lunedì
07 Luglio 2025

«Chi si avvantaggia dai migranti? Un esiguo gruppo di ricchi…»

L’autore Pietro De Carli all’incontro sul tema con Cofferati al Villaggio
del Fanciullo. «Ma il 99 percento degli arrivi non sono per le guerre»

Si parlerà di “Migrazioni, cause ed effetti in Italia e in Europa”, venerdì 4 novembre alle 20.30, alla Fondazione Il Nuovo Villaggio del Fanciullo. Un evento – rinviato il mese scorso – a cui parteciperà, oltre al sindaco di Ravenna Michele de Pascale, all’ex parlamentare Gabriele Albonetti della Fondazione e all’europarlamentare Sergio Cofferati – Pietro De Carli, autore del libro “Fuga a Occidente” che ha ispirato l’incontro. Il dibattito, sarà preceduto, dalle 19.30, da una mostra fotografica sulle etnie e i popoli delle aree più povere del mondo a cura dello stesso De Carli, che abbiamo intervistato.

De Carli, quanto ha inciso la sua esperienza come esperto di cooperazione, nella scelta di scrivere un libro sull’immigrazione?
«Moltissimo. In tutti i paesi in conflitto in cui ho vissuto nei due decenni trascorsi all’estero il problema dei flussi migratori era un tratto comune. In Mozambico, nel 1994, dopo la lunga e disastrosa guerra civile tra il governo della Frelimo e i ribelli della Renamo, le periferie delle città stavano scoppiando a causa delle decine di migliaia di persone che avevano abbandonato le campagne. Nel 1999 nel sud del Sudan gli sfollati vagavano da un’area all’altra, tentando di sfuggire agli scontri armati che non risparmiavano la popolazione civile. In Afghanistan dal 2003 al 2007, dopo la caduta del regime dei talebani, milioni di sfollati che avevano trovato rifugio in campi profughi oltre confine, in Iran, Pakistan e Turkmenistan, affrontarono un rientro difficile, da senza tetto, perché gran parte delle case erano state distrutte durante la lunga e dolorosa guerra civile, ma con la determinazione di ricostruirle e riporre nuovamente le proprie radici nei luoghi di origine. E potrei citare esempi analoghi a Timor Est, in Somalia e in Angola. Oggi però le migrazioni hanno connotazioni diverse».
Il tema dell’immigrazione è di grande attualità. Quale ‘taglio’ ha scelto per il suo lavoro e perché?
«Il criterio che ho tentato di seguire è pragmatico e non ideologico. L’approccio ideologico è quello che estremizza posizioni pregiudizialmente contrapposte tra chi pensa che le migrazioni apportino solo dei benefici e chi pensa che siano la fonte di tutti i mali. La cosa migliore è analizzare la realtà nuda e cruda come si presenta ai nostri occhi, qualunque essa sia, senza pretendere che sia come vorremmo che fosse, ma per come obiettivamente risulta secondo la logica dei dati e fatti, in tutti i suoi risvolti positivi e negativi».
Sul fenomeno esistono, come lei ribadisce, luoghi comuni e stereotipi. Uno di questi è che si emigri a causa delle guerre…
«Sì. Le guerre sono la causa più efferata per le sorti dell’umanità e inducono certamente parte delle popolazioni che ne sono vittime a cercare rifugio altrove. C’è però qualcosa di nuovo che sta avvenendo e su cui occorre interrogarsi. Lo dimostra il fatto che il 99 per cento degli arrivi 2016, attraverso il Mar Mediterraneo, riguardino Paesi non in guerra come Gambia, Senegal, Mali e Nigeria, Bangladesh, Pakistan e Afghanistan, mentre solo l’1 per cento Paesi in guerra come la Siria. Questo significa che si crea, tra i richiedenti asilo, una mescolanza tra coloro che non possono scegliere, i rifugiati, e coloro che possono scegliere, ossia i migranti economici che secondo le norme del diritto internazionale non possiedono i requisiti di rifugiati. La stessa cosa avviene per i minori stranieri non accompagnati – di cui di oltre 5mila si sono perse le tracce – che provengono per lo più dall’Egitto e dall’Albania e, in misura minore, da altri Paesi africani non in guerra».
L’altro elemento a cui si attribuiscono i flussi migratori è la povertà…
«È vero che la spinta a migliorare le proprie condizioni di vita è alla base di molte migrazioni, ma occorre fare un’importante riflessione. Secondo la Banca Mondiale quasi la metà della popolazione mondiale, circa 3 miliardi di persone, è estremamente povera, ossia vive con meno di 1,5 euro al giorno. Molti di essi soffrono la fame. Dovendo lottare giorno per giorno per la sopravvivenza, non riescono neppure a immaginare come arrivare a una cifra che va dai 4 agli 8-10mila euro, quanto serve per pagare i trafficanti di esseri umani. Quindi, per la metà della popolazione al mondo, la povertà è ancora un elemento frenante per le migrazioni».
Qual è il nesso che lega i flussi migratori alla globalizzazione?
«Datori di lavoro senza scrupoli, che operano nell’ambito dell’economia sommersa, hanno sfruttato l’opportunità offerta dai flussi migratori per avvalersi di lavoratori immigrati, spesso mantenendoli in condizioni di irregolarità, per imporre condizioni di lavoro più pesanti, eludendo le norme vigenti e applicando trattamenti salariali umilianti, rincorrendo profitti ricavati da una competitività truccata. In questo modo sono le condizioni di sottosviluppo a migrare dai paesi poveri provocando un livellamento dei redditi da lavoro e delle condizioni di vita al punto più basso possibile. A giovarsene, grazie al miracolo della globalizzazione e delle crescenti diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, è un numero sempre più limitato di ricchi sempre più ricchi a scapito di una quantità sempre più estesa di poveri sempre più poveri».

