Il pesce azzurro, “povero” ma ricco, che fa bene anche al nostro mare

Attraverso un maggiore impegno nella promozione e nel consumo consapevole di acciughe, sardine e sgombri è possibile garantire un futuro più sano e sostenibile per l’ambiente

Pesce Alla Griglia

In bibliografia, tutti i testi che trattano del pesce azzurro iniziano dicendo che tale definizione non ha alcun valore biologico o scientifico, ma serve a identificare “varie specie caratterizzate da una colorazione blu-azzurra sul dorso e bianco-argentea sul ventre, con simili caratteristiche organolettiche e nutrizionali, di facile reperibilità e prezzo contenuto”. Tuttavia, nessuno spiega il motivo di questa colorazione. La ragione è da cercare nella storia evolutiva di queste specie, poiché la natura non lascia niente al caso: azzurri sono i pesci che vivono per tutta la vita nella colonna d’acqua, senza mai avere rapporti con il fondo, né per nutrirsi, né per riprodursi o nascondersi. In queste condizioni, la colorazione del corpo permette loro di mimetizzarsi: se un predatore è sopra di loro, il blu del dorso li nasconde nello scuro del fondo del mare; se il predatore è sotto, viene ingannato dall’argento che riproduce i riflessi della luce del sole sulla superficie dell’acqua.

Parlando di questi pesci, ci riferiamo agli abitanti abituali dei nostri mari, come acciughe, sardine, sgombri, ricciole, lecce, palamite e tonnetti come l’alalunga, l’alletterato e il biso o tombarello. Ci sono anche specie meno conosciute ma ben note alle popolazioni costiere del Mediterraneo: aguglie, alose o cheppie, cicerelli, lampughe, alacce, spratti, sugarelli o suri, costardelle. Riguardo il tonno rosso (o pinna gialla), l’attribuzione a questa categoria è controversa: per caratteristiche ne avrebbe diritto, ma essendo un pesce molto pregiato e di alto valore commerciale, non si può definire “di poco valore economico”. Pesce spada e pesce sciabola sono erroneamente inclusi tra i pesci azzurri, ma il primo è un pelagico non gregario e il secondo, detto anche spatola, è un pesce di fondale. Anche dal punto di vista organolettico, presentano differenze significative rispetto agli altri.

Ora una domanda: questi pesci sono sempre stati chiamati “azzurri”? Pare proprio di no! L’uso di identificarli come “azzurri” si è diffuso negli anni ‘60 del secolo scorso, a seguito di una campagna ministeriale volta a promuoverne il consumo per ragioni salutari, nutrizionali e di abbondanza nei nostri mari, rendendoli una fonte economica e accessibile. Andando ancora più indietro nel tempo, nel 1661 il governo papalino impose le “leggi suntuarie” agli abitanti del ghetto romano, vietando loro il consumo di cibi “lussuosi”: “in tutti i conviti si proibiscano tutte sorte de insalate suntuose, com’anco il pesce di qualunque sorte, eccettuato ch’alici e azzurro”. Questo riflette una chiave interpretativa coerente nei secoli: questi pesci sono sempre stati considerati “poveri” o “dimenticati”, snobbati dal mercato a favore di varietà più nobili.

Nonostante ciò, rappresentano una parte importante della storia e della cultura gastronomica italiana. Oggi, grazie a una crescente attenzione verso il recupero delle tradizioni regionali e a continue campagne di sensibilizzazione, si sta riscoprendo il loro valore. Queste campagne promuovono la diversificazione del consumo di prodotti ittici, favorendo un più efficiente sfruttamento delle risorse marine e riducendo significativamente il pesce scartato, con ricadute positive sulla tutela della biodiversità marina.

Ancora, il ruolo di queste specie nella dieta mediterranea è fondamentale: le loro proprietà nutrizionali, essendo ricche di acidi grassi omega-3, proteine di alto valore biologico, vitamine e sali minerali, le rendono un alimento prezioso per la prevenzione di malattie cardiovascolari e altre patologie croniche.

In conclusione, pur essendo state a lungo considerate “pesce povero”, hanno dimostrato di possedere un valore inestimabile sia dal punto di vista nutrizionale che culturale. La riscoperta e la valorizzazione del pesce azzurro non solo arricchiscono la nostra cucina, ma contribuiscono anche alla sostenibilità delle risorse marine e alla conservazione della biodiversità. Attraverso un maggiore impegno nella promozione e nel consumo consapevole di questi pesci, possiamo garantire un futuro più sano e sostenibile per le nostre comunità e per l’ambiente marino.

La ricetta delle alici marinate

Ingredienti per 4 persone: 500 gr di alici piccole fresche; 1 spicchio d’aglio; il succo di 2 limoni; una manciata di prezzemolo tritato; ½ bicchiere di olio extravergine d’oliva; sale marino integrale; pepe macinato al momento.
Preparazione. Pulire bene le alici, privandole della lisca e delle interiora e facendo attenzione a non dividerle. Lavarle e asciugarle delicatamente, quindi abbatterle in freezer per almeno 3 giorni. Riportarle a temperatura ambiente facendole prima sostare in frigorifero per una notte, metterle in un piatto aperte a metà. Nel frattempo, lavare il prezzemolo, tritarlo insieme all’aglio e spolverizzarlo sulle alici, regolando di sale e pepe. Coprire con olio e succo di limone e lasciare marinare per almeno 5 ore al fresco.

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