Avviate una raccolta di dati e iniziative per sensibilizzare i cittadini e il contesto imprenditoriale
Fare rete per combattere il divario di genere e sostenere l’occupazione femminile. È questo l’obiettivo del nuovo Osservatorio statistico per la parità di genere della Provincia di Ravenna. Il progetto è stato condiviso dalla consigliera alle Pari Opportunità Francesca Impellizzeri e dalla consigliera di Parità Carmelina Fierro nell’ambito del tavolo “Lavoro salute e conciliazione delle donne” riunitosi lo scorso 8 marzo.
Gli ultimi dati diffusi dall’Istat, relativi al mese di dicembre 2021, hanno registrato un aumento del tasso di occupazione femminile, che sale al 50,5%. Nel raffronto con i Paesi europei tuttavia l’Italia si posiziona all’ultimo posto e al penultimo se si esamina la sola fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni. In Germania e nel Regno Unito il tasso di occupazione tra le donne raggiunge invece il 70% ed in Francia il 68%.
Da qui la necessità di creare una rete con i rappresentanti delle istituzioni del territorio per attuare pratiche concrete che possano fare la differenza nel combattere il divario di genere. In quest’ottica di condivisione nasce l’Osservatorio statistico per la parità di genere, uno strumento informativo che si propone di analizzare dal punto di vista quantitativo e qualitativo il tema dell’occupazione femminile, al fine di promuovere la cultura delle pari opportunità e il contrasto alle discriminazioni, ma anche di fornire una base dati per le scelte di programmazione e pianificazione dei servizi e degli interventi.
L’Osservatorio potrà fornire inoltre dati in formato open utili alla presentazione di progetti sostenibili, che soddisfino tutti i criteri di selezione previsti nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e della progettazione europea. Il Pnrr attribuisce infatti al tema della parità tra uomo e donna una rilevanza e una trasversalità rispetto a tutte le sue componenti, in linea con gli obiettivi dell’Agenda Onu. Tra gli elementi innovativi contenuti nel Piano figurano la clausola di condizionalità rispetto all’occupazione femminile e giovanile per la partecipazione delle imprese ai bandi di gara sui progetti del Pnrr; il gender procurement, che negli appalti privilegia le aziende che non discriminano le donne, e la certificazione di genere.
La mission dell’osservatorio prevede infine la programmazione e la realizzazione di azioni di sensibilizzazione e comunicazione, nonché di interventi educativi, tesi alla prevenzione del fenomeno della violenza di genere attraverso il contrasto degli stereotipi di genere e la promozione di una cultura del rispetto tra uomo e donna.
Aldo Michinelli, da Bagnacavallo, parteciperà alla Marathon des Sables, anche per beneficenza. Una settimana di gara in autosufficienza alimentare: «Voglio superare i miei limiti. E aiutare i più sfortunati»
Aldo Michinelli è un podista amatoriale di Bagnacavallo di 41 anni. Dal 25 marzo sarà impegnato per la prima volta nella storica Marathon des Sables. Si tratta di un’ultramaratona nel deserto del Sahara marocchino, lunga 250 km, da percorrere in completa autosufficienza alimentare (l’unico ristoro in loco è rappresentato dalla razione di acqua giornaliera) nel corso di sette giorni. Non è solo la distanza, quindi, a preoccupare i partecipanti, ma anche l’alimentazione e le difficili condizioni climatiche sono fattori da non sottovalutare.
Dietro a questa esperienza c’è l’associazione benefica Chirone, fondata un paio di anni fa da Michinelli, che si occupa di donare protesi per gli arti inferiori nel continente africano (per informazioni visitare il sito.
Quest’anno gli iscritti sono 1.100, provenienti da tutto il mondo (dalla provincia, oltre al bagnacavallese, partirà anche il ravennate Alberto Marchesani, già noto in zona per le sue corse “estreme”) e sarà possibile seguire il live della gara sul sito ufficiale della maratona.
Michinelli, come si svolge la corsa? «È organizzata a tappe: ogni mattina scopriremo il percorso e la distanza esatta; i primi tre giorni ci saranno tappe che vanno dai 30 ai 48 km, il quarto giorno invece c’è il famoso “tappone” da 80-90 km da finire entro 40 ore: se si riesce a portarlo a termine abbastanza in fretta si ha una giornata per recuperare le energie. Successivamente c’è la maratona da 42 km. Per ultima una 7-8 km di beneficenza, in cui il tempo non fa somma per la classifica, ma è obbligatoria per tutti».