«Chi si avvantaggia dai migranti? Un esiguo gruppo di ricchi…»

L’autore Pietro De Carli all’incontro sul tema con Cofferati al Villaggio del Fanciullo. «Ma il 99 percento degli arrivi non sono per le guerre»

Si parlerà di “Migrazioni, cause ed effetti in Italia e in Europa”, venerdì 4 novembre alle 20.30, alla Fondazione Il Nuovo Villaggio del Fanciullo. Un evento – rinviato il mese scorso – a cui parteciperà, oltre al sindaco di Ravenna Michele de Pascale, all’ex parlamentare Gabriele Albonetti della Fondazione e all’europarlamentare Sergio Cofferati – Pietro De Carli, autore del libro “Fuga a Occidente” che ha ispirato l’incontro. Il dibattito, sarà preceduto, dalle 19.30, da una mostra fotografica sulle etnie e i popoli delle aree più povere del mondo a cura dello stesso De Carli, che abbiamo intervistato.

De Carli, quanto ha inciso la sua esperienza come esperto di cooperazione, nella scelta di scrivere un libro sull’immigrazione?
«Moltissimo. In tutti i paesi in conflitto in cui ho vissuto nei due decenni trascorsi all’estero il problema dei flussi migratori era un tratto comune. In Mozambico, nel 1994, dopo la lunga e disastrosa guerra civile tra il governo della Frelimo e i ribelli della Renamo, le periferie delle città stavano scoppiando a causa delle decine di migliaia di persone che avevano abbandonato le campagne. Nel 1999 nel sud del Sudan gli sfollati vagavano da un’area all’altra, tentando di sfuggire agli scontri armati che non risparmiavano la popolazione civile. In Afghanistan dal 2003 al 2007, dopo la caduta del regime dei talebani, milioni di sfollati che avevano trovato rifugio in campi profughi oltre confine, in Iran, Pakistan e Turkmenistan, affrontarono un rientro difficile, da senza tetto, perché gran parte delle case erano state distrutte durante la lunga e dolorosa guerra civile, ma con la determinazione di ricostruirle e riporre nuovamente le proprie radici nei luoghi di origine. E potrei citare esempi analoghi a Timor Est, in Somalia e in Angola. Oggi però le migrazioni hanno connotazioni diverse».
Il tema dell’immigrazione è di grande attualità. Quale ‘taglio’ ha scelto per il suo lavoro e perché?
«Il criterio che ho tentato di seguire è pragmatico e non ideologico. L’approccio ideologico è quello che estremizza posizioni pregiudizialmente contrapposte tra chi pensa che le migrazioni apportino solo dei benefici e chi pensa che siano la fonte di tutti i mali. La cosa migliore è analizzare la realtà nuda e cruda come si presenta ai nostri occhi, qualunque essa sia, senza pretendere che sia come vorremmo che fosse, ma per come obiettivamente risulta secondo la logica dei dati e fatti, in tutti i suoi risvolti positivi e negativi».
Sul fenomeno esistono, come lei ribadisce, luoghi comuni e stereotipi. Uno di questi è che si emigri a causa delle guerre…
«Sì. Le guerre sono la causa più efferata per le sorti dell’umanità e inducono certamente parte delle popolazioni che ne sono vittime a cercare rifugio altrove. C’è però qualcosa di nuovo che sta avvenendo e su cui occorre interrogarsi. Lo dimostra il fatto che il 99 per cento degli arrivi 2016, attraverso il Mar Mediterraneo, riguardino Paesi non in guerra come Gambia, Senegal, Mali e Nigeria, Bangladesh, Pakistan e Afghanistan, mentre solo l’1 per cento Paesi in guerra come la Siria. Questo significa che si crea, tra i richiedenti asilo, una mescolanza tra coloro che non possono scegliere, i rifugiati, e coloro che possono scegliere, ossia i migranti economici che secondo le norme del diritto internazionale non possiedono i requisiti di rifugiati. La stessa cosa avviene per i minori stranieri non accompagnati – di cui di oltre 5mila si sono perse le tracce – che provengono per lo più dall’Egitto e dall’Albania e, in misura minore, da altri Paesi africani non in guerra».
L’altro elemento a cui si attribuiscono i flussi migratori è la povertà…
«È vero che la spinta a migliorare le proprie condizioni di vita è alla base di molte migrazioni, ma occorre fare un’importante riflessione. Secondo la Banca Mondiale quasi la metà della popolazione mondiale, circa 3 miliardi di persone, è estremamente povera, ossia vive con meno di 1,5 euro al giorno. Molti di essi soffrono la fame. Dovendo lottare giorno per giorno per la sopravvivenza, non riescono neppure a immaginare come arrivare a una cifra che va dai 4 agli 8-10mila euro, quanto serve per pagare i trafficanti di esseri umani. Quindi, per la metà della popolazione al mondo, la povertà è ancora un elemento frenante per le migrazioni».
Qual è il nesso che lega i flussi migratori alla globalizzazione?
«Datori di lavoro senza scrupoli, che operano nell’ambito dell’economia sommersa, hanno sfruttato l’opportunità offerta dai flussi migratori per avvalersi di lavoratori immigrati, spesso mantenendoli in condizioni di irregolarità, per imporre condizioni di lavoro più pesanti, eludendo le norme vigenti e applicando trattamenti salariali umilianti, rincorrendo profitti ricavati da una competitività truccata. In questo modo sono le condizioni di sottosviluppo a migrare dai paesi poveri provocando un livellamento dei redditi da lavoro e delle condizioni di vita al punto più basso possibile. A giovarsene, grazie al miracolo della globalizzazione e delle crescenti diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, è un numero sempre più limitato di ricchi sempre più ricchi a scapito di una quantità sempre più estesa di poveri sempre più poveri».

