venerdì
22 Agosto 2025

Nel furgone 12 gattini clandestini 27mila euro di verbali per un 25enne

Controllo al casello autostradale e i poliziotti hanno sentito i miagolii Gli animali in pessime condizioni igieniche erano partiti dalla Romania

Era un controllo di routine ai documenti di un furgone con targa romena in transito dal casello dell’autostrada A14 a Faenza ma gli agentili della polizia stradale del distaccamento locale si sono accorti di un miagolio continuo proveniente dal vano di carico del veicolo: 12 gattini trasportati in pessime condizioni igienico-sanitarie con documentazione risultata falsa. Il conducente, un 25enne romeno (F. S. le iniziali), ha accumulato una sfilza di verbali per diverse infrazioni per un totale di circa 27mila euro. I gattini, diretti nel Pescarese, sono stati sequestrati e affidati all’associazione Amici degli Animali di Ravenna per tutta la profilassi sanitaria e per l’eventuale futuro affidamento.

A prima vista i gattini dimostravano avere 8/10 settimane di vita ma i “passaporti per animali” rilasciati dalle competenti autorità rumene, esibiti da S.F. che sosteneva fossero di sua proprietà, indicavano un’età di 5/6 mesi. La polizia ha quindi richiesto l’intervento del veterinario dell’Ausl che confermava la differenza fra età dei cuccioli ed età indicata sul passaporto, e appurava inoltre l’assenza dei previsti microchip di identificazione, escludendo, pertanto, che i passaporti esibiti appartenessero agli animaletti.

Trattandosi di un trasporto da considerare “commerciale” perché il numero degli animali da compagnia supera le 5 unità e vista la totale assenza di elementi di identificazione dei gattini (microchip e passaporto), la polstrada ha contestato 12 infrazioni da 1.333,33 ciascuna per l’importanziane di gatti inferiori alle 12 settimane privi di documenti di identificazione; 7 infrazioni (una da duemila euro, due da mille e tre 1.333,33) perché le gabbie di trasporto non erano solidamente fissate durante il trasporto, la mancanza delle istruzioni scritte in merito a beveraggio, nutrizione e cura degli animali, e la mancata autorizzazione al trasporto di animali vivi; altre 2 violazioni al Codice della Strada per complessivi euro 889,00 e una violazione da duemila euro per il trasporto internazionale non autorizzato. Il romeno è stato denunciato per la falsificazione dei passaporti e il furgone è stato sequestrato.

E55, al via il piano per la riqualificazione «Ma è prioritaria la Alfonsine-Ferrara»

Manutenzione straordinaria dell’Anas: 540 milioni di euro tra Cesena e Mestre. In corso lo studio per il raddoppio della Romea a Ravenna

Risanamento profondo della pavimentazione, nuove barriere di sicurezza e antirumore, ammodernamento di viadotti e gallerie, ma anche varianti al tracciato, miglioramento di accessi e incroci e realizzazione di nuovi impianti tecnologici per l’assistenza agli automobilisti: Anas ha avviato un vasto piano di manutenzione straordinaria per la riqualificazione dell’itinerario E45-E55 Orte-Mestre del valore di 1,6 miliardi di euro.

La prima parte del piano, per un investimento complessivo di 540 milioni, riguardante la tratta E55 da Cesena a Mestre, è stata presentata oggi dal presidente Anas Gianni Vittorio Armani e dal ministro alle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio, in occasione dell’apertura al traffico della tangenziale Ovest di Ferrara. Già avviata la prima gara d’appalto da 55 milioni di euro che riguarda sia la E45 che la E55. Nel 2016 sono previsti nuovi bandi per il piano di riqualificazione e potenziamento dell’intero itinerario pari a 245 milioni di euro.

Nel primo tratto da Cesena a Ravenna (29 km a quattro corsie su due carreggiate separate) saranno eseguiti interventi di risanamento della pavimentazione, miglioramento della segnaletica e delle barriere di sicurezza, realizzazione di barriere antirumore e di pannelli tecnologici per l’assistenza e l’informazione ai clienti stradali. Nel secondo tratto, da Ravenna al confine con il Veneto (56 km a due corsie su unica carreggiata), sono previsti interventi per la risoluzione delle intersezioni pericolose, eliminazione degli accessi critici, adeguamento delle corsie di accesso alle aree di servizio, introduzione di spazi per le fermate del trasporto pubblico, individuazione di percorsi alternativi per i casi di emergenza, realizzazione di passerelle pedonali e potenziamenti puntuali di alcuni tratti della direttrice. È inoltre in corso lo studio di fattibilità del completamento della tangenziale di Ravenna, attraverso il raddoppio del primo tratto della Ss 309 “Romea”, di circa 6 km, per un costo stimato di circa 36 milioni di euro.

