Tutto l’amore per le tagliatelle al ragù, piatto simbolo della Romagna

Anche Tonino Guerra le sognava durante la prigionia nel campo di concentramento

Tagliatelle Ragu

Le tagliatelle al ragù di Zaghini

Non vi è dubbio alcuno che fra le varie ricette di origine emiliana quella che più ha fatto breccia nella tradizione gastronomica romagnola siano le tagliatelle al ragù. Di più, la nostra terra in qualche modo se ne è appropriata facendo sì che la tagliatella entrasse a far parte della nostra cultura, del nostro quotidiano, nel profondo.
Non è un caso che quando c’è un’occasione di rincontro o di rappacificazione ci si dia spesso appuntamento per andare a mangiare un piatto di tagliatelle. Emilia e Romagna si diceva, così simili e così diverse, anche in questo piatto. Da parte emiliana vige un rigore che comincia dallo spessore di 8 millimetri, corrispondente alla 12.270esima parte dell’altezza della torre degli Asinelli di Bologna. E continua con la ricetta depositata del ragù che prevede perlopiù carne bovina, il solo uso del concentrato di pomodoro e un po’ di latte per tenerne a freno l’acidità.

Diversamente, in Romagna non ci sono regole così rigide e intoccabili, dunque la ricetta è più soggetta a variabili di zona in zona e di famiglia in famiglia. Tendenzialmente si usa perlopiù carne di maiale e qualche volta anche un po’ di salsiccia, mentre per quel che riguarda il pomodoro talvolta viene usata anche la salsa, mentre non viene messo latte. La pasta è sovente più larga e tosta rispetto a quella emiliana. Va da sé che questo è un piatto che si può trovare in tutte le osterie, le trattorie e i ristoranti tradizionali di tutte le province della Romagna.

E ognuno giura che il suo locale di riferimento è quello dove si trovano le migliori in assoluto. A Lugo ha sede la Confraternita della tagliatella (costituitasi nel 2007 al ristorante Alma di Marina di Ravenna) che di anno in anno si impegna nell’assaggio e nella premiazione delle più meritevoli all’insindacabile giudizio dei “fedeli”.
In provincia abbiamo una discreta realtà nel cervese. Il ristorante Le Ghiaine ne fa una superba interpretazione, la gastronomia Cervia Carni anche con un ricco ragù di Mora Romagnola. Senza dimenticare l’eterna Casa delle Aie. Ma chi è da anni una vera e propria meta per gli amanti è il Bar Liberio, al confine tra il territorio cervese e Cesenatico. Addirittura nel 2007 hanno fondato un gruppo podistico (i Lupi di Liberio) che si impegna in camminate opere di beneficenza e, naturalmente, tante sontuose mangiate di tagliatelle.

TagliatelleDove però la tagliatella romagnola sublima nel suo status di piatto simbolo di un territorio è certamente il riminese, e in particolare Santarcangelo di Romagna e dintorni. Qui la cosa si fa seria e come nei tempi di Coppi e Bartali anche in questo caso ci si divide fondamentalmente in due fazioni: chi ama quelle di Zaghini e chi quelle di Renzi.
La Trattoria Renzi a Canonica nasce per caso: un giorno alcuni muratori che stavano costruendo nei pressi della allora tabaccheria chiesero alla signora se potesse preparar loro qualcosa da mangiare. Quelle tagliatelle piacquero così tanto che ancora oggi vengono servite fumanti e abbondantissime nel consueto vassoio.
Il ristorante albergo Zaghini invece si trova nel centro storico di Santarcangelo fin dal 1895 e rappresenta la storia. Le sue tagliatelle sono state premiate dalla Confraternita nel 2010. Scrive Graziano Pozzetto: “[…] Certamente le tagliatelle degli Zaghini, da decenni, rappresentavano un modello inconfondibile, detto senza offendere l’amor proprio, il mestiere, la professionalità di tanti pur bravi che operano in tutta la Valmarecchia e che propongono le loro tagliatelle, suscitando entusiasmi e regalando felicità a tavola. Onestà lo impone […]”.

E ancora, percorrendo la Marecchiese da segnalare le celebratissime tagliatelle della Delinda dell’omonima trattoria di Rimini (premiate nel 2016 dalla Confraternita) e più su, a Montebello di Poggio Torriana, quelle preparate dalla Elide all’Osteria del Borgo, proprio di fronte al famoso castello di Azzurrina.

Con la consapevolezza che questo mio parzialissimo e personalissimo vademecum verrà comprensibilmente criticato e corroborato da chi mi legge, non posso che concludere con un racconto – le tagliatelle immaginarie della prigionia di Tonino Guerra – a testimonianza di come questo sia forse il piatto che più di ogni altro rappresenta la cultura popolare romagnola.

Capitò allora che il camion con il rancio sbandò per colpa del ghiaccio e si ribaltò, così che non arrivò mai a destinazione. Era il giorno di Natale e ci si stringeva attorno per riscaldarci strofinando le mani e respirando a bocca aperta. E in quel freddo e in quella fame una voce ebbe un impeto di entusiasmo: «Tonino, ci fai le tagliatelle?». Tonino era un ragazzo ma già dotato di grande cultura e fantasia e spesso cercava di allietare con i propri racconti. «Mia mamma prende la farina, con la mano fa la fontana e ci rompe le uova, poi inizia a mischiare e ad impastare. Intanto fa il battuto con sedano carota e cipolla, mette su il grasso e lo fa sfrigolare e poi la carne, il vino, la conserva. E la cucina si riempie di profumi. Intanto la pasta ha riposato, prende il matterello e la stende, poi la taglia in fettine sottili e le cala giù nella pignatta che bolle. Sono subito pronte ed ecco che le tuffa nel ragù. Mentre le mescola il profumo del ragù riempie il naso ed il cuore. Poi le serve ancora fumanti. Ecco, un piatto a te, uno a te, te ci vuoi la forma? Aspetta… Ecco qua. Una macinata di pepe, a posto». Gli occhi erano spalancati e sognanti e il silenzio fu rotto da una flebile voce. «Tonino, posso avere il bis?».
Tonino Guerra – memorie dal campo di concentramento

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