Come funziona l’autosufficienza alimentare? «È la particolarità di questa maratona: ognuno si porta i cibi che ritiene più opportuni, ma si scelgono liofilizzati per contenere il peso, visto che devi correre con lo zaino. C’è un minimo di calorie obbligatorie imposto dall’organizzazione, che fornisce solo la tenda, l’acqua (se ne chiedi più del consentito sono previste delle penalità) e l’assistenza medica (che speriamo non serva). In questi giorni prima della partenza ho fatto delle simulazioni: la cosa che mi premeva di più era vedere se le calorie corrispondevano a quelle di cui avevo bisogno».
È la prima volta che partecipa a questa gara? «Sì, è la prima volta: sono già stato in Marocco perché doveva esserci una gara proprio sulle dune della Marathon des Sables, ma è stata annullata a causa del Covid e alla fine è stato un bellissimo allenamento di dieci giorni. Precedentemente ho fatto la 100 km del Sahara nel deserto tunisino e tre volte la 100 km del Passatore (da Firenze a Faenza, ndr)».
Da quanto tempo ha iniziato a correre? «Corro da 7 anni ormai. Prima facevo tutt’altro: andavo a cavallo a livello agonistico. Poi ho mollato e mi sono dato alla corsa e da lì è nato un amore. La scintilla è stata l’iscrizione, insieme ad alcuni amici, alla Color Run. Finita quella corsa, dopo tre mesi mi sono ritrovato a fare la mia prima gara, la 100 km del Passatore. Ma non sono un professionista (Michinelli nella vita è titolare dell’officina Mercedes a Faenza, ndr), faccio tutto da amatore».
Parliamo un po’ della sua associazione benefica, Chirone… «L’ho fondata, insieme alla mia compagna e al mio migliore amico, un paio di anni fa. Dono protesi per gli arti inferiori nel continente africano, soprattutto in Marocco e Senegal. Ho dei contatti là e sono sicuro che vadano davvero a chi ne ha bisogno. Con questa maratona è partita la raccolta fondi per tre ragazzi senegalesi. C’è una lista lunghissima: alcuni hanno malformazioni dalla nascita e altri a causa delle mine e purtroppo nei loro Paesi le protesi non sanno neanche cosa siano. Il mio target è quello dei giovani: la più piccola che sono riuscito ad aiutare aveva cinque anni e i più grandi 27-28. Cerco di dare a questi ragazzi la possibilità di cambiare totalmente vita e di avere un futuro: andare a scuola, poter camminare per andare ad accudire le capre. Questo è un mondo che noi non conosciamo e ho fatto fatica anche io ad accettarlo quando l’ho visto per la prima volta».
Cosa la spinge a compiere questa impresa? «In tutti gli sport che ho fatto volevo sempre superare il mio limite. In questo genere di gare alzi l’asticella ogni volta e questo produce adrenalina, divertimento, benessere. Nello stesso tempo c’è la beneficenza: vedere dove vanno a finire le donazioni mi dà grande motivazione e voglio fare sempre di più. Le ultramaratone e la beneficenza sono due strade che vanno di pari passo».
Come si sta preparando fisicamente? «Non c’è una tabella. La preparazione qua avviene sull’asfalto o su percorsi sterrati, ma tranquilli. Nell’ultimo periodo mi alleno quasi tutti i giorni, corro sui 400-500 km al mese. Per riuscire a portare lo zaino, invece, ho dovuto rafforzare i muscoli dorsali. Nel deserto farò quello che mi sento, quando sarò stanco, andrò più piano. Il mio obiettivo è portare a termine la gara: in quelle che ho fatto finora non mi sono mai ritirato».
Si crea un rapporto con gli altri partecipanti? «Il rapporto è invisibile, ma c’è dal primo momento. Si crea un feeling, un’alchimia difficile da spiegare. È come se tutti ci conoscessimo da tempo. La cosa bella è che se c’è una persona in difficoltà, ti fermi, chiedi cosa è successo e cerchi di aiutarla».
Qual è la cosa che la preoccupa di più? «Il clima: con il caldo mi trovo bene, invece con il freddo ho dei problemi “tecnici”. Negli ultimi giorni anche nel deserto le temperature sono sballate: di notte ci sono due gradi e di giorno massime di 21-22 gradi. Se rimanesse così, di notte sarebbe un problema: la tenda è aperta su due lati e il sacco a pelo è abbastanza leggero, per non aumentare troppo il peso dello zaino».
