martedì
29 Luglio 2025

Fanghi dragaggi, il Pri ribadisce il no alle casse di colmata lungo le dighe 

L’Edera chiede a tutti un passo indietro per ricucire lo strappo
«L’opposizione insultava il presidente Ap e ora ne fa un paladino» 

«I Repubblicani considerano la soluzione delle casse a mare e nel Candiano una proposta irricevibile e da contrastare in ogni sede o di fronte a chiunque la riproponga». Il Pri, con un comunicato firmato dal segretario comunale Eugenio Fusignani e dal vicesindaco Giannantonio Mingozzi, ribadisce quanto già più volte pronunciato in diverse sedi pubbliche e ufficiali a proposito del progetto dell’Autorità portuale di Ravenna per la collocazione dei fanghi che verranno dragati dal fondale del porto quando partiranno i lavori. No alle casse di colmata da realizzare lungo le dighe foranee ma da qualche parte il materiale dovrà essere collocato e a tal proposito l’Edera si limite a dire che «riteniamo valido e urgente il lavoro che si sta compiendo in collaborazione con il Ministero competente per individuare subito nuove soluzioni per collocare gli escavi».

Come noto, sul porto è in corso un estenuante braccio di ferro che inizialmente coinvlgeva Ap da un lato e Confindustria dall’altro ma nel corso dei mesi sui due fronti si sono schierati altri soggetti della scena politica e istituzionale ravennate. «È sconcertante – dice anche il Pri – constatare come il presidente di Ap sia divenuto il paladino delle forze di opposizione: quelle stesse che fino a ieri lo hanno coperto di insulti e perfino denunciato in tribunale».

E sullo scontro in atto i Repubblicani si agurano che possa arrivare quanto prima un armistizio: «Il nostro appello è rivolto a tutti i partner più qualificati e impegnati nel sostenere le ragioni di investimento commerciali e occupazionali del porto, affinchè si faccia un passo indietro nelle polemiche, da qualsiasi parte provengano, e uno avanti nelle ragioni più costruttive. Il problema del nuovo assetto di vertice dell’Autorità portuale ce lo porremo quando sarà il momento. Lasciando ad ognuno le proprie valutazioni, appare ovvio che qualcuno debba aver cambiato idea e comportamenti, perchè la politica, anche la più avventurosa e fantasiosa, non può arrivare a simili spegiudicati contorsionismi».

Accoltellato in strada: prognosi 30 giorni Rissa dopo la disco, caccia agli altri tre

Il ferito è un 23enne ravennate. Scazzottata cominciata per futili motivi, forse una parola di tropo nel locale da ballo 

È di trenta giorni la prognosi per il 23enne di Roncalceci rimasto ferito, con una coltellata superficiale alla coscia destra, in una rissa scoppiata all’alba di Santo Stefano in pieno centro a Milano Marittima, nei pressi dell’incrocio tra via Gramsci e via Rismondi. I carabinieri di Cervia che indagano sulla vicenda sono sulle tracce degli altri tre protagonisti della scazzottata: i militari avrebbero già in mano le loro identità e si tratterebbe di un italiano e due albanesi.

Secondo quanto ricostruito finora la vicenda ha avuto origine all’interno di una vicina discoteca dove i quattro, tra loro conoscenti di vista, hanno passato la notte. Si erano incontrati prima di entrare e poi all’interno ci sono stati alcuni screzi, forse legati a qualche apprezzamento di troppo rivolto a una ragazza. Gli esatti contorni dei dissidi sono ancora da appurare. Poi all’esterno una volta usciti dal locale la situazione è precipitata fino alla coltellata.

A Riolo Terme trema la terra Lieve scossa di terremoto

Magnitudo 2.0 a 21 km di profondità nella notte tra Natale e Santo Stefano

Una lieve scossa di terremoto (magnitudo 2.0) è stata registrata dall’Istituto nazionale d geofisica e vulcanologia 41 minuti dopo la mezzanotte tra Natale e Santo Stefano a una profondità di 21 km nei pressi di Riolo Terme. La terra ha tremato per pochi istanti senza causare danni. I territori che maggiormente hanno percepito la scossa sono quelli verso l’Imolese.