Anas ha già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il primo bando di gara d’appalto, per un investimento complessivo di 55 milioni di euro. I lavori riguarderanno principalmente il risanamento profondo del piano viabile e il rinforzo della pavimentazione, ma anche le barriere di sicurezza, il ripristino delle banchine laterali, la sistemazione idraulica della piattaforma stradale e la segnaletica orizzontale e verticale. L’appalto è suddiviso in tre lotti: 21 milioni di euro sono destinati al lotto umbro (strada statale 675 “Umbro Laziale” e strada statale 3bis “Tiberina” dal confine con il Lazio al confine con la Toscana); 21 milioni di euro per il lotto tosco-emiliano (strada statale 3bis “Tiberina” e strada statale 309 “Romea” dal confine con l’Umbria al confine con il Veneto); 13 milioni per il lotto veneto (strada statale 309 “Romea” dal confine con l’Emilia Romagna fino a Mestre).

Sempre nell’anno in corso, per la E55, è previsto l’avvio di ulteriori bandi di gara per un valore di investimento pari a 105 milioni di euro per interventi relativi a pavimentazioni, segnaletica, barriere, pannelli tecnologici per l’assistenza e l’informazione ai clienti stradali. Parallelamente saranno approfonditi e completati i progetti relativi ad ulteriori interventi quali la risoluzione delle intersezioni pericolose.

«Siamo soddisfatti del piano di manutenzione straordinaria per la riqualificazione dell’itinerario E45-E55 – ha commentato l’assessore comunale di Ravenna Roberto Fagnani –. Ma soprattutto voglio sottolineare quanto ha affermato il presidente Bonaccini a margine del suo intervento sulla necessità di realizzare la Ferrara-mare nel tratto Alfonsine-Ferrara. Queste parole ci fanno ben sperare sulla futura realizzazione di questa opera viaria così importante per il nostro territorio».

«Anche la zona dantesca di Ravenna sia patrimonio Unesco dell’umanità»

La richiesta in una lettera inviata alla commissione nazionale

Anche la zona dantesca di Ravenna diventi patrimonio dell’umanità Unesco. È la richiesta contenuta in una lettera inviata al presidente della commissione nazionale per l’Unesco firmata dal sindaco Fabrizio Matteucci, dall’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni, dal responsabile del Centro Minore Conventuale dei Frati Francescani Egidio Monzani, dal presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna Lanfranco Gualtieri e dal presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna Antonio Patuelli. Seguirà un’altra lettera di sostegno alla proposta del Soprintendente alle Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, architetto Giorgio Cozzolino.

La zona – definita anche “del silenzio – è quella che comprende la Tomba di Dante, il Quadrarco di Braccioforte, gli antichi chiostri francescani (sede anche del museo e del centro dantesco dei Frati Minori Conventuali) e la basilica di San Francesco con il suo sagrato e la sua piazza.

Al momento, come noto, sono otto i monumenti Unesco di Ravenna: la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile e il Mausoleo di Teoderico.

L’Unesco è l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata nel 1945 con lo scopo di promuovere “la pace e la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione”.

Qui sotto tra gli allegati la lettera inviata alla commissione.

«Anche la zona dantesca di Ravenna sia patrimonio Unesco dell’umanità»

La richiesta in una lettera inviata alla commissione nazionale

Anche la zona dantesca di Ravenna diventi patrimonio dell’umanità Unesco. È la richiesta contenuta in una lettera inviata al presidente della commissione nazionale per l’Unesco firmata dal sindaco Fabrizio Matteucci, dall’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni, dal responsabile del Centro Minore Conventuale dei Frati Francescani Egidio Monzani, dal presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna Lanfranco Gualtieri e dal presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna Antonio Patuelli. Seguirà un’altra lettera di sostegno alla proposta del Soprintendente alle Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, architetto Giorgio Cozzolino.

La zona – definita anche “del silenzio – è quella che comprende la Tomba di Dante, il Quadrarco di Braccioforte, gli antichi chiostri francescani (sede anche del museo e del centro dantesco dei Frati Minori Conventuali) e la basilica di San Francesco con il suo sagrato e la sua piazza.

Al momento, come noto, sono otto i monumenti Unesco di Ravenna: la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile e il Mausoleo di Teoderico.

L’Unesco è l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata nel 1945 con lo scopo di promuovere “la pace e la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione”.

Qui sotto tra gli allegati la lettera inviata alla commissione.