Una rassegna tra arte, incontri e teatro contro la violenza sulle donne

Una ventina di appuntamenti dal 5 novembre fino all’11 dicembre

In occasione della giornata internazionale dedicata alla eliminazione della violenza alle donne, il 25 novembre, vari luoghi della città di Ravenna e del forese, ospiteranno una ventina di appuntamenti fra arte, cinema, letteratura e teatro per promuovere la cultura del rispetto e dei diritti delle donne, dal 5 novembre all’11 dicembre.

«Sono una ventina – afferma l’assessora alle politiche e cultura di genere Ouidad Bakkali – le associazioni, da quelle femminili a quelle che vedono gli uomini in prima fila nel contrasto alla violenza alle donne, che a vario titolo hanno aderito proponendo eventi; una quarantina i negozi che insieme con le loro associazioni di categoria hanno contribuito a sostenere le spese delle iniziative e a partecipare ad alcuni eventi; 500 gli studenti che parteciperanno agli appuntamenti organizzati nelle loro scuole».

La rassegna – dal titolo “Una società per le relazioni. Strade alternative alla violenza” – parte il 5 novembre, con l’inaugurazione alle 18 della mostra di manifesti delle campagne pubblicitarie allestite nella Casa delle donne di Ravenna, in via Maggiore 120, “Il mondo contro la violenza sulle donne”. Sarà visibile fino al 15 novembre nei seguenti orari: lunedì e mercoledì 15-18; martedì, giovedì e venerdì 9.30-12.

Nel primo weekend di novembre è previsto un altro appuntamento: domenica 6 novembre alle 21 al ristorante “I passatelli” del Mariani in via Ponte Marino si svolgerà un reading teatrale tratto dalla pièce “Due partite” di Cristina Comencini con l’accompagnamento del trio canoro delle Cherry Notes, da una proposta del collettivo le giuliette.

Le iniziative di sensibilizzazione al tema della violenza si rivolgono anche agli studenti, in questo caso a quelli dell’Ites Ginanni che mercoledì 9 novembre alle 14.40 potranno assistere a un incontro pubblico sul tema “Storie adolescenza e linguaggi per una didattica di genere”.

Venerdì 11 sarà il Mama’s club alle 21.30 ad ospitare la giornalista e scrittrice Giuliana Sgrena che presenterà il suo libro “Dio odia le donne” coadiuvata dalla giornalista Carla Baroncelli.

L’arte e la musica saranno il filo conduttore dell’appuntamento di sabato 12 novembre al parco 8 marzo di via Viganò, a Porto Fuori, dove alle 15 verrà inaugurata l’opera murale dell’illustratrice Valeria Colonnella in collaborazione con Federica Simonetti.

Domenica 13 si torna in città, alla Casa delle donne, per una mattinata dedicata ai bambini e alle bambine, dalle 10, nella biblioteca di Sofia per giocare al “gioco del rispetto”.

Sempre la casa delle donne ospiterà martedì 15 novembre alle 21 ” La notte degli spot”, video-proiezione di spot e video dal mondo contro la violenza sulle donne e gli stereotipi di genere

Mercoledì 16 novembre al caffè letterario di via Diaz, 26 verrà inaugurata alle 18 la mostra fotografica “Quello che le donne non mostrano” di di Cinzia Fabbri.
“Violenza di genere: lo stato dell’arte dal punto di vista giuridico e sociale” è il tema del convegno in programma giovedì 17 novembre alle 17.30 a sala D’Attorre via Ponte Marino, 2. Sotto la conduzione del giornalista Nevio Galeati si alterneranno interventi di avvocate e sociologhe.

Gli appuntamenti proseguiranno fino all’11 dicembre. Il programma completo nel pieghevole in Pdf qui sotto tra gli allegati.

Ogni 4 immobili all’asta in tribunale uno si vende: Ravenna sul podio italiano

Prezzi inferiori al mercato fino al 40 percento Il notaio: «È il discount dell’immobiliare»

Alle aste giudiziarie del tribunale di Ravenna viene aggiudicato circa un immobile su quattro, una percentuale che risale a un anno fa e collocava il foro ravennate tra i primi tre in Italia grazie soprattutto al lavoro dei professionisti delegati. Il valore medio degli immobili abitativi messi all’asta in Italia ammonta a 142mila euro, la superficie media è pari a circa 100 mq e il prezzo di aggiudicazione, mediamente sotto ai 100mila euro, rimane inferiore a quello di mercato tra il 15 e il 40 percento. Per i tempi sono necessari tra gli otto e i dieci mesi dal primo tentativo di vendita. I lidi e Faenza sono le zone della provincia dove si registrano più aggiudicazioni. Sono alcune rilevazioni emerse dal convegno organizzato il 21 ottobre a Ravenna dall’Asnes (associazione notai per le esecuzioni immobiliari e mobiliari), in collaborazione con Ainc (associazione italiana notai cattolici), il consiglio notarile di Ravenna e l’Università telematica Pegaso.

Le vendite tramite tribunale hanno un peso importante nel settore: «Secondo le proiezioni di alcuni studi – dice il notaio Andrea Dello Russo, presidente di Asnes – nel futuro prossimo il 10-15 percento dei trasferimenti immobiliari avverrà attraverso le aste da procedure esecutive o concorsuali». Una statistica nazionale fornita da Dello Russo dice che negli ultimi sette mesi le vendite giudiziarie sono cresciute del 45 percento al sud, del 25 al centro e sono scese del 15 al nord: «Forse un segnale che una parte d’Italia sta uscendo dalla crisi».