Prossimi progetti? «Queste sono tutte esperienze che ti fanno crescere: ho 41 anni, ma forse come saggezza sono già a 60. Ogni ultramaratona è un viaggio spettacolare. Quando ti ritrovi a fare dei rettilinei di cui non vedi la fine e vedi solo sabbia, la testa inizia a pensare, hai tempo per riflettere. Adesso penso alla Marathon des Sables e spero di finirla, ma se andrà tutto bene so già a cosa puntare dopo».
Proseguono le opere di recupero dei lasciti della tradizione salinara nel cuore della città: si è partiti dal restauro del Magazzino del sale Torre nel 2004 per arrivare all’inaugurazione della nuovissima Darsena del Sale nello scorso gennaio, sulla cui destinazione d’uso iniziano però a serpeggiare le prime polemiche – Foto/Video
Sorge nel pieno centro di Cervia, affacciata alla storica torre San Michele e al canale che collega litorale e saline, la nuova Darsena del Sale, nata con lo scopo di diventare luogo di culto dello slow food, del benessere, dell’estetica e della cultura, riportata alla vita da quello che era lo scheletro ormai abbandonato dei “Magazzini del sale Darsena” di Cervia.
Un progetto ambizioso, realizzato per un totale di 12 milioni, stanziati grazie alla sinergia tra i fondi del programma operativo del Fondo Europeo e gli investimenti dell’imprenditore Leopoldo Cavalli, vincitore del bando di riqualificazione del magazzino. L’utilizzo dei fondi europei prevede la conservazione totale della struttura: uno stabile dislocato su tre piani che si estende in una zona di circa 20.000 mq, prevedendone comunque l’adeguamento a norma di legge di servizi igienici, impianti di sicurezza e strutture interne. Il patto stretto con l’amministrazione comunale però, esigeva a nome della comunità cervese un focus improntato sul patrimonio culturale della città e iniziative sociali ad esso collegate. Queste premesse, per il momento, sembrano essere state tradite dalla gestione del locale, apparentemente più concentrata sull’esclusività della location e dei propri clienti che alla realizzazione di un vero e proprio intervento di interesse comunitario.
Interno del MUSA (Ex Magazzini del sale Torre)
A differenza dell’intervento applicato ai Magazzini del sale Torre,situati sulla riva opposta del canale, ristrutturati nel lontano 2004 e adibiti poi a sede fissa del MUSA (museo del sale di Cervia, centro che raccoglie importanti testimonianze sulle origini della cultura cervese), il rinnovo dei magazzini del sale Darsena si pone l’obiettivo di dare allo stabile una connotazione polifunzionale legata unicamente all’intrattenimento del turista e del consumatore locale, facendo risultare evidente il contrasto tra il recupero di un bene pubblico destinato all’usufrutto pressoché gratuito dell’intera comunità e il taglio più consumistico dato a quest’ultimo restauro, che si è fatto portavoce del luxury lifestyle della riviera.
Nonostante il contrasto d’intenzioni nella finalità di rimessa a nuovo degli edifici, entrambi fanno parte del medesimo plesso edile, comprendente anche la vicina torre San Michele, il piazzale dei Salinari e la darsena. Si tratta di un interessante esempio di architettura pre-industriale e proprio per questo motivo si è restaurato mantenendo il più possibile intatto l’aspetto esteriore degli edifici.
A fare eccezione è solo la torretta ormai diroccata, eretta a lato dei Magazzini Darsena: si tratta infatti di un falso storico costruito intorno agli anni ‘50, realizzato in armonia perfetta con le precedenti strutture e adibito a copertura per l’antiestetica centralina elettrica che alimentava la piattaforma di trasporto che univa i due magazzini opposti facilitando il trasporto del sale.
Riproduzione in scala degli ex-magazzini e del rullo trasportatore di sale. Modello esposto all’interno del MUSA
La riqualificazione dei magazzini è in realtà parte di un disegno ben più ampio, volto a valorizzare e promuovere l’intero centro storico cervese. Dopo l’avvio dei lavori ai magazzini nei primi 2000, si prosegue nel 2015 con lo stanziamento di nuovi fondi comunali messi in bando per la trasformazione del cuore della cittadina in un “naturale centro turistico e commerciale”.
Nel 2017, i lavori di restauro si sono concentrati principalmente sulla zona del Borgo Marina, che ha visto un rifacimento totale delle banchine che costeggiano il naviglio al fine di renderle più sicure e fruibili dai visitatori.