Rissa in strada a Milano Marittima Accoltellato all’alba vicino alla rotonda

Quattro persone coinvolte. Il ferito ha 25 anni: non è in pericolo di vita. Carabinieri al lavoro per ricostruire le cause

Un 25enne è stato accoltellato a un gluteo durante una rissa scoppiata all’alba di Santo Stefano in strada a Milano Marittima nei pressi dell’incrocio tra via Gramsci e via Rismondi, a pochi passi dalla nota rotonda Primo Maggio. Il giovane ferito, uno dei quattro coinvolti nella scazzottata, è stato trasportato all’ospedale di Ravenna e non sarebbe in pericolo di vita. Sull’episodio stanno lavorando i carabinieri della locale compagnia per fare chiarezza su cause e responsabilità.

Seguiranno maggiori informazioni.

Brucia il ristorante Ca’ Rossi da Topo «Speriamo di riaprire per Pasqua»

Fiamme nella notte di Natale: pompieri impegnati per 7 ore Il fratello di uno dei soci salvato dall’allarme antifurto

Un incendio di vaste proporzioni ha interessato parte dei locali del ristorante Ca’ Rossi da Topo a Savio: le fiamme si sono sviluppate nella notte di Natale partendo dalla veranda anteriore per poi propagarsi al gazebo adiacente, il fumo e il calore hanno danneggiato gravemente anche gli spazi interni. Per domare il rogo sono servite quasi sette ore di lavoro dei pompieri. Ancora da quantificare i danni ma è già chiaro che servirà tempo per rimettersi in pista: «Speriamo di riaprire per Pasqua», ha detto Ezio Bruno, uno dei quattro soci dell’attività raggiunto al telefono. 

Il ristorante ha chiuso a mezzanotte e circa quattro ore dopo è scattato l’antifurto che ha svegliato Carlo Bruno, fratello di Ezio che dormiva al piano superiore e non si era accorto di nulla: l’uomo ha trovato gli ambienti già invasi dal fumo e non ha potuto fare altro che chiamare il 115 dopo essersi messo in salvo. I vigili del fuoco sono intervenuti dal distaccamento di Cervia con l’ausilio di un mezzo dalla centrale operativa di Ravenna. In un primo momento si era pensato che l’allarme fosse scattato per la presenza di ladri: pare invece che ad attivare le sirene sia stato il calore sprigionato dalle fiamme.

Ancora presto per avanzare ipotesi sulle cause del rogo. «Quasi certamente le fiamme sono partite dalla veranda – spiega Ezio Bruno – dove c’è solo un frigorifero. Le luci di Natale erano state spente». La stima dei danni verrà fatta nei prossimi giorni ma già dalle prime ore è chiaro che la chiusura del locale, necessaria al pieno ripristino dell’operatività, durerà per alcuni mesi: «Dentro sarà tutto da buttare e cambiare, il fumo e il calore hanno sciolto le plastiche e annerito tutto il resto. Speriamo di riaprire a Pasqua».

Sulla pagina Facebook del ristorante un messaggio pubblicato alle 8 di stamani: «Con immenso rammarico avvisiamo la gentile clientela che durante la notte si è verificato un disastroso incendio al nostro ristorante. Trattoria Ca’ Rossi è chiusa. Ci scusiamo con tutti i nostri clienti, in particolar modo con tutti i prenotati per il grande disagio creatosi».

Il sindaco visita ospedale e questura «Auguri speciali a chi lavora a Natale»

Ultime festività da primo cittadino per Fabrizio Matteucci

Il sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci, ha trascorso la mattina del suo ultimo Natale da primo cittadino visitando i luoghi simbolo di chi anche nei giorni delle festività è di turno per garantire il controllo e il soccorso sul territorio, in particolare il personale sanitario e le forze dell’ordine. Di seguito il testo integrale del breve messaggio di auguri diffuso dopo la visita.