Le ultime novità introdotte dal legislatore potrebbero allargare ancora il mercato: «Dal quadro normativo introdotto dalle modifiche sia del 2015 che del 2016 emerge una volontà di preferire il criterio della massima celerità della liquidazione per chiudere la procedura giudiziaria per incamerare risorse al criterio del massimo realizzo. Un esempio è il nuovo articolo che consente al giudice dell’esecuzione di ridurre il prezzo d’asta sino alla metà rispetto a quello precedente a partire dal quinto esperimento di vendita. Se immaginiamo che un bene venga messo in vendita a 100mila euro, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, potrebbe essere aggiudicato a circa 16mila. Qualcuno ha parlato di outlet dell’immobiliare, che forse svilisce il diritto di proprietà e un fondo di verità credo ci sia».

Il notaio Dello Russo mette in fila i passaggi che portano all’asta: «Il quadro normativo di riferimento è il codice di procedura civile con gli aggiornamenti che si sono susseguiti sia nel 2015 che nel 2016. Tutto deve partire dal creditore titolare di un’ipoteca o di un titolo esecutivo a cui segue un pignoramento. La procedura inizia con la trascrizione del pignoramento nei registri immobiliari. Successivamente verrà fissata l’udienza in cui viene nominato il consulente tecnico per la perizia a seguito della quale il giudice fisserà il prezzo di base per l’asta e nomina un professionista delegato che seguirà le operazioni di vendita e di custodia: dal 1998 al 2005 potevano essere nominati solo notai. Dal 2005 in poi vi è stata un’estensione della delega ad avvocati e a commercialisti. Una pratica che contribuisce a liberare i giudici e soprattutto le cancellerie da molte incombenze».

È al professionista delegato che spetta il compito di dare pubblicità dell’avviso d’asta secondo le indicazioni fornite dal giudice: «La legge ha oggi reso solo facoltativa la pubblicazione per estratto dell’avviso sui quotidiani a favore della pubblicazione dell’avviso su internet. Il tribunale di Ravenna ha fornito attualmente indicazioni di procedere a pubblicare gli avvisi sull’edizione di Bologna di Repubblica e sul sito www.asteravenna.eu. Attualmente ogni tribunale in Italia ha un suo sito dove pubblica gli avvisi d’asta, in attesa della piena operatività del portale delle vendite pubbliche, che è un sito internet gestito dal ministero della Giustizia, sul quale dovranno essere pubblicati tutti i dati delle procedure esecutive in Italia dove risulta fissata una vendita, al fine di dare maggiore evidenza e trasparenza nella consultazione aperta a tutti degli immobili in asta. Al momento non è ancora pronto».

La frontiera dell’asta telematica diventerà prassi ordinaria nel settore. «La scorsa settimana una persona ha depositato un’offerta nel mio studio ed ha partecipato ad un’asta telematica relativa ad una procedura fallimentare del tribunale di Brescia e, dal mio studio, ha partecipato online alla gara che si è tenuta a Brescia, aggiudicandosi un immobile in Sardegna dopo una gara a rilanci effettuati tramite il mio pc», spiega Dello Russo. E in futuro le nuove tecnologie di autenticazione allargheranno la platea di chi potrà partecipare a un’asta restando davanti a uno schermo: «Questo necessariamente amplierà il pubblico di potenziali acquirenti a vantaggio di chi deve recuperare i propri crediti». La maggior facilità di accesso non spaventa il notaio per il rischio di perdere un ruolo oggi quasi esclusivo: «Sul fronte telematico la categoria è sempre stata all’avanguardia. Già oggi stipuliamo atti completamente digitali, che sono obbligatori per gli appalti pubblici. Il notaio peraltro rimane garante sia del controllo di legalità rispetto al contenuto delle scritture stipulate per il suo tramite, sia della corretta identificazione e dei relativi poteri delle persone che appongono la propria sottoscrizione».

«Turismo ok a Ravenna con Halloween Continueremo in questa direzione»

L’assessore Costantini soddisfatto del primo esperimento: 152 turisti
alle visite guidate, «ingressi a Mirabilandia superiori alle aspettative»

Sono stati 273, di cui 152 turisti, i partecipanti alle 13 visite guidate promosse dal Comune di Ravenna durante il ponte di Halloween, da venerdì 28 ottobre a ieri (martedì 1 novembre). Lo rende noto l’Amministrazione in una nota inviata alla stampa.

«Per la prima volta quest’anno – commenta l’assessore a Turismo e Coordinamento eventi Giacomo Costantini – abbiamo cercato di sfruttare al meglio in chiave di attrazione turistica la ricorrenza di Halloween. Questo primo esperimento è stato reso possibile dall’integrazione fra molteplici iniziative: le nostre visite ai “misteri di Ravenna”; i festival di cinema e letteratura Ravenna Nightmare e GialloLuna NeroNotte, che hanno dato per la prima volta vita a un unico cartellone che bene si è armonizzato nel contesto “dark” creato a Ravenna in questo week end; il Mirabilandia Halloween Horror Festival, che oltre a riempire il parco di divertimenti ha coinvolto anche il centro storico con il concorso Instagram “Keep Calm and Take a Picture with the Zombies!”». Vi hanno partecipato 62 foto con hashtag #HalloweenRavenna, le prime cinque delle quali hanno vinto due ingressi omaggio a Mirabilandia. Per vedere le foto vincitrici e quella del gruppo degli zombie di Mirabilandia che venerdì hanno invaso il centro storico http://bit.ly/2en3UBt

«Per quanto riguarda gli accessi ai monumenti – continua Costantini – i primi riscontri, non ancora ufficiali, ci parlano di affluenze molto buone, così come per quanto riguarda le strutture ricettive. E anche gli ingressi a Mirabilandia sono stati molto numerosi, molto al di sopra delle aspettative, come mi è stato riferito dai referenti del parco. Per il futuro dobbiamo continuare a lavorare in questa direzione, sfruttando la messa in rete delle diverse opportunità che fanno di Ravenna una destinazione dal fortissimo appeal per questo ponte».