La nuova passeggiata lungo il Borgo Marina
Grazie ai circa 300.000 euro guadagnati dalla riscossione della tassa di soggiorno durante l’estate 2019 si è invece portata a termine la riqualifica del viale dei Mille: il cammino alberato che collega stazione, centro storico e lungomare. Il recupero del viale non era vincolato a particolari esigenze legate alla sua importanza storica, ma a livello paesaggistico e utilitario il progetto ha implementato notevolmente il valore e la funzionalità della zona.
Con l’intervento al magazzino Darsena, portato a termine nel dicembre del 2021 e la conseguente inaugurazione della Darsena del Sale nel Gennaio del 2022 si è concluso un altro importante tassello del progetto di riqualifica e valorizzazione del centro storico.
L’area che comprende la darsena e i magazzini è infatti uno dei luoghi simbolo del territorio cervese: Nel 1691 viene eretta la torre San Michele come strumento avvistamento e protezione della città, mentre nello spazio adiacente viene costruito, per volere pontificio, il magazzino del sale Torre, addetto allo stoccaggio del sale proveniente dalla salina Camillone, all’epoca fonte primaria di sostentamento per l’intera città.
Nel 1712 viene istituito dirimpetto alle strutture preesistenti il magazzino del sale Darsena, dove il sale già pulito e asciugato veniva conservato in sacchetti pronti per la vendita. Negli stessi anni si aggiunge un terzo magazzino, dapprima destinato anch’esso allo stoccaggio della materia grezza e in seguito convertito a officina di produzione dei sacchi di iuta necessari a conservare il sale.
Questi edifici perdono la loro originaria funzione a cavallo degli anni ‘60, quando il processo di industrializzazione ha inevitabilmente apportato cambiamenti radicali all’estrazione e alla lavorazione del sale, venendo da lì lentamente abbandonati.
Il magazzino più piccolo, quello destinato alla realizzazione delle sacche, riesce a sopravvivere per ancora qualche decina d’anni divenendo il Cral Saline, circolo ricreativo per i salinari cervesi, dove i lavoranti solevano rinfrancarsi al termine della giornata in salina. Con il trascorrere degli anni, anche quest’ultima destinazione d’uso è venuta a mancare, lasciando l’ex deposito allo stesso destino degli altri magazzini. Nel 2017 il locale viene rifunzionalizzato come centro polivalente di intrattenimento, caratterizzato da una zona bottega dedicata all’acquisto delle specialità tipiche del territorio, un un caffè letterario (grazie alla partnership con librerie Coop), un bistrot e un palco per esibizioni. Questo nuovo stabile prende il nome di “Officine del Sale” al fine di creare un legame, almeno letterale, con l’originaria destinazione d’uso del luogo. Ad occuparsi della struttura architettonica lo studio del ravennate Fabrizio Fontana, ArchLabo, lo stesso ad aver preso in carico i progetti della “Darsena del Sale”.
Interno della Darsena del Sale
L’ultima fatica di Fontana sembra però aver riscosso più clamore delle precedenti, innanzitutto per le ampie dimensioni della zona interessata, ma anche e soprattutto per la quantità di tempo e di fondi investiti nella riqualifica: non è facile stabilire con certezza i motivi del ritardo nel restauro di questo lato di magazzini, probabilmente causati da un concatenarsi di eventi, primo fra tutti i lasciti dell’intervento dell’architetto Giancarlo De Carlo chenegli anni ‘80 ha interessato sia il magazzino Torre che il magazzino Darsena: mentre il magazzino Torre è stato completamente svuotato e messo in sicurezza, al magazzino Darsena sarebbe dovuta toccare una sorte diversa: tra le idee del De Carlo c’era infatti il progetto di ridare nuova vita allo stabile come museo navale, andando ad ingrandire anche la vicina darsena e creando un’infiltrazione d’acqua direttamente all’interno del magazzino, in modo da unire il locale interno al naviglio esterno.
Con l’interrompersi dei lavori però, all’ingente quantità di fondi necessari per la ristrutturazione si è dovuto sommare il costo del dragaggio dell’acqua, che a causa dell’invasivo restauro aveva allagato il fondaco. Negli anni, consultando anche il volere cittadino, si sono creati bandi per la ricerca di fondi pubblici e privati, fino alla progettazione della Darsena del Sale, la cui apertura è stata ulteriormente rimandata a causa della pandemia che negli ultimi due anni ha contribuito ad un massiccio rallentamento delle tempistiche di apertura.