«Questa mattina ho visitato il Pronto Soccorso, l’Ortopedia e la Neurologia del nostro Ospedale Santa Maria delle Croci. Grazie a tutto il personale sanitario che anche in queste ore lavora per la nostra comunità. Ho visitato poi la sala operativa della Questura per il Buon Natale. E per dire grazie a Polizia,Carabinieri, Guarda di Finanza, Corpo Forestale, Polizia Municipale, Polizia Provinciale, Polizia Penitenziaria, Vigili del Fuoco, per il loro lavoro quotidiano. Nel controllo del territorio a Ravenna la guardia è stata alzata da tempo e per tempo. La innalzeremo ancora di più. Grazie alla collaborazione tra intelligence, Prefettura, Forze dell’Ordine e Procura della Repubblica sono stati individuati una decina di foreign fighters. Voglio ripeterlo: questi criminali, questi terroristi internazionali non hanno messo e non metteranno radici a casa nostra. I dati dei furti e delle rapine nel 2014 erano molto preoccupanti: grazie alle misure adottate a gennaio di quest’anno nel 2015 sono in calo. Sempre troppi, ma in calo.Faremo ancora di più per contrastarli. Infine, al Re dei Girgenti ho fatto gli auguri a Carla Soprani, che su mia proposta è stata insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica. Dico grazie al Volontariato Ravennate che 365 giorni all’anno opera per il bene comune. L’ultima impresa e l’apertura ieri sera di un campo per decine di persone che dormivano per strada, al freddo. Nel 2016 il pranzo della solidarietà si farà a Palazzo Rasponi. Grazie di cuore. Grazie a tutti e Buon Natale a tutti i Ravennati».

L’ostello Dante rischia la chiusura Oltre 50mila euro di affitto arretrato

Le due socie non prendono stipendio da 4 anni. Aperto nel 1974,
5.500 presenze nel 2015 «ma ne servirebbero almeno il doppio»

L’ostello Dante, a Ravenna, è l’unico vero ostello della gioventù – inteso appunto come una struttura ricettiva con spazi condivisi e a basso costo – ancora presente in provincia di Ravenna. Ma la crisi (economica e più in particolare quella del turismo nella nostra città di questi ultimi due anni, vedi articoli correlati) ha colpito anche lo storico ostello di via Nicolodi, zona Darsena, forse ancora troppo poco conosciuto e apprezzato dagli stessi ravennati. Attivo dal 1974, per alcuni anni era diventato un luogo fin quasi malfamato, fino alla nuova gestione partita nel 1996, quando la riminese Micaela Girometti ha abbandonato la propria città natale per cercare di rilanciarlo. E ora rischia la chiusura.

«L’ho gestito come dipendente fino al 2005, quando ci è stato chiesto di farcene carico direttamente e ho formato, insieme alla mia attuale socia, una piccola cooperativa attraverso la quale gestiamo tuttora l’ostello», racconta Girometti, con un certo orgoglio, frutto di una vita passata praticamente sempre all’interno degli ostelli e del lavoro svolto in quello di Ravenna. «In pochi anni siamo riusciti a rilanciare una struttura che nel 1996 faceva 6mila presenze all’anno. Noi siamo arrivati a farne anche 15mila e tutto è andato per il meglio fino al 2011…». Poi la crisi, la concorrenza di strutture a basso costo (vedi tra i correlati l’approfondimento su Airbnb) e anche il terremoto in Emilia («Ancora ci sono persone che chiamano per chiederci se c’è il rischio ») hanno fatto crollare il fatturato. «Quest’anno abbiamo toccato il fondo, con 5.500 presenze circa rispetto alle già poche 8mila del 2014. Il calo più consistente è stato degli stranieri, mentre contribuiscono all’occupazione delle camere in particolare eventi musicali come i concerti di Bronson e Hana-Bi e il Ravenna Festival», rivela Micaela che ora si ritrova con l’Associazione italiana albergi per la gioventù (Aig) che le chiede oltre 50mila euro. «Abbiamo appena fatto un incontro a Roma con i vertici dell’Aig – ci racconta la titolare dell’ostello – e ora dobbiamo preparare un piano di rientro per far fronte al debito, ma se avessi avuto i soldi per pagare il canone lo avrei già fatto…».