A tu per tu con i candidati a sindaco Al via gli aperitivi di Ravenna&Dintorni

Giovedì si parte con Bucci, poi Sutter, De Pascale e Alberghini
Il 26 maggio confronto “all’americana” allo Chalet dei giardini

Li stiamo seguendo sul giornale e sul sito internet, li stiamo intervistando sui temi più svariati mettendo ogni settimana a confronto le loro risposte e ora li incontreremo anche di persona. Dal 24 marzo iniziamo infatti un ciclo di aperitivi con i candidati sindaci. Quattro incontri singoli (e non più cinque, almeno per il momento, non essendoci più in campo il Movimento 5 Stelle) prima del confronto finale all’americana il 26 maggio con i giornalisti della nostra redazione.

Cominceremo da Maurizio Bucci, candidato della lista civica La Pigna, imprenditore, un passato in consiglio comunale con diverse forze politiche nell’ambito del centrodestra, una “carriera” da oppositore al potere del Pd. Lo incontreremo al caffé Nazionale di piazza del Popologiovedì prossimo, 24 marzo, a partire dalle 18 – gli faremo domande sul suo progetto di città, sulla sua candidatura, sulla sua idea di politica e impegno civico.

La seconda ospite sarà Raffaella Sutter, candidata di Ravenna in Comune, il 7 aprile al Fellini Scalinocinque di piazza Kennedy, a cui seguirà Michele De Pascale, segretario del Pd nonché candidato del centrosinistra, il 14 aprile al Mariani Lifestyle. Per conoscere di persona lo sfidante sostenuto da Lega Nord e Lista per Ravenna (e pare ormai certo anche Forza italia) Massimiliano Alberghini aspetteremo invece fino al 28 aprile.

Infine, stiamo lavorando a un confronto all’americana tra tutti i candidati il 26 maggio, sempre all’orario dell’aperitivo, allo Chalet dei giardini pubblici di Ravenna: poche domande per tutti e tempi prestabiliti per la risposta in vista del rush finale della campagna elettorale.

Il nostro obiettivo è naturalmente quello di offrire ai nostri lettori l’occasione di una conoscenza anche dal “vivo” degli uomini (e della donna) che si propongono alla guida della città a una scadenza elettorale così importante che segna la fine dei dieci anni di Fabrizio Matteucci. Situazioni informali, in alcuni dei più noti e accoglienti locali del centro città dove fermarsi, dopo l’incontro, per chi lo desidera a prendere magari un aperitivo a prezzo speciale, diciamo un “prezzo politico”, per restare in tema.

Per chi volesse suggerire eventuali domande che saranno poi vagliate dalla redazione l’indirizzo resta: redazione@ravennaedintorni.it.

Riverso: «Sui problemi del lavoro la politica locale poteva fare di più»

Il giudice ora è alla Cassazione, ospite a un incontro
organizzato da Ravenna in Comune

Protagonista per anni della vita del tribunale di Ravenna come giudice del lavoro, Roberto Riverso, a soli 55 anni è stato chiamato a Roma alla Corte di cassazione, Sezione lavoro. Lo abbiamo incontrato a margine di un incontro su dignità e legalità nel lavoro organizzato da Ravenna in Comune, la lista civica che riunisce le varie anime della sinistra e candida a sindaco Raffaella Sutter, in alternativa al Pd (vedi il resoconto tra i correlati).

Giudice Riverso, innanzitutto, un commento sul suo incarico a Roma?
«Si tratta di un lavoro difficile; però molto gratificante perché la Corte di Cassazione parla a tutta l’Italia, assicura la corretta ed uniforme applicazione della legge e le sue sentenze vanno rispettate da tutto il Paese. Questo implica una grande assunzione di responsabilità perche i giudici della Cassazione per conquistarsi il rispetto devono argomentare le proprie tesi con giustizia, equilibrio, autorevolezza».

Le manca il lavoro che faceva qui?
«Mi manca certamente; anche Ravenna. Ci ho lasciato il cuore in trent’anni di cause di ogni tipo nella nostra provincia».

Come va letta la sua presenza all’iniziativa di una forza politica in campagna elettorale?
«I giudici non vivono sulla luna e, con le loro diverse opzioni culturali e ideologiche, hanno il diritto di intervenire liberamente nel dibattito pubblico su temi eticamente e politicamente sensibili; com’è un confronto sulla legalità del lavoro nella città in cui si vive. Un tema molto trascurato in campagna elettorale e di cui si parla solo in modo distorto, secondo me. C’è soltanto una narrazione di governo e di potere, che riduce le persone a cifre, a numeri; e che, a mio avviso, deforma la realtà».