Il ristorante della Darsena del Sale
A prescindere dall’ampio ventaglio di proposte ricreative oggi offerto al suo interno, l’aspetto estetico e architettonico della struttura si sono rivelati i punti cardine del locale, cercando in parte di sopperire alla mancanza di un sostanzioso fattore culturale. L’intera scelta stilistica verte su un gioco di contrasti tra storia e attualità, una coesistenza armonica di antico e moderno che si alterna in sovrastrutture misurate, senza mai arrivare ad una vera fusione.
All’interno del locale, la ricercatezza del mobilio contrasta felicemente con la freddezza urbana delle intelaiature in cemento e ferro a vista. Queste imponenti strutture di metallo, dal forte richiamo industrial, sono appunto eredità del primo tentativo di restauro di De Carlo e trovano spazio all’interno della nuova visione della Darsena del Sale come arredi fissi, sfruttando così il lascito del celebre progettista e piegandolo ad una destinazione d’uso completamente opposta a quella originale.Proprio a causa dell’importante testimonianza architettonica e archeologica che l’ex magazzino rappresenta, il rifacimento ha cercato di ricalcare in maniera quanto più accurata possibile lo stile originario dell’edificio, abbracciandone l’intera la storia, dal 700 agli anni ‘80.
In particolar modo, il restauro delle facciate esterne ha mantenuto intatta la loro forma originaria, austera e imponente, valorizzata da fasci di illuminazione verticale per illuminarne le campate, creando un gioco di chiaroscuri che conferisce ulteriore profondità agli archi scolpiti sulle fiancate donando a tutto il complesso un impatto visivo solenne. La bellezza nel senso più plastico del termine è sicuramente una qualità che va riconosciuta all’impresa, e si spera possa venire in futuro implementata da una sostanza meno effimera di quella attuale.
Riprese e montaggio di Lorenzo Drei, fotografie di Maria Vittoria Fariselli
A capo dell’associazione dei partigiani è stato eletto Renzo Savini, ex sindaco di Alfonsine, che succede a Ivano Artioli
Già Sindaco di Alfonsine – e responsabile della sezione locale Anpi – Renzo Savini è stato eletto all’unanimità nuovo presidente provinciale dell’Anpi, l’associazione territoriale dei partigiani.
Il 12 marzo a Brisighella – alla presenza tra gli altri di Albertina Soliani, vice presidente nazionale dell’organizzazione e presidente del Museo Cervi – è stato eletto anche il nuovo comitato provinciale.
Savini succede a Ivano Artioli, rimasto in carica per 17 anni, quattro mandati.
La città bizantina protagonista di una delle clip che precedono le esibizioni, in diretta Rai
I Maneskin in trionfo all’Eurovision dell’anno scorso
Ravenna sarà una delle città protagoniste delle cartoline, a cura della Rai, che introdurranno le esibizioni dei quaranta artisti partecipanti all’Eurovision Song Contest che si terrà a Torino dal 10 al 14 maggio.
Come da tradizione all’Eurovision, il paese ospitante ha l’opportunità di mandare in onda video che mostrino i luoghi scelti per promuovere il territorio sfruttando l’importante vetrina offerta dalla kermesse musicale internazionale, che l’anno scorso ha registrato 183 milioni di spettatori.
Ogni esibizione dei cantanti sarà anticipata da una “cartolina” e Ravenna sarà protagonista di una di queste. Le riprese curate dalla Rai metteranno in risalto alcuni luoghi della città selezionati dalla produzione: piazza del Popolo, la passeggiata in Darsena di città, il Mausoleo di Teodorico al tramonto.
«Sono davvero entusiasta della scelta ricaduta su Ravenna per il progetto ‘The Sound of Beauty’ il suono della bellezza, tema artistico che identifica l’Eurovision 2022 – dichiara l’assessore al Turismo Giacomo Costantini -. Saremo presto al lavoro per affiancare il team di produzione nella realizzazione delle riprese e fare in modo che il risultato sia il migliore possibile. La cartolina che verrà dedica alla nostra città durante l’Eurovision Song Contest rappresenta una bellissima opportunità di visibilità a livello internazionale».
La manifestazione canora internazionale verrà trasmessa da Rai 1 in tre prime serate e sarà condotta da Laura Pausini, Alessandro Cattelan e Mika.
A rappresentare l’Italia, come noto, i vincitori del Festival di Sanremo 2022, Mahmood e Blanco, con la loro canzone “Brividi”. In qualità di membro dei Big 5 (e in quanto Paese ospitante), l’Italia è già qualificata alla finale del 14 maggio, al pari di Germania, Francia, Regno