L’edificio di via Nicolodi è di proprietà per il 40 percento del Comune, un altro 40 percento della Provincia e per il restante 20 dell’Aig che da contratto ha la gestione e la affida alla cooperativa di Girometti incassando tutto l’affitto (nulla incassano e nulla pagano Comune e Provincia). «Fino al 2012 abbiamo potuto contare su un canone basso, di circa 6mila euro l’anno. Poi ci è stato imposto invece un canone di 3,60 euro a persona, anche quelle non paganti, come per esempio i bambini. Abbiamo tariffe che vanno da 18 a 24 euro (per un totale di 110 posti letto, ndr), ma siamo solite effettuare diverse scontistiche per gruppi o eventi particolari e con il coincidente calo del fatturato, oltre a una tassa di soggiorno che qui è il doppio rispetto a quanto spendono gli ostelli nel resto d’Italia (1 euro conto 50 centesimi, ndr), noi non riusciamo concretamente più a pagare l’affitto. Nel corso degli anni abbiamo fatto diversi interventi di manutenzione a nostre spese, paghiamo puntualmente il nostro unico dipendente, mentre io e la mia socia sono ormai 4 anni che non prendiamo lo stipendio, fatta eccezione per il minimo che può servirci per vivere, pagare le bollette, eccetera. Per potersi mantenere, questo ostello ha bisogno di almeno 10mila presenze l’anno».

Ecco dunque che l’ultima possibilità, per evitare la chiusura, è aprire le porte ai ravennati, non solo ai turisti, mettendo a disposizione le ampie sale presenti nell’ostello per eventi, iniziative, o anche solo semplici feste di compleanno, come già successo in passato. «Siamo disponibili per qualsiasi cosa, abbiamo una bella struttura che si può prestare a diverse iniziative», commenta Micaela che poi conclude: «Sarò anche ideologica ma resto convinta che una città come Ravenna debba avere un vero ostello, come il nostro. Se ci dovessero sfrattare il futuro è già segnato: come già capitato in altri luoghi, lo stabile sarà travolto dal degrado (ora durante la chiusura invernale le titolari passano comunque due volte alla settimana per piccoli lavoretti, ndr) e potrebbe anche rappresentare un problema per la sicurezza del quartiere».

L’ostello Dante rischia la chiusura Oltre 50mila euro di affitto arretrato

Le due socie non prendono stipendio da 4 anni. Aperto nel 1974, 5.500 presenze nel 2015 «ma ne servirebbero almeno il doppio»

L’ostello Dante, a Ravenna, è l’unico vero ostello della gioventù – inteso appunto come una struttura ricettiva con spazi condivisi e a basso costo – ancora presente in provincia di Ravenna. Ma la crisi (economica e più in particolare quella del turismo nella nostra città di questi ultimi due anni, vedi articoli correlati) ha colpito anche lo storico ostello di via Nicolodi, zona Darsena, forse ancora troppo poco conosciuto e apprezzato dagli stessi ravennati. Attivo dal 1974, per alcuni anni era diventato un luogo fin quasi malfamato, fino alla nuova gestione partita nel 1996, quando la riminese Micaela Girometti ha abbandonato la propria città natale per cercare di rilanciarlo. E ora rischia la chiusura.