«Turismo ok a Ravenna con Halloween Continueremo in questa direzione»

L’assessore Costantini soddisfatto del primo esperimento: 152 turisti alle visite guidate, «ingressi a Mirabilandia superiori alle aspettative»

Sono stati 273, di cui 152 turisti, i partecipanti alle 13 visite guidate promosse dal Comune di Ravenna durante il ponte di Halloween, da venerdì 28 ottobre a ieri (martedì 1 novembre). Lo rende noto l’Amministrazione in una nota inviata alla stampa.

«Per la prima volta quest’anno – commenta l’assessore a Turismo e Coordinamento eventi Giacomo Costantini – abbiamo cercato di sfruttare al meglio in chiave di attrazione turistica la ricorrenza di Halloween. Questo primo esperimento è stato reso possibile dall’integrazione fra molteplici iniziative: le nostre visite ai “misteri di Ravenna”; i festival di cinema e letteratura Ravenna Nightmare e GialloLuna NeroNotte, che hanno dato per la prima volta vita a un unico cartellone che bene si è armonizzato nel contesto “dark” creato a Ravenna in questo week end; il Mirabilandia Halloween Horror Festival, che oltre a riempire il parco di divertimenti ha coinvolto anche il centro storico con il concorso Instagram “Keep Calm and Take a Picture with the Zombies!”». Vi hanno partecipato 62 foto con hashtag #HalloweenRavenna, le prime cinque delle quali hanno vinto due ingressi omaggio a Mirabilandia. Per vedere le foto vincitrici e quella del gruppo degli zombie di Mirabilandia che venerdì hanno invaso il centro storico http://bit.ly/2en3UBt

«Per quanto riguarda gli accessi ai monumenti – continua Costantini – i primi riscontri, non ancora ufficiali, ci parlano di affluenze molto buone, così come per quanto riguarda le strutture ricettive. E anche gli ingressi a Mirabilandia sono stati molto numerosi, molto al di sopra delle aspettative, come mi è stato riferito dai referenti del parco. Per il futuro dobbiamo continuare a lavorare in questa direzione, sfruttando la messa in rete delle diverse opportunità che fanno di Ravenna una destinazione dal fortissimo appeal per questo ponte».

L’osteria Passatelli del Mariani apre anche a Bagnacavallo

Al posto dello storico Barcelona. Bucci: «Nuova sfida imprenditoriale»

Riapre l’ex Barcelona, a Bagnacavallo. Il locale di via Vecchia Albergone ospiterà una nuova Osteria Passatelli, già affermata all’interno del Mariani Lifestyle in centro a Ravenna.

L’inaugurazione con drink di benvenuto è in programma venerdì 4 novembre a partire dalle 18.

Una nuova scommessa per il noto imprenditore ravennate (anche in consiglio comunale) Maurizio Bucci. «Il format consolidato – sono le sue parole in un comunicato stampa inviato ai giornali – della cucina della tradizione del Passatelli1962, che pone al primo posto la qualità, gli ingredienti e la scelta della materia prima rigorosamente del territorio, si ritrova dal 4 novembre in un immobile di grande prestigio inserito nell’iconografia storica di Bagnacavallo. Ridare lustro, prestigio a questi spazi, con una formula consolidata unita alla pizzeria e a un’offerta di tendenza con hamburger di carne di manzo e mora romagnola rigorosamente selezionate da allevamenti nostrani è la nuova sfida imprenditoriale che abbiamo voluto iniziare nel cuore della Romagna».

Il nuovo Passatelli sarà aperto dalle 18.30 alle 24, venerdì e sabato dalle 18.30 all’1, la domenica anche a pranzo (giorno di chiusura il martedì). Info: 0545.63580 e www.mariani-ravenna.it.

L’osteria Passatelli del Mariani apre anche a Bagnacavallo

Al posto dello storico Barcelona. Bucci: «Nuova sfida imprenditoriale»

Riapre l’ex Barcelona, a Bagnacavallo. Il locale di via Vecchia Albergone ospiterà una nuova Osteria Passatelli, già affermata all’interno del Mariani Lifestyle in centro a Ravenna.

L’inaugurazione con drink di benvenuto è in programma venerdì 4 novembre a partire dalle 18.

Una nuova scommessa per il noto imprenditore ravennate (anche in consiglio comunale) Maurizio Bucci. «Il format consolidato – sono le sue parole in un comunicato stampa inviato ai giornali – della cucina della tradizione del Passatelli1962, che pone al primo posto la qualità, gli ingredienti e la scelta della materia prima rigorosamente del territorio, si ritrova dal 4 novembre in un immobile di grande prestigio inserito nell’iconografia storica di Bagnacavallo. Ridare lustro, prestigio a questi spazi, con una formula consolidata unita alla pizzeria e a un’offerta di tendenza con hamburger di carne di manzo e mora romagnola rigorosamente selezionate da allevamenti nostrani è la nuova sfida imprenditoriale che abbiamo voluto iniziare nel cuore della Romagna».

Il nuovo Passatelli sarà aperto dalle 18.30 alle 24, venerdì e sabato dalle 18.30 all’1, la domenica anche a pranzo (giorno di chiusura il martedì). Info: 0545.63580 e www.mariani-ravenna.it.

Vendite giudiziarie: è andato all’asta di tutto, dal serpente alle bare

Commercianti e privati nel capannone di via Canala a caccia dell’affare tra beni da fallimenti, pignoramenti, eredità e corpi di reato

È passato parecchio da quella volta del boa constrictor ma se lo ricordano ancora bene. In particolare Carlotta, una delle segretarie dell’istituto vendite giudiziarie (Ivg) di Ravenna: «Ho dovuto dargli io il topo vivo da mangiare…». In ventidue anni di attività all’Ivg, è andata all’asta anche una teca con un serpente da un metro e mezzo: «Tra i beni pignorati in una casa c’era anche quello», racconta Saverio Babini che dirige l’Ivg con il socio Pier Maria Casadio. Dal 2008 sono in via Canala, prima erano in via Fiume Montone Abbandonato.

