Questa nuova puntata de “Il parere del gourmet” vi accompagna alla ricerca della nuova “casa” dello chef Irvin Zannoni, allievo del pluristellato Giancarlo Perbellini, che dopo aver ottenuto per due volte un “Cappello” (prestigioso riconoscimento della guida de L’Espresso, molto raro da vedere nel Ravennate) per il suo lavoro prima alla Capannina di Casal Borsetti, poi, nel 2022, al Boca Barranca di Marina Romea, ha ora portato il suo talento all’interno della cucina della Locanda del Viaggiatore di Godo. Ma andiamo con ordine.

In una calda serata infrasettimanale di luglio abbiamo prenotato per tre persone in questo ormai storico ristorante/osteria/steakhouse tra la chiesa e il campo da baseball, in una location tranquillissima e circondata dal verde. E l’ambiente della Locanda è coerente con il paesaggio, un bel casolare di una volta ristrutturato, con alberi ovunque, in cui si respira un’atmosfera familiare e calda. Il giardino, dove ci accomodiamo, è molto accogliente (e, soprattutto, fresco), sobriamente elegante, i tavoli di legno – una quindicina – sono belli, grandi e molto distanziati tra loro, creando un’apprezzata intimità, e su ognuno campeggia un vaso con una pianta diversa. La sensazione, in buona sostanza, è quella di trascorrere una serata a casa di amici in campagna. Insomma, siamo in un luogo che sicuramente mette a proprio agio. Ci sarebbe qualcosa da dire sulla selezione musicale – una compilation molto connotata che si ripete in loop lungo la serata, e se non ti piace il genere può alla lunga infastidire – ma, come si dice, de gustibus.

Ma veniamo alla questione fondamentale, il menù. Alla Locanda del Viaggiatore c’è praticamente tutto, carne, pesce e pizza, ma noi abbiamo puntato quasi esclusivamente sul pesce, ordinando tre antipasti, due primi, due secondi e tre dessert, dividendoci tutto, per poter assaggiare più piatti possibili. Il risultato, va messo subito in chiaro, è stato un trionfo. Perché quella di chef Zannoni è una cucina innovativa, incentrata sulle eccellenze territoriali e che fa del gusto (estrazioni, concentrazioni di sapore, il massimo in pochi ingredienti) il proprio vessillo. Prendiamo ad esempio il primo antipasto, la tartare di castrato con perle di olio affumicato, salsa di pomodoro e tarassaco, un vero capolavoro di fusione tra tradizione territoriale e visionarietà.

Ma splendidi anche l’insalata di polpo e zucchine marinate (che sembra una roba semplice ma ne mangeresti a uffa) e il calamaro alla plancia con gazpacho di pomodoro giallo, peperoni e olio all’aneto, dal mirabile equilibrio di sapori, anche spinti. Vogliamo poi parlare dei primi piatti? Dalle proposte del giorno è spuntata una lasagna con ricciola e tonno incredibile. Il tonno è trattato come ragù e anche sensorialmente lo ricorda, cosicché la lasagna sembra avere tutta la succulenza della carne, mantenendo la leggerezza del pesce.

Non da meno, dal menù regolare, il risotto con cicoria, burro affumicato, limone candito e ricci di mare, una battaglia senza fine tra dolcezze e asperità, tra sapidità e morbidezza. Da urlo (ma non per tutti – avvertenza – a causa di un inevitabile forte sapore di mare). Arrivano quindi i secondi, e se il gratinato misto – cozze, cannolicchi e una capasanta – rimane gustosissimo nella sua semplicità, il colpo di scena lo offre l’anguilla con cipollotto, rabarbaro e aceto balsamico. Anche qui, cottura perfetta (di un pesce non facile da gestire), accostamenti gustativi azzeccatissimi, equilibri bilanciati chirurgicamente. Chapeau.

Ma non è finita, perché i dessert chiudono il cerchio in grande stile. “Abbracciami il cioccolato con passione” è una sorta di mousse/tenerina accompagnata da un gelato al frutto della passione che è la morte sua, il gelato di capra con amarene Fabbri è buono ma non indimenticabile, ottimo è invece il sorbetto fatto in casa, nel nostro caso mela, sedano e zenzero, perfetto per rimandarti a casa fresco e leggero come una rosa.

Sulla carta dei vini ci sono dei dubbi. Sicuramente sui rossi la scelta è molto ampia e variegata, ma sui bianchi c’è qualche problema. Le proposte del territorio sono poche e troppo standard, ma in generale, a meno che non si vada su bottiglie molto costose, non siamo all’altezza di un menù così qualitativo. Comunque, noi abbiamo preso un rifermentato romagnolo, onesto, e una malvasia istriana da dimenticare in fretta.
Dal servizio forse ci aspettavamo qualcosa in più – una lunga attesa iniziale, qualche amnesia qua e là – però va detto che, mangiando così bene ti dimentichi che la Locanda del Viaggiatore è pur sempre un’osteria (e anche una pizzeria…) e che certe sbavature sono assolutamente normali in questi contesti.
Tutto compreso abbiamo speso 212 euro (70 e lascia a testa), che a ben vedere definisce un buon rapporto qualità-prezzo (soprattutto considerato che circa 60 euro sono stati spesi solo per le due bottiglie di vino).