«L’ho gestito come dipendente fino al 2005, quando ci è stato chiesto di farcene carico direttamente e ho formato, insieme alla mia attuale socia, una piccola cooperativa attraverso la quale gestiamo tuttora l’ostello», racconta Girometti, con un certo orgoglio, frutto di una vita passata praticamente sempre all’interno degli ostelli e del lavoro svolto in quello di Ravenna. «In pochi anni siamo riusciti a rilanciare una struttura che nel 1996 faceva 6mila presenze all’anno. Noi siamo arrivati a farne anche 15mila e tutto è andato per il meglio fino al 2011…». Poi la crisi, la concorrenza di strutture a basso costo (vedi tra i correlati l’approfondimento su Airbnb) e anche il terremoto in Emilia («Ancora ci sono persone che chiamano per chiederci se c’è il rischio ») hanno fatto crollare il fatturato. «Quest’anno abbiamo toccato il fondo, con 5.500 presenze circa rispetto alle già poche 8mila del 2014. Il calo più consistente è stato degli stranieri, mentre contribuiscono all’occupazione delle camere in particolare eventi musicali come i concerti di Bronson e Hana-Bi e il Ravenna Festival», rivela Micaela che ora si ritrova con l’Associazione italiana albergi per la gioventù (Aig) che le chiede oltre 50mila euro. «Abbiamo appena fatto un incontro a Roma con i vertici dell’Aig – ci racconta la titolare dell’ostello – e ora dobbiamo preparare un piano di rientro per far fronte al debito, ma se avessi avuto i soldi per pagare il canone lo avrei già fatto…».

L’edificio di via Nicolodi è di proprietà per il 40 percento del Comune, un altro 40 percento della Provincia e per il restante 20 dell’Aig che da contratto ha la gestione e la affida alla cooperativa di Girometti incassando tutto l’affitto (nulla incassano e nulla pagano Comune e Provincia). «Fino al 2012 abbiamo potuto contare su un canone basso, di circa 6mila euro l’anno. Poi ci è stato imposto invece un canone di 3,60 euro a persona, anche quelle non paganti, come per esempio i bambini. Abbiamo tariffe che vanno da 18 a 24 euro (per un totale di 110 posti letto, ndr), ma siamo solite effettuare diverse scontistiche per gruppi o eventi particolari e con il coincidente calo del fatturato, oltre a una tassa di soggiorno che qui è il doppio rispetto a quanto spendono gli ostelli nel resto d’Italia (1 euro conto 50 centesimi, ndr), noi non riusciamo concretamente più a pagare l’affitto. Nel corso degli anni abbiamo fatto diversi interventi di manutenzione a nostre spese, paghiamo puntualmente il nostro unico dipendente, mentre io e la mia socia sono ormai 4 anni che non prendiamo lo stipendio, fatta eccezione per il minimo che può servirci per vivere, pagare le bollette, eccetera. Per potersi mantenere, questo ostello ha bisogno di almeno 10mila presenze l’anno».

Ecco dunque che l’ultima possibilità, per evitare la chiusura, è aprire le porte ai ravennati, non solo ai turisti, mettendo a disposizione le ampie sale presenti nell’ostello per eventi, iniziative, o anche solo semplici feste di compleanno, come già successo in passato. «Siamo disponibili per qualsiasi cosa, abbiamo una bella struttura che si può prestare a diverse iniziative», commenta Micaela che poi conclude: «Sarò anche ideologica ma resto convinta che una città come Ravenna debba avere un vero ostello, come il nostro. Se ci dovessero sfrattare il futuro è già segnato: come già capitato in altri luoghi, lo stabile sarà travolto dal degrado (ora durante la chiusura invernale le titolari passano comunque due volte alla settimana per piccoli lavoretti, ndr) e potrebbe anche rappresentare un problema per la sicurezza del quartiere».

Due ravennati in gara a Masterchef 5 Una fisioterapista e una farmacista

Erica (30 anni) da Conventello e Marzia (57) da Casola Valsenio
hanno convinto i quattro giudici e inseguono i 100mila euro 

Alle selezioni si sono presentati 18mila cuochi amatoriali da tutta Italia e non solo ma a contendersi la vittoria della quinta edizione di Masterchef, il celebre talent show culinario in onda su Sky che mette in palio 100mila euro e la pubblicazione di un libro di ricette, son rimasti in venti e tra loro anche due ravennati: la 30enne Erica Liverani (fisioterapista di Conventello) e la 57enne Marzia Bellino (farmacista a Casola Valsenio). L’ingresso nella cucina governata dai giudici Carlo Cracco, Bruno Barbier, Joe Bastianich e Antonino Cannavacciuolo è arrivato nella puntata andata in onda alla vigilia di Natale. Ogni giovedì, per dieci settimane (alle 21.10 su Sky Uno), almeno un’eliminazione fino al vincitore.