«Si è visto veramente di tutto da queste parti», sorride Babini. Che apre il libro dei ricordi aiutandosi con un vecchio articolo di giornale incorniciato alla parete. Titolo: “Quelle bare? Sono un incanto”. Un lotto di 209 casse da morto in legno massiccio. Il campionario non si esaurisce qui: «Pecore, mucche, uno yacht, una nave mercantile, due biciclette di Pantani, opere d’arte, gioielli, armi da collezione…». Del resto ci può finire davvero di tutto in un posto che si occupa di mettere all’asta quello che proviene da pignoramenti, fallimenti, eredità giacenti, vendite coatte amministrative, corpi di reato.

Nel 2012 le aste per aggiudicarsi due biciclette da corsa appartenute a Marco Pantani arrivarono a 28mila euro (vedi articoli correlati). Vennero battute all’Ivg nell’ambito del fallimento della società Salis proprietaria del ristorante Nautilus a Cervia il cui titolare le aveva avute in dono dal Pirata. Una Bianchi finì nelle mani di un imprenditore ravennate per 17.345 euro (13mila più Iva e spese), una Wilier Triestina invece andò a un pisano per 10.690 euro (8mila più Iva e spese).

«Per tuttto vale sempre e solo la regola fissata dalla legge: “Visto e piaciuto”. Che vuol dire che si compra quello che si vede senza poter provare se e come funziona. Non c’è garanzia, non si può sostituire: si può venire solo nei giorni precedenti all’asta per visionare il bene e nient’altro». Babini e Casadio ci mettono la massima disponibilità per evitare che qualcuno si prenda il pacco: «Ci sembra giusto dare le eventuali informazioni che possiamo avere in più rispetto alla descrizione standard. Non ha senso rifilare una fregatura». L’esempio arriva subito quando qualcuno entra in ufficio, 15 minuti prima dell’asta, incuriosito dalla Ford che verrà battuta partendo da una base di 50 euro: «Posso dire che l’abbiamo portata qua guidandola dalle Bassette. Insomma, non è che sia una cannonata ma va…».

All’asta può partecipare chiunque, escluso chi eventualmente non abbia titolo. L’asta è ogni due sabati nella sede dell’Ivg. Ed è proprio come ve la immaginate dai film. Il battitore legge la descrizione del bene e apre i giochi fissando il rialzo minimo dal prezzo di partenza. Per la propria offerta è sufficiente alzare la mano che non sfugge al radar del banditore: «Fate attenzione a come vi salutate qua dentro – sorride Casadio –, basta un cenno del capo…». Il colpo di martello rimbomba nel capannone e sancisce l’aggiudicazione. Un acconto subito, il resto va saldato nei giorni successivi.

Cosa si può trovare? Oltre alle curiosità già ricordate, il repertorio della consuetudine non ha fine: basta guardarsi attorno per trovare padelle, biciclette, asciugamani, una cucina da ristorante, computer, stampanti, sedie, scrivanie, mobili, divani, lampadari, tavoli, un trapano industriale, berrette di lana, libri, quadri, cinture, una pelliccia, due chitarre, un aspiravolere, moto, auto, camion…

Labart, corsi fatti ad arte per crescere a tutte alle età

Al via un progetto didattico-culturale ideato da tre giovani donne a Ravenna. Open Night il 19 novembre

LabartSi chiama Labart, la nuova associazione ravennate che riunisce giovani docenti, professionisti, creativi ed esperti nei settori artistici, della comunicazione e della formazione, con l’obiettivo di avvicinare adulti, ragazzi e bambini al mondo della cultura e dell’arte. L’idea è partita da tre giovani donne: la presidente Angela Fabbri, docente di Storia dell’arte; la vice presidente Alessandra Carini, esperta in management degli eventi dello spettacolo; Giorgia Orioli, specializzata in Gestione archivio fotografico e ufficio stampa.

Nel fare prendere forma al progetto, fondamentale è stata la collaborazione con il Centro didattico Leon Battista Alberti, scuola privata attiva sul territorio da quasi trent’anni diretta da Francesca Fronzoni, ma anche sinergie con realtà quali Urban Fabrica Emilia Romagna. «Labart è un polo culturale – spiega la presidentessa Fabbri –, aperto a tutti, senza limiti di età o di competenze. Le nostre attività sono suddivise in tre sezioni: adulti, ragazzi e bambini, eventi e servizi culturali. Fa parte della prima sezione, la Scuola d’Arte per adulti che propone soprattutto percorsi di belle arti e arti visive, in collaborazione con diversi giovani artisti, fra cui il regista Gerardo Lamattina e il pittore Enrico Minguzzi, e docenti quali Agostino Galegati per le materie scientifiche. La seconda sezione ruota invece attorno alla gestione di un Doposcuola composto da laboratori creativi e multimediali, mentre la terza all’organizzazione di mostre d’arte, presentazioni di film e libri, conferenze e visite guidate».

Sarà presto attivo lo “Sportello dell’esperto“, utile orientamento formativo e professionale, dove ogni studente potrà avvalersi dell’esperienza dei docenti e dei professionisti di Labart. Con l’aiuto della psicologa Federica Consuelo Coco, si proporrà inoltre di dare supporto ai giovani nel loro processo di crescita e di formazione, nonché consulenza ai genitori e alle famiglie.