E quale è la realtà che vede lei?
«È ancora durissima; ed è fatta di milioni di persone che lavorano in nero, con lavoro sottoprotetto e di un’ampia fascia di lavoratori, sia autonomi sia subordinati, che non hanno sostanzialmente diritti, soprattutto nelle piccole imprese. Senza contare le persone che ormai hanno rinunciato a cercare un impiego».

Il suo giudizio sul livello politico nazionale è netto, ma sul piano locale crede che la politica potrebbe fare qualcosa? E c’è qualcosa che non ha fatto negli anni in cui ha lavorato a Ravenna?
«Non mi pare che i problemi del lavoro siano stati al centro dell’agenda politica di chi ha governato Ravenna negli ultimi anni. Non ho notato vicinanza ai problemi del lavoro, della sicurezza, del reddito dignitoso. Diciamo che si poteva fare di più. E ci sono stati silenzi assordanti su fatti di rilievo. Ma questo non deve meravigliare, perché il lavoro ha perso di peso politico in tutto il Paese».

Come se lo spiega?
«Il lavoro non è più un fattore culturalmente e politicamente aggregante: manca un soggetto politico che faccia del lavoro l’elemento propulsivo per un progetto di società più giusta che metta al centro il rispetto delle persone ed il tema del contrasto alle diseguaglianze, che anzi sono sempre più nette grazie a vent’anni di liberismo sfrenato. Anni in cui è prevalsa l’idea che togliere diritti e tutele possa assicurare il progresso sociale e non sia invece la causa stessa della crisi sociale ed economica che a toccato il suo culmine negli ultimi dieci anni. Ma se le forze progressiste non fanno dell’uguaglianza, delle politiche redistributive l’oggetto principale della loro azione, vuol dire che hanno smarrito il loro stesso motivo di esistere; ed è per questo che perdono consensi».

Tentazioni di una carriera politica?
«La politica, la più nobile dell’attività umane, deve essere fatta da chi ha a cuore le sorti degli altri. E per lo stretto tempo necessario. Non è un mestiere da riservare ad ambiziosi in cerca di una carriera».

Plastica, pneumatici e un televisore 80 persone ripuliscono Lido di Dante

Metti un gruppo di volontari una domenica sulla spiaggia del sommo poeta. Grandi e piccini a raccogliere rifiuti 

Le immancabili bottiglie di plastica, le retine da cozze e i residui di cassette di polistirolo, poi pneumatici, vetro, lattine e addirittura un televisore. Hanno trovato di tutto i circa ottanta volontari che domenica 20 marzo hanno ripulito la spiaggia di Lido di Dante nell’ambito della manifestazione “Ripuliamo la spiaggia del Sommo Poeta” che fa parte delle iniziative oceaniche di Surfrider Foundation. I volontari ringraziano tutti coloro che hanno partecipato all’iniziativa, gli organizzatori Christian Baldini e Gianluca Ferrini, i ragazzi del Downtown pub di Ravenna, Roberto Mocchegiani e Marcello Moretti, e la collaborazione del comitato cittadino di Lido di Dante, Hera Ravenna e Legambiente.

Arrestato il maestro dei furti nelle case Era fuggito buttandosi da un’auto in corsa

I carabinieri lo ricercavano da tempo. Nelle ultime 48 ore la fuga rocambolesca su una vettura rubata poi la cattura in strada 

Nella notte tra giovedì e venerdì è riuscito a evitare la cattura lanciandosi dall’auto rubata che stava guidando lasciando che finisse fuori strada e si era dileguato a piedi nelle campagne delle saline di Cervia ma due giorni dopo hanno avuto la meglio i carabinieri: un 42enne romeno (C. A. le iniziali) è in stato di fermo perché ritenuto l’autore di numerosi furti in appartamento compiuti nella zona cervese nell’ultimo periodo.

L’ultimo episodio proprio giovedì sera in via dei Cosmonauti a Pinarella: i militari del nucleo operativo radiomobile l’hanno visto scappare a bordo di una Kia Pikanto rubata il 27 febbraio in via Eraclito. Braccato dalla gazzella dei carabinieri non ha esitato ad abbandonare il mezzo ancora in marcia facendone terminare la corsa rovinosamente fuori strada. La notte successiva, riconosciuto dai carabinieri nei pressi del Ponte delle Paratoie, ha tentato nuovamente la fuga ma è finito in manette. Dopo una notte in caserma in cella di sicurezza, è stato portato in carcere a Ravenna in attesa dell’udienza di convalida del provvedimento di fermo.