Il percorso di Erica e Marzia ha già attraversato diverse scremature. Le due erano tra i 150 rimasti in gara al supercasting di aprile nella darsena del porto fluviale di Cremona. Da quella tappa sono rimasti in 100 che poi hanno potuto cucinare un piatto dal vivo in studio per i giudici. Erica ha presentato “Cappelletti della mia terra” mentre Marzia ha portato “Radici e ricordi“. Per entrambe un plebiscito incassando il sì da tutti i giudici (solo altri nove hanno avuto la stessa performance) finendo così nel gruppo degli ultimi 40 in gara poi ulteriormente dimezzati.

Marzia è originaria di Salerno, vive a Sassoleone (Bologna) e ha una farmacia a Casola Valsenio: sposata, tre figlie, sogna di aprire un ristorante in Scozia dall’impronta casalinga che chiamerebbe “Frittatone e maccheroni” o in Italia dove userebbe “Pozioni e porzioni” per giocare con la sua professione. Così si descrive nell’autobiografia sul sito di Masterchef: «Sono nata in Campania da una famiglia di farmacisti. Sono stata costretta a studiare farmacia, facendo passare in secondo piano la mia passione per la musica: trasferita a Bologna per studiare, ho incontrato la cucina emiliana, anche grazie alla mia padrona di casa, secondo la quale, la formazione di una donna comprendeva obbligatoriamente la capacità di fare la sfoglia. Intanto, al paesello di origine, il destino mi stava preparando uno scherzetto: la farmacia di famiglia andava ad altri, poco prima che io mi laureassi. Non mi sono persa d’animo: a quel punto il mio obiettivo era dare un senso al mio percorso, ottenendo una farmacia tutta mia. Durante questi alti e bassi, la cucina è stata sempre una costante e non mi ha mai tradito. Mi rivedo cucinare nel paesino della Romagna, mentre la farmacia che avevo riaperto diventava mia… e poi ancora cucinare per la mia famiglia, che si formava nello stesso piccolo paese. Una passione sempre crescente. Sono un diesel: ottengono i risultati migliori sulla lunga distanza».

Erica è cresciuta a Conventello, è separata dal compagno e ha una figlia, Emma di 18 mesi, protagonista del momento tenerezza della prima puntata: Cannavacciuolo l’ha presa in braccio per portarla alla madre. «Chi sono quei dadi?”, ha chiesto Erica alla bimba. Che non ha avuto esitazioni: «Cracco». Ecco come si racconta Erica: «Sono cresciuta in campagna! Provengo da generazioni di contadini, la mia è una di quelle famiglie molto allargate che ormai non esistono più. Erica bambina era una piccola peste ruspante che non guardava la tv ma che viveva all’aperto e giocava con fratelli e cugini, tutti con le ginocchia perennemente sbucciate! L’Erica adulta ne ha passate tante, alcune non belle e non facili da superare, ma ne è uscita una donna forte e soprattutto mamma. In ogni fase della mia vita la cucina mi ha accompagnata, ma non sempre come sostegno; quando pesavo 20 kg in più la cucina è stata solo uno sfogo per me, il cibo era l’unica cosa che mi dava piacere, ma che allo stesso tempo mi faceva ingrassare. Poi ho cominciato a rispettarmi e ad amarmi e il mio interesse per la cucina è incrementato dovendomi impegnare a sfruttarlo a mio favore. Condivido ogni momento in cui cucino con Emma sperando di trasmetterle questa passione travolgente che va oltre alle giornate storte, alla stanchezza, al nervosismo e che mi fa vedere tutto sotto un altro punto di vista».