Diversi i corsi – della durata di 36 ore, con cadenza settimanale – in partenza da ottobre e poi dal prossimo gennaio: disegno artistico, pittura, fotografia di base, fotografia di genere, scrittura cinematografica, produzione e post produzione cinematografica, scultura, oreficeria. Il Doposcuola per bambini delle scuole elementari e medie è aperto tutti i giorni dalle 14 alle 19, fino a giugno (in estate, ci sarà il Cre-Attivo). Si terrà invece tra novembre e dicembre, quattro appuntamenti il sabato pomeriggio, “Il cavaliere azzurro“, laboratorio d’arte e storia dell’arte per bambini dai 6 agli 11 anni.

Per saperne di più, il prossimo 19 novembre è in programma una Open Night dalle 19, al Bon Ton di via Cavour, dove ci saranno anche mostre e presentazioni. Info dettagliate sul sito www.labartravenna.com

Labart, corsi fatti ad arte per crescere a tutte alle età

Al via un progetto didattico-culturale ideato da tre giovani donne a Ravenna. Open Night il 19 novembre

LabartSi chiama Labart, la nuova associazione ravennate che riunisce giovani docenti, professionisti, creativi ed esperti nei settori artistici, della comunicazione e della formazione, con l’obiettivo di avvicinare adulti, ragazzi e bambini al mondo della cultura e dell’arte. L’idea è partita da tre giovani donne: la presidente Angela Fabbri, docente di Storia dell’arte; la vice presidente Alessandra Carini, esperta in management degli eventi dello spettacolo; Giorgia Orioli, specializzata in Gestione archivio fotografico e ufficio stampa.

Nel fare prendere forma al progetto, fondamentale è stata la collaborazione con il Centro didattico Leon Battista Alberti, scuola privata attiva sul territorio da quasi trent’anni diretta da Francesca Fronzoni, ma anche sinergie con realtà quali Urban Fabrica Emilia Romagna. «Labart è un polo culturale – spiega la presidentessa Fabbri –, aperto a tutti, senza limiti di età o di competenze. Le nostre attività sono suddivise in tre sezioni: adulti, ragazzi e bambini, eventi e servizi culturali. Fa parte della prima sezione, la Scuola d’Arte per adulti che propone soprattutto percorsi di belle arti e arti visive, in collaborazione con diversi giovani artisti, fra cui il regista Gerardo Lamattina e il pittore Enrico Minguzzi, e docenti quali Agostino Galegati per le materie scientifiche. La seconda sezione ruota invece attorno alla gestione di un Doposcuola composto da laboratori creativi e multimediali, mentre la terza all’organizzazione di mostre d’arte, presentazioni di film e libri, conferenze e visite guidate».

Sarà presto attivo lo “Sportello dell’esperto“, utile orientamento formativo e professionale, dove ogni studente potrà avvalersi dell’esperienza dei docenti e dei professionisti di Labart. Con l’aiuto della psicologa Federica Consuelo Coco, si proporrà inoltre di dare supporto ai giovani nel loro processo di crescita e di formazione, nonché consulenza ai genitori e alle famiglie.

Diversi i corsi – della durata di 36 ore, con cadenza settimanale – in partenza da ottobre e poi dal prossimo gennaio: disegno artistico, pittura, fotografia di base, fotografia di genere, scrittura cinematografica, produzione e post produzione cinematografica, scultura, oreficeria. Il Doposcuola per bambini delle scuole elementari e medie è aperto tutti i giorni dalle 14 alle 19, fino a giugno (in estate, ci sarà il Cre-Attivo). Si terrà invece tra novembre e dicembre, quattro appuntamenti il sabato pomeriggio, “Il cavaliere azzurro“, laboratorio d’arte e storia dell’arte per bambini dai 6 agli 11 anni.

Per saperne di più, il prossimo 19 novembre è in programma una Open Night dalle 19, al Bon Ton di via Cavour, dove ci saranno anche mostre e presentazioni. Info dettagliate sul sito www.labartravenna.com

Ruggero Sintoni: «La nostra è una rete di teatri, non un circuito commerciale»

Lo storico fondatore di Accademia Perduta/Romagna Teatri – assieme a Claudio Casadio – dirige 12 stagioni tra cui Faenza e Bagnacavallo

Ruggero SintoniDirige dodici stagioni in diversi teatri dell’Emilia-Romagna, tra cui quelle di Bagnacavallo, Cervia, Faenza, indossa occhiali dalla montatura bianca e parla con una voce scavata da troppe sigarette. Ruggero Sintoni è un “pezzo grosso” però non manca di senso critico e di autoironia. Virtù che traspare subito dalla originale scelta che ha fatto per la collocazione del suo ufficio, ovvero l’ex-bagno della casa del custode del teatro Goldoni di Bagnacavallo. Accanto alla scrivania di Sintoni campeggia un grande manifesto su cui compare il suo nome sotto a quello di un grande del teatro italiano appena scomparso, Dario Fo.

Ruggero, che ricordi ha del maestro?
«Moltissimi, per me lui e Franca Rame furono come due genitori adottivi e con loro ho collaborato per quindici anni. Ricordo la prima volta che li ospitammo, lui viveva negli Usa e minacciava di non tornare più in Italia. Amava i colpi di teatro. Lo convincemmo a venire a Casola e trovò 5mila persone ad aspettarlo. Era il 1986 e io ero ancora alle prime armi. Ho un bellissimo ricordo del laboratorio che condusse a Cesenatico Franca Rame nel 1992. Era per attrici straniere che volevano mettere in scena i testi suoi e di Dario. C’erano attrici dalla Turchia e dall’Iran, è strano pensare che oggi i loro testi sono vietati in quei paesi».