Terrorismo, addestratore indagato Avrebbe insegnato l’uso di armi e bombe

È un 30enne con permesso di soggiorno dal 2013. Lavorava per una coop di servizi. Si trova in carcere per violenza sessuale

Un 30enne pachistano residente a Ravenna è indagato dalla direzione distrettuale antimafia (Dda) di Bologna con l’accusa di avere addestrato o fornito istruzioni per compiere atti di violenza con finalità terroristiche tramite l’uso di esplosivi e armi almeno fino all’8 febbraio. Lo si legge sul sito internet dell’agenzia Ansa.

Il pachistano, con moglie e figli, faceva l’operaio in una cooperativa ravennate di servizi e dal settembre 2013 ha un permesso di soggiorno ma dal novembre 2014 si trova ai domiciliari dopo l’arresto dei carabinieri avvenuto per violenza sessuale su una prostituta, presumibilmente costretta a un rapporto sessuale non protetto sotto la minaccia di un coltello. Per questo il 30enne è stato condannato a quattro anni e mezzo, ridotti a due anni e otto in appello ed è ora in attesa della Cassazione. È indagato alla luce della consulenza tecnica disposta sul materiale informatico sequestrato dalla Digos il 9 marzo a casa sua.

Alberghini apre ai grillini senza lista «Ogni risorsa non deve essere dispersa»

Il candidato di Lega-Lpr vede una base comune tra le due realtà
di opposizione: «Pronti a incontrarci e ascoltare i cinquestelle»

«Abbiamo una base comune, già sperimentata, in importanti sensibilità: prime tra tutte sulla piena trasparenza delle istituzioni pubbliche, sul valore irrinunciabile della legalità, sulla lotta alla corruzione, ai clientelismi, allo strapotere e all’invasione della politica nell’economia e nella società. Ogni risorsa politica ed umana della nostra comunità non deve essere dispersa». È un messaggio di apertura quello che Massimiliano Alberghini, candidato sindaco a sostenuto da Lega Nord e Lpr, indirizza ai grillini rimasti orfani di lista. Come noto infatti lo staff centrale dei Cinquestelle ha deciso che a Ravenna non presenterà il simbolo.

Alberghini, 50enne commercialista che scende in politica per la prima volta, esprime solidarieta a chi aveva lavorato con impegno per preparare una lista M5s: «Si riducono, obiettivamente, gli spazi di una competizione aperta e partecipata che sono il sale della democrazia. Gli attivisti e gli esponenti del Movimento avrebbero potuto arricchire il dibattito, contribuendo a qualificarlo».

Ma anche senza una lista in campo, Alberghini è convincto che «nelle diverse forme di partecipazione dei cittadini al presidio delle proprie istituzioni, non mancherà, già in questa delicata e forse storica fase di formazione del nuovo governo della città, il loro diretto e consapevole coinvolgimento alla formazione delle idee e delle mozioni in campo». Ecco perché, «a prescindere dalle diverse e finanche diametralmente opposte convinzioni politiche», si dice pronto a incontrare e ascoltare attentamente, dirigenti, militanti e simpatizzanti dei 5 Stelle: «Facciamo parte tutti di quelli che sono convinti che, dopo mezzo secolo di ininterrotto governo di una città, che inevitabilmente produce sempre deleterie incrostazioni di interessi, mettere alla prova una proposta, almeno dignitosa, di alternanza sia preferibile all’immutabile».

Greenpeace: «Le trivelle inquinano» Eni: «Gas estratto rispettando l’ambiente»

L’Ong ambientalista segnala anche superamenti nei monitoraggi
delle cozze raccolte sulle piattaforme. Il Paguro smentisce

«Le trivelle sono impianti inquinanti: dove esistono dei limiti di legge da rispettare risulta che buona parte delle piattaforme offshore non rispetta tali limiti». Nel vasto dibattito nato attorno alle estrazioni in mare, in vista del referendum del 17 aprile sulla durata delle concessioni entro le dodici miglia, interviene anche Greenpeace e lo fa diffondendo un rapporto (scaricabile in versione integrale dal link in fondo alla pagina) che prende in considerazioni i dati richiesti e ottenuti dal ministero dello Sviluppo economico (Mise). Ma alla posizione espressa dalla Ong ambientalista risponde direttamente Eni, proprietaria delle piattaforme oggetti delle analisi: «Non vi sono criticità per l’ecosistema marino riconducibili alle attività di produzione di idrocarburi in nessuna delle matrici ambientali monitorate» (anche la nota integrale di Eni è in fondo alla pagina in formato pdf).