Due ravennati in gara a Masterchef 5 Una fisioterapista e una farmacista

Erica (30 anni) da Conventello e Marzia (57) da Casola Valsenio hanno convinto i quattro giudici e inseguono i 100mila euro 

Alle selezioni si sono presentati 18mila cuochi amatoriali da tutta Italia e non solo ma a contendersi la vittoria della quinta edizione di Masterchef, il celebre talent show culinario in onda su Sky che mette in palio 100mila euro e la pubblicazione di un libro di ricette, son rimasti in venti e tra loro anche due ravennati: la 30enne Erica Liverani (fisioterapista di Conventello) e la 57enne Marzia Bellino (farmacista a Casola Valsenio). L’ingresso nella cucina governata dai giudici Carlo Cracco, Bruno Barbier, Joe Bastianich e Antonino Cannavacciuolo è arrivato nella puntata andata in onda alla vigilia di Natale. Ogni giovedì, per dieci settimane (alle 21.10 su Sky Uno), almeno un’eliminazione fino al vincitore.

Il percorso di Erica e Marzia ha già attraversato diverse scremature. Le due erano tra i 150 rimasti in gara al supercasting di aprile nella darsena del porto fluviale di Cremona. Da quella tappa sono rimasti in 100 che poi hanno potuto cucinare un piatto dal vivo in studio per i giudici. Erica ha presentato “Cappelletti della mia terra” mentre Marzia ha portato “Radici e ricordi“. Per entrambe un plebiscito incassando il sì da tutti i giudici (solo altri nove hanno avuto la stessa performance) finendo così nel gruppo degli ultimi 40 in gara poi ulteriormente dimezzati.

Marzia è originaria di Salerno, vive a Sassoleone (Bologna) e ha una farmacia a Casola Valsenio: sposata, tre figlie, sogna di aprire un ristorante in Scozia dall’impronta casalinga che chiamerebbe “Frittatone e maccheroni” o in Italia dove userebbe “Pozioni e porzioni” per giocare con la sua professione. Così si descrive nell’autobiografia sul sito di Masterchef: «Sono nata in Campania da una famiglia di farmacisti. Sono stata costretta a studiare farmacia, facendo passare in secondo piano la mia passione per la musica: trasferita a Bologna per studiare, ho incontrato la cucina emiliana, anche grazie alla mia padrona di casa, secondo la quale, la formazione di una donna comprendeva obbligatoriamente la capacità di fare la sfoglia. Intanto, al paesello di origine, il destino mi stava preparando uno scherzetto: la farmacia di famiglia andava ad altri, poco prima che io mi laureassi. Non mi sono persa d’animo: a quel punto il mio obiettivo era dare un senso al mio percorso, ottenendo una farmacia tutta mia. Durante questi alti e bassi, la cucina è stata sempre una costante e non mi ha mai tradito. Mi rivedo cucinare nel paesino della Romagna, mentre la farmacia che avevo riaperto diventava mia… e poi ancora cucinare per la mia famiglia, che si formava nello stesso piccolo paese. Una passione sempre crescente. Sono un diesel: ottengono i risultati migliori sulla lunga distanza».

Erica è cresciuta a Conventello, è separata dal compagno e ha una figlia, Emma di 18 mesi, protagonista del momento tenerezza della prima puntata: Cannavacciuolo l’ha presa in braccio per portarla alla madre. «Chi sono quei dadi?”, ha chiesto Erica alla bimba. Che non ha avuto esitazioni: «Cracco». Ecco come si racconta Erica: «Sono cresciuta in campagna! Provengo da generazioni di contadini, la mia è una di quelle famiglie molto allargate che ormai non esistono più. Erica bambina era una piccola peste ruspante che non guardava la tv ma che viveva all’aperto e giocava con fratelli e cugini, tutti con le ginocchia perennemente sbucciate! L’Erica adulta ne ha passate tante, alcune non belle e non facili da superare, ma ne è uscita una donna forte e soprattutto mamma. In ogni fase della mia vita la cucina mi ha accompagnata, ma non sempre come sostegno; quando pesavo 20 kg in più la cucina è stata solo uno sfogo per me, il cibo era l’unica cosa che mi dava piacere, ma che allo stesso tempo mi faceva ingrassare. Poi ho cominciato a rispettarmi e ad amarmi e il mio interesse per la cucina è incrementato dovendomi impegnare a sfruttarlo a mio favore. Condivido ogni momento in cui cucino con Emma sperando di trasmetterle questa passione travolgente che va oltre alle giornate storte, alla stanchezza, al nervosismo e che mi fa vedere tutto sotto un altro punto di vista».

