto lontani da quelli previsti ad inizio semestre. Alvaro Ancisi (LpRa) tramite un accesso all’atto ha chiesto e ottenuto i dati degli ingressi a pagamento dei siti gestiti dalla Fondazione RavennAntica. Sono cinque in totale: Domus  dei tappeti di pietra, Tamo, Cripta Rasponi, Museo Classis e Antico Porto di Classe.

A Classis la Fondazione aveva previsto, per l’intero 2019, 65.000 visitatori (si presume a pagamento trattandosi di previsioni contabili) e costi per 540.000 euro, a fronte di cui i visitatori paganti sono stati, fino al 30 giugno, 18.343 e gli incassi totali 133.206 euro. «Dati molto lontani- dice Ancisi -, in relazione a questa prima metà dell’anno, dalle aspettative di attrazione (-42%) e dalla copertura dei costi (il 49%). Elevato, ma non troppo (molto meno del MAR, l’altro grande museo del Comune), il numero di 10.404 visitatori gratuiti. Il dato negativamente più sorprendente è però l’incasso dai biglietti, 98.302 euro, pari al prezzo medio mortificante di 5,35 euro. Ma preoccupa anche più l’affluenza media giornaliera dei visitatori paganti, appena 101, soprattutto se si considera che la vicinissima Basilica di Sant’Apollinare in Classe, formidabile potenzialità di abbinamento delle visite, ne attrae da sola (secondo i dati del 2018) quasi il triplo».

«Peggio ancora il connesso Parco archeologico di Classe, che dovrebbe formare una sorta di pacchetto unico con il museo archeologico. Rispetto ai 20.000 visitatori attesi per il 2019, i paganti del primo semestre sono stati 6.737, in proporzione -32%, per una media giornaliera di appena 37 ingressi, al prezzo medio di un caffè corretto (2 euro e mezzo)».

Le previsioni di LpRa sono fosche: «Si annuncia un clamoroso irreversibile fallimento della gigantesca e più costosa opera del regime, voluta e diretta dai tre sindaci di Ravenna di questo ventennio, a danno di altre cause sociali, culturali e turistiche viceversa sacrificate. Ma finisse qui. Perché quello che può ben definirsi “deserto archeologico di RavennAntica” succhia, nelle previsioni del 2019, costi annuali di gestione pari a 2.808.500 euro, tra costi ed oneri diretti, costi ed oneri diversi e museo Classis, di cui quasi 1.392.000 a carico di enti pubblici o gestori di servizi pubblici, di cui due terzi, 900.000 euro, direttamente dalle casse del Comune. A fronte di tali costi, la previsione dei ricavi assomma a 2.698.500 euro, pari a 110.000 di disavanzo, che rischia anche di peggiorare nel secondo semestre, dato che i mesi di maggiore affluenza ai musei sono quelli primaverili». Ancisi chiede che l’argomento sia affrontato in consiglio comunale in cui «valutare quale sia stato il maggior apporto di turisti che il Classis avrebbe procurato alla nostra città, confrontando le presenze turistiche del primo semestre 2019 con quelli dei due anni precedenti».

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