A luglio Greenpeace ha richiesto al Mise i dati 2012-13-14 relativi ai monitoraggi ambientali effettuati in prossimità delle piattaforme offshore nei mari italiani. Delle oltre 130 piattaforme operanti sono stati consegnati a Greenpeace solo i dati relativi ai piani di monitoraggio delle piattaforme attive in Adriatico che scaricano direttamente in mare, o iniettano/reiniettano in profondità, le acque di produzione. Si tratta di 34 impianti (33 nel 2012 e 2014) che estraggono gas, tutti di proprietà di Eni. I monitoraggi sono realizzati da Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente) con la committenza di Eni e prevedono analisi chimico-fisiche su campioni di acqua, sedimenti marini e mitili (le comuni cozze) che crescono nei pressi delle piattaforme. «Dal lavoro di sintesi e analisi di questi dati emerge un quadro per lo meno preoccupante». Ad esempio, dice Greenpeace, «l’analisi della presenza di sostanze chimiche, tossiche e pericolose per la salute nei tessuti delle cozze raccolte in prossimità delle piattaforme ha mostrato evidenti criticità».

«A seconda degli anni considerati, il 76 percento (2012), il 73,5 (2013) e il 79 (2014) delle piattaforme presenta sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Tra i composti che superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli Standard di Qualità Ambientale (o Sqa, definiti nel DM 56/2009 e 260/2010) fanno parte alcuni metalli pesanti e alcuni idrocarburi». La risposta di Eni delinea invece un quadro diverso: «È necessario precisare che i limiti presi inconsiderazione da Greenpeace per le sostanze oggetto di monitoraggio non rappresentano limiti di legge definiti per valutare l’eventuale inquinamento derivante da una specifica attività antropica. Tali valori sono utilizzati da Ispra come riferimento tecnico nelle relazioni di monitoraggio dell’ecosistema marino circostante le piattaforme unicamente per valutarne le eventuali alterazioni, sulla base di un confronto con standard di qualità utilizzati per aree incontaminate. I limiti presi a riferimento da Greenpeace, ossia gli Standard di Qualità Ambientale, sono utilizzati per definire una classificazione comune a livello europeo circa lo stato di salute di un ambiente incontaminato in corpi idrici superficiali e riguarda, pertanto, le acque marine costiere all’interno della linea immaginaria distante 1 miglio nautico (circa 1,8 km) dalla linea di costa, mentre tutte le 34 piattaforme, oggetto dell’analisi, sono ubicate ad una distanza dalla costa compresa tra 6 miglia (10,5 km) e 33 miglia (60 km). Circa quanto riportato da Greenpeace sull’inquinamento da idrocarburi nel Mediterraneo, è utile ricordare che studi effettuati da Università e Istituti scientifici evidenziano che per il 60 percento tale inquinamento deriva da scarichi civili e industriali e per il 40 percento dal traffico navale, che riversa in mare circa 150.000 ton/anno di idrocarburi. Insignificante, invece, l’apporto dell’attività petrolifera (meno dello 0,1 percento)».

C’è poi il capitolo cozze. «Gli inquinanti monitorati sono tre – scrive Greenpeace –: mercurio, esaclorobenzene ed esaclorobutadiene. Di queste tre sostanze solo il mercurio viene abitualmente misurato nei mitili nel corso dei monitoraggi ambientali. I risultati mostrano che circa l’86 percento del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio 2012-2014 superava il limite di concentrazione di mercurio identificato dagli Sqa». Ma anche su questo aspetto Eni respinge le accuse e a questa posizione si allinea quella di Giovanni Fucci, presidente dell’associazione Paguro: «La Cooperativa Pescatori di Ravenna è autorizzata alla raccolta e commercializzazione delle cozze per uso alimentare da parte della Regione Emilia Romagna ed i molluschi sono soggetti a continui controlli da parte della Asl sulla componente biologica, metalli e idrocarburi, prima dell’autorizzazione all’immissione sul mercato. La normativa sanitaria prevede analisi molto specifiche e dal 1991 vengono realizzate ogni anno circa 900 analisi per tutti gli impianti di allevamento mitili e piattaforme offshore presenti sul territorio regionale. Ispra confronta i risultati delle analisi sui mitili prelevati dalle piattaforme con le analisi effettuate su mitili cresciuti in aree incontaminate (Portonovo). Alla luce di tale confronto, sebbene i mitili che nascono sui piloni delle piattaforme presentino in alcuni casi concentrazioni di alcuni parametri superiori a quelli prelevati in aree incontaminate, Ispra conclude sulla base di anni di analisi che l’effetto sugli ecosistemi marini prossimi alle piattaforme non è significativo. Si può escludere che i mitili provenienti dalle piattaforme e commercializzati comportino alcun tipo di rischio per la salute delle persone».