La storia infinita del bagno Marinabay Esclusa Symposion: ora un nuovo bando

Dopo le presunte irregolarità della cordata Zangaglia-Monaco salta
anche l’assegnazione alla società bergamasca. Riapertura nel 2017?

In ottobre come un fulmine a ciel sereno il Comune aveva annunciato la revoca dell’aggiudicazione provvisoria (da fine aprile) della concessione del bagno ex Marinabay alla cordata composta dai noti imprenditori balneari Alessandro Zangaglia del Bbk e Carlo Monaco a causa di irregolarità nei contributi assistenziali della società.

Oggi, il giorno della vigilia di Natale, il Comune ufficializza anche l’esclusione della seconda (e ultima) società che aveva partecipato al bando. Esclusione già nell’aria da diverso tempo, dopo oltretutto le indiscrezioni pubblicate nei mesi scosi da Ravenna&Dintorni (vedi articoli correlati). A decadere in questo caso è stata la concessione all’impresa bergamasca Symposion srl. Le motivazioni – si legge nel comunicato del Comune – riguardano la mancata dichiarazione nei documenti per la partecipazione al bando di contenziosi in essere con altri enti pubblici in ordine alla gestione di strutture balneari e di esercizi pubblici in altre regioni (come avevamo rivelato invece nel nostro articolo). Inoltre, è emerso che la Symposion non avrebbe rispettato il pagamento di canoni concessori relativi ad altre aree demaniali marittime.

A tutt’oggi, essendo esaurita la graduatoria, «l’Amministrazione comunale sta mettendo a punto l’avvio di una nuova procedura per l’assegnazione dell’area demaniale ex Marina Bay di Marina di Ravenna». Un altro bando, quindi, che considerati i tempi tecnici e burocratici non permetterà di vedere riaprire il più grande stabilimento di Marina di Ravenna prima presumibilmente della stagione 2017. Quattro anni dopo la chiusura, a causa del fallimento e dei canoni non pagati della società di Reggio Emilia che lo gestiva ai tempi.

La storia infinita del bagno Marinabay Esclusa Symposion: ora un nuovo bando

Dopo le presunte irregolarità della cordata Zangaglia-Monaco salta anche l’assegnazione alla società bergamasca. Riapertura nel 2017?

In ottobre come un fulmine a ciel sereno il Comune aveva annunciato la revoca dell’aggiudicazione provvisoria (da fine aprile) della concessione del bagno ex Marinabay alla cordata composta dai noti imprenditori balneari Alessandro Zangaglia del Bbk e Carlo Monaco a causa di irregolarità nei contributi assistenziali della società.

Oggi, il giorno della vigilia di Natale, il Comune ufficializza anche l’esclusione della seconda (e ultima) società che aveva partecipato al bando. Esclusione già nell’aria da diverso tempo, dopo oltretutto le indiscrezioni pubblicate nei mesi scosi da Ravenna&Dintorni (vedi articoli correlati). A decadere in questo caso è stata la concessione all’impresa bergamasca Symposion srl. Le motivazioni – si legge nel comunicato del Comune – riguardano la mancata dichiarazione nei documenti per la partecipazione al bando di contenziosi in essere con altri enti pubblici in ordine alla gestione di strutture balneari e di esercizi pubblici in altre regioni (come avevamo rivelato invece nel nostro articolo). Inoltre, è emerso che la Symposion non avrebbe rispettato il pagamento di canoni concessori relativi ad altre aree demaniali marittime.

A tutt’oggi, essendo esaurita la graduatoria, «l’Amministrazione comunale sta mettendo a punto l’avvio di una nuova procedura per l’assegnazione dell’area demaniale ex Marina Bay di Marina di Ravenna». Un altro bando, quindi, che considerati i tempi tecnici e burocratici non permetterà di vedere riaprire il più grande stabilimento di Marina di Ravenna prima presumibilmente della stagione 2017. Quattro anni dopo la chiusura, a causa del fallimento e dei canoni non pagati della società di Reggio Emilia che lo gestiva ai tempi.

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