Dario e Franca avevano spesso trovate inaspettate sul palco, è vero?
«Una sera dopo che Dario aveva vinto il Nobel, Franca interruppe uno spettacolo a Faenza. Avanzò a proscenio e disse che non si sentiva bene. Mi venne un colpo, pensai “cosa succede!?”. Poi lei disse “Scusate, ma pensare che venimmo qui venti anni fa con Dario a recitare davanti a cento persone e ora siete così tanti mi commuove”. Il teatro scoppiò in un fragoroso applauso. Poi rifece la stessa interruzione la sera dopo, e quella dopo ancora. La settimana dopo mi chiamò un amico da Rimini e mi disse “sai ieri sera Franca ha interrotto lo spettacolo perché…” e io conclusi la frase “era commossa perché era stata lì in scena con Dario venti anni fa, eccetera”. E Lui mi chiese “Come fai a saperlo?”. Lo faceva ogni sera! Se non è un gran pezzo di teatro questo! Erano geniali!»

Sintoni FoDario Fo inaugurò la vostra prima stagione del Masini nel ’94 la prima a Bagnacavallo fu con De Andrè, insomma siete partiti bene, e adesso come è gestire così tanti teatri assieme? Non si rischia di uniformare le stagioni?
«Abbiamo creato una rete di teatri unica in Italia. La rete non è un circuito, come avviene con i supermercati che comprano tanti prodotti uguali e li pagano meno. Noi facciamo programmazioni diverse in ogni teatro, ma risparmiamo perché abbiamo in comune il personale di organizzazione, la direzione, l’ufficio stampa, eccetera».

Negli ultimi anni come Accademia Perduta vi siete caratterizzati con diverse produzioni per adulti, dopo molti anni di spettacoli di teatro ragazzi, come mai?
«Dopo il successo del film L’uomo che verrà in cui Claudio Casadio recitava, Massimo Carlotto, che era rimasto colpito dalla sua interpretazione, ha deciso di scrivere qualcosa per lui, così sono nati i primi due spettacoli scritti da Carlotto e poi il nuovo scritto da Claudio Fava. Ora, come puoi vedere, ho la scrivania piena di copioni… Però continuiamo anche a fare teatro ragazzi, abbiamo infatti sei formazioni che produciamo continuativamente».

Qual è la vostra politica di gestione dei teatri?
«Cerchiamo di restituire alla città quello che ci ha dato. Il teatro viene finanziato con i soldi dei cittadini, questo non bisogna mai dimenticarlo, quindi credo sia necessario evitare integralismi nella scelta dei linguaggi facendo programmazioni che comprendono gusti diversi e collaborando con le realtà del territorio. A Forlì per esempio collaboriamo alla realizzazione del programma con Masque e Città di Ebla, importanti realtà della ricerca teatrale: questo permette di vedere a teatro compagnie particolari come La Veronal o David Espinosa, ma anche Niccolò Fabi. A Faenza abbiamo riaperto alla città il Ridotto, che dal 1862 era di un circolo privato, così da avere anche uno spazio per il contemporaneo».

Come vede la situazione teatrale a Ravenna, dove organizzate la stagione del Comico al Teatro Alighieri?
«Credo che non abbia senso parlare di Ravenna come città a sé, ma di Romagna. La Romagna è connotata da molte realtà produttive, compagnie come Raffaello Sanzio, Valdoca, Motus, eccetera. Se ci sediamo al tavolo assieme e parliamo di linguaggio teatrale possiamo anche scorticarci, ma se si parla di “fare cultura” riusciamo sempre a collaborare».

Ruggero SintoniNei vari teatri che gestite avete sempre partecipato a bandi?
«Sì, tranne a Ravenna e Meldola, dove ci sarà il bando il prossimo anno».

Lei è anche direttore dell’Agis regionale. Fare bandi per i teatri è obbligatorio? Come si è trovato ad essere esaminato a sua volta da una commissione?
«Secondo me i bandi non sono strettamente obbligatori. In generale per l’ente pubblico fare bandi è consueto, ma per quanto riguarda l’arte questo obbligo può venire meno, lo dice una normativa europea e in qualche modo lo ribadisce anche la legge 13 della Regione Emilia-Romagna».

In che senso “secondo me”? O sono obbligatori o non lo sono…
«Nel senso che per legge potrebbero non essere obbligatori, ma secondo molte Amministrazioni lo sono per seguire un’ottica di trasparenza».

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di queste gare?
«Credo che possa non avere senso fare concorsi perché l’arte non può essere giudicata con gli stessi parametri di risparmio che invece ha senso applicare per i detersivi con cui si puliscono i pavimenti degli ospedali. Se un Ente Pubblico vuole un quadro di Kounellis o Palladino non puoi dargli un altro artista dicendo che costa meno: l’arte si giudica con altri parametri. Dall’altra parte vincere un bando dà alla direzione artistica un’autorevolezza ulteriore. Bisogna però chiarire che i bandi dovrebbero partire dalla storia di un teatro e non come se quei teatri non ne avessero una, soprattutto produttiva».

In che senso?
«Non si può pensare di riportare il Rasi o l’Alighieri a prima degli anni ’80, tornare a trent’anni fa, bisogna tenere conto di tutto quello che è successo nel frattempo. Si possono mettere a gara le gestioni dei luoghi, ma non delle politiche culturali. Il rischio è che succeda come al teatro di Longiano dove il bando era vago e non si è presentato nessuno… Però quando c’è un bando di mezzo non ci sono sicurezze, può succedere di tutto».

De Pascale prima di essere sindaco di Ravenna era assessore a Cervia, lei ha collaborato con lui in diverse occasioni quando era amministratore pubblico, cosa si aspetta dalle politiche culturali della sua Giunta?
«Ho buone aspettative. Come assessore è stato molto dinamico e ha inventato iniziative molto interessanti come il Centenario di Milano Marittima. Cervia in un momento di congiuntura economica e turistica è stata un’ottima palestra per un amministratore. Credo inoltre che abbia creatività e conoscenza della politica: potrebbe osare programmi sia di innovazione che di valorizzazione della tradizione utili per una città d’arte come Ravenna».

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