Addirittura Fucci, presidente cooperativa allevamento mitili in mare, si spinge oltre: «Tutto il rapporto è costruito non su dati reali, rilevamenti effettuati, ma su congetture ed ipotesi pseudoscientifiche tese a dimostrare una loro verità. Le norme per la raccolta e/o l’allevamento dei mitili è soggetta a precise norme di carattere sanitario Reg.CE 852, 853, 854 del 2004 che prevedono specifiche analisi, metodi, tempi ed in particolare: settimanalmente prelievo di campioni di molluschi per effettuare analisi delle biotossine (Psp, Asp, Acido okadaico, Yessotossine, Azasparacidi); mensilmente prelievo di campioni di molluschi per analisi batteriologiche (Escherichiacoli, Salmonelle); semestralmente prelievo di campioni di molluschi per effettuare analisi chimiche (piombo, mercurio, cadmio). In presenza di risultati positivi viene emanato dalle autorità l’immediato divieto di raccolta e commercializzazione del prodotto per il consumo umano, servono almeno due ulteriori referti negativi per riprendere la raccolta del prodotto. La frequenza dei campionamenti, in presenza di positività, viene dimezzata. In 24 anni di campioni ed analisi per il rilevamento della presenza di prodotti chimici nelle cozze delle piattaforme offshore, solo nel 2015 è stato rilevato uno sforamento del valore di piombo presso una monotubolare (in attesa di ulteriori analisi), per tutte le altre analisi i parametri sono stati entro i limiti di legge e della normativa sanitaria nazionale e comunitaria in materia».

Greenpeace: «Le trivelle inquinano». Eni: «Gas estratto rispettando l’ambiente»

L’Ong ambientalista segnala anche superamenti nei monitoraggi delle cozze raccolte sulle piattaforme. Il Paguro smentisce

«Le trivelle sono impianti inquinanti: dove esistono dei limiti di legge da rispettare risulta che buona parte delle piattaforme offshore non rispetta tali limiti». Nel vasto dibattito nato attorno alle estrazioni in mare, in vista del referendum del 17 aprile sulla durata delle concessioni entro le dodici miglia, interviene anche Greenpeace e lo fa diffondendo un rapporto (scaricabile in versione integrale dal link in fondo alla pagina) che prende in considerazioni i dati richiesti e ottenuti dal ministero dello Sviluppo economico (Mise). Ma alla posizione espressa dalla Ong ambientalista risponde direttamente Eni, proprietaria delle piattaforme oggetti delle analisi: «Non vi sono criticità per l’ecosistema marino riconducibili alle attività di produzione di idrocarburi in nessuna delle matrici ambientali monitorate» (anche la nota integrale di Eni è in fondo alla pagina in formato pdf).

A luglio Greenpeace ha richiesto al Mise i dati 2012-13-14 relativi ai monitoraggi ambientali effettuati in prossimità delle piattaforme offshore nei mari italiani. Delle oltre 130 piattaforme operanti sono stati consegnati a Greenpeace solo i dati relativi ai piani di monitoraggio delle piattaforme attive in Adriatico che scaricano direttamente in mare, o iniettano/reiniettano in profondità, le acque di produzione. Si tratta di 34 impianti (33 nel 2012 e 2014) che estraggono gas, tutti di proprietà di Eni. I monitoraggi sono realizzati da Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente) con la committenza di Eni e prevedono analisi chimico-fisiche su campioni di acqua, sedimenti marini e mitili (le comuni cozze) che crescono nei pressi delle piattaforme. «Dal lavoro di sintesi e analisi di questi dati emerge un quadro per lo meno preoccupante». Ad esempio, dice Greenpeace, «l’analisi della presenza di sostanze chimiche, tossiche e pericolose per la salute nei tessuti delle cozze raccolte in prossimità delle piattaforme ha mostrato evidenti criticità».

