Da Fred, per un’avventura gastronomica fuori dagli schemi

Un percorso tra mezze porzioni e vini spagnoli. Il nostro racconto: dal menù al conto

Fred Esterno

Fred Enogastronomico è da qualche anno un nome nuovo nel panorama della ristorazione cittadina, segnalato da attenti gourmet tra le novità più interessanti del settore per una proposta che tenta di allontanarsi dai canoni. Sicuramente difficile da notare, poco fuori dal centro cittadino di Ravenna, sconta i problemi di essere affacciato su una strada trafficata (circonvallazione alla rotonda dei Goti), senza parcheggio immediatamente a ridosso e senza un’insegna particolar- mente vistosa. Inevitabile che il suo successo poggi le basi sul passaparola.

Detto di una location per forza di cose poco di impatto, è stato fatto comunque un ottimo lavoro all’interno, allestendo un ambiente informale, a metà tra l’eleganza del modernariato e il calore dei bistrò, arredato con gusto, con sedute comode (alcune decine di coperti in tutto) e spazio sui tavoli sufficiente. Insomma, da Fred ci si sente a proprio agio. Merito anche dei titolari, che offrono un servizio attento e soprattutto appassionato, con qualche sbavatura del tutto accettabile in un tipo di locale che non vuole essere il classico ristorante “ingessato”. Con un encomio particolare per il maître Pietro Raggi e il suo amore sconfinato (che va di pari passo con la conoscenza) per i vini, raccontati nel dettaglio, consigliando l’abbinamento perfetto tra proposte locali, nazionali e pure internazionali.

Arrivando al menù, la vera particolarià è la formula in stile “tapas”, senza antipasti, primi e secondi, ma con una sorta di elenco di mezze porzioni per divertirsi a creare il proprio menù personalizzato. Nella cena al centro di questa recensione abbiamo provato dieci piatti in quattro persone (più un dolce) abbinati a due bottiglie di vino, a un bicchiere di passito e a un altro vino al calice. Andiamoli a vedere nel dettaglio.

FredUno dei piatti più “instagrammabili” è il tris di Azzurro, con un bao bun (piccolo panino cotto a vapore tipico della cucina cinese) al nero di seppia con sgombro affumicato, pomodori secchi, burrata, insalata, cipolla caramellata e origano, sarda in saor e cotolette di alici con maionese lime e zenzero: tutto gustoso e ben riuscito, senza però l’effetto wow che forse sarebbe lecito attendersi da una portata così composita. Altro piatto misto è il “Cuoppo vegetariano” – che ha sollevato qualche dubbio per l’eccessiva semplicità – con una pizzella con cicoria e scamorza affumicata, polenta fritta con squaquerone, falafel, yogurt greco e cipollina e pallotte cacio ova. Ecco poi la fregola con seppia al nero, veraci, pavarazze, crema di ostrica e olio al prezzemolo, che si è rivelato invece di una bontà imbarazzante. L’equilibrio è centratissimo, sapori che stanno perfettamente insieme e anche bello da vedere, servito in un piatto molto elegante.

Non da meno i porcini con tuorlo d’uovo, pane (briciole abbrustolite), nocciole e crema di parmigiano, un trionfo di morbidezza che non vorresti finisse mai. Le acciughe del Cantabrico con pane nero e burro salato D’Isigny Aop sono probabilmente nel menù per volontà del maître Raggi, che ha lavorato tanto in Francia (e infatti, potendo, da Fred sarebbe d’uopo assaggiare uno champagne…), e pur non essendo una preparazione, sono servite da manuale, con confezione e tutto, e con le posate giuste. Il flan di zucca, con crema di taleggio e nougatine ai semi di zucca, è molto gustoso, la porzione è giusta ed è ben presentato. Taleggio e zucca si sposano strabene e la croccantezza della nougatine crea il giusto bilanciamento. Ottime anche le capesante con crema di topinambur e fiori fritti, nocciole e salsa di corallo, ma purtroppo due capesante di numero son quasi difficili da chiamare piatto, e 14 euro non sono pochi.

Menzione particolare poi per la scaloppa di foie gras d’anatra con pan brioche, pere alla senape e riduzione di Jerez Px – indipendentemente da come la si pensi dal punto di vista etico – una goduria per il palato, peccato solo per la quantità davvero esageratamente scarsa, anche per una mezza porzione e seppur consapevoli di avere di fronte una materia prima di alta qualità. Meno emozionante il trancio di ricciola, comunque bello nella sua crema di cavolfiore viola affumicato, scarola, acciughe e olive. Con ancora un certo languorino, inevitabile provare poi un fritto dell’Adriatico ottimamente riuscito, per chi ama il pesce “povero”, con le chips di alghe che davano al piatto una sapidità irresistibile.

Sul fronte vini, ci siamo fatti intrigare da due proposte naturali bianche spagnole, molto versatili per tutto il menù, di cui davvero interessante è stato l’O Sebal 2021 da uve Albariño di Bodegas Albamar, in Galizia. Un vino sapido, vibrante e freschissimo, che restituisce magnificamente la vicinanza dell’Oceano Atlantico. Viene invece dalla Catalogna il Clar di Finca Perera, un uvaggio di varietà tipiche catalane e internazionali dal colore giallo ocra con riflessi ramati e la tipica velatura del biodinamico. I profumi che si colgono sono però quasi in antitesi, lievi: una freschezza di scorze di agrumi, mescolata a sentori di frutta a polpa bianca. Si è insinuato con personalità tra le varie portate, ottimo consiglio.

Classico, ma riuscito, il tortino di castagne che ha chiuso la cena con fondente di zucca e salsa ai cachi, che probabilmente non valeva però gli 8 euro. Ancora più inspiegabili – in tutta sincerità – i 3 euro a testa di coperto, considerato il tentativo appunto di non rendere Fred un ristorante così formale, oltre al cestino del pane non certo di categoria superiore e la totale assenza di entrée o pre-dessert o cioccolateria finale. Apprezzatissimo invece l’omaggio di vermouth romagnolo, così come il piccolo sconto di un paio d’euro al conto finale che si è attestato sui 220 euro, al termine di una cena di cui ne avresti comunque voluto ancora (considerazione che è sia il pregio che il difetto della serata).

Schermata 2023 12 17 Alle 11.37.00

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