«A seconda degli anni considerati, il 76 percento (2012), il 73,5 (2013) e il 79 (2014) delle piattaforme presenta sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Tra i composti che superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli Standard di Qualità Ambientale (o Sqa, definiti nel DM 56/2009 e 260/2010) fanno parte alcuni metalli pesanti e alcuni idrocarburi». La risposta di Eni delinea invece un quadro diverso: «È necessario precisare che i limiti presi inconsiderazione da Greenpeace per le sostanze oggetto di monitoraggio non rappresentano limiti di legge definiti per valutare l’eventuale inquinamento derivante da una specifica attività antropica. Tali valori sono utilizzati da Ispra come riferimento tecnico nelle relazioni di monitoraggio dell’ecosistema marino circostante le piattaforme unicamente per valutarne le eventuali alterazioni, sulla base di un confronto con standard di qualità utilizzati per aree incontaminate. I limiti presi a riferimento da Greenpeace, ossia gli Standard di Qualità Ambientale, sono utilizzati per definire una classificazione comune a livello europeo circa lo stato di salute di un ambiente incontaminato in corpi idrici superficiali e riguarda, pertanto, le acque marine costiere all’interno della linea immaginaria distante 1 miglio nautico (circa 1,8 km) dalla linea di costa, mentre tutte le 34 piattaforme, oggetto dell’analisi, sono ubicate ad una distanza dalla costa compresa tra 6 miglia (10,5 km) e 33 miglia (60 km). Circa quanto riportato da Greenpeace sull’inquinamento da idrocarburi nel Mediterraneo, è utile ricordare che studi effettuati da Università e Istituti scientifici evidenziano che per il 60 percento tale inquinamento deriva da scarichi civili e industriali e per il 40 percento dal traffico navale, che riversa in mare circa 150.000 ton/anno di idrocarburi. Insignificante, invece, l’apporto dell’attività petrolifera (meno dello 0,1 percento)».

C’è poi il capitolo cozze. «Gli inquinanti monitorati sono tre – scrive Greenpeace –: mercurio, esaclorobenzene ed esaclorobutadiene. Di queste tre sostanze solo il mercurio viene abitualmente misurato nei mitili nel corso dei monitoraggi ambientali. I risultati mostrano che circa l’86 percento del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio 2012-2014 superava il limite di concentrazione di mercurio identificato dagli Sqa». Ma anche su questo aspetto Eni respinge le accuse e a questa posizione si allinea quella di Giovanni Fucci, presidente dell’associazione Paguro: «La Cooperativa Pescatori di Ravenna è autorizzata alla raccolta e commercializzazione delle cozze per uso alimentare da parte della Regione Emilia Romagna ed i molluschi sono soggetti a continui controlli da parte della Asl sulla componente biologica, metalli e idrocarburi, prima dell’autorizzazione all’immissione sul mercato. La normativa sanitaria prevede analisi molto specifiche e dal 1991 vengono realizzate ogni anno circa 900 analisi per tutti gli impianti di allevamento mitili e piattaforme offshore presenti sul territorio regionale. Ispra confronta i risultati delle analisi sui mitili prelevati dalle piattaforme con le analisi effettuate su mitili cresciuti in aree incontaminate (Portonovo). Alla luce di tale confronto, sebbene i mitili che nascono sui piloni delle piattaforme presentino in alcuni casi concentrazioni di alcuni parametri superiori a quelli prelevati in aree incontaminate, Ispra conclude sulla base di anni di analisi che l’effetto sugli ecosistemi marini prossimi alle piattaforme non è significativo. Si può escludere che i mitili provenienti dalle piattaforme e commercializzati comportino alcun tipo di rischio per la salute delle persone».

Addirittura Fucci, presidente cooperativa allevamento mitili in mare, si spinge oltre: «Tutto il rapporto è costruito non su dati reali, rilevamenti effettuati, ma su congetture ed ipotesi pseudoscientifiche tese a dimostrare una loro verità. Le norme per la raccolta e/o l’allevamento dei mitili è soggetta a precise norme di carattere sanitario Reg.CE 852, 853, 854 del 2004 che prevedono specifiche analisi, metodi, tempi ed in particolare: settimanalmente prelievo di campioni di molluschi per effettuare analisi delle biotossine (Psp, Asp, Acido okadaico, Yessotossine, Azasparacidi); mensilmente prelievo di campioni di molluschi per analisi batteriologiche (Escherichiacoli, Salmonelle); semestralmente prelievo di campioni di molluschi per effettuare analisi chimiche (piombo, mercurio, cadmio). In presenza di risultati positivi viene emanato dalle autorità l’immediato divieto di raccolta e commercializzazione del prodotto per il consumo umano, servono almeno due ulteriori referti negativi per riprendere la raccolta del prodotto. La frequenza dei campionamenti, in presenza di positività, viene dimezzata. In 24 anni di campioni ed analisi per il rilevamento della presenza di prodotti chimici nelle cozze delle piattaforme offshore, solo nel 2015 è stato rilevato uno sforamento del valore di piombo presso una monotubolare (in attesa di ulteriori analisi), per tutte le altre analisi i parametri sono stati entro i limiti di legge e della normativa sanitaria nazionale e comunitaria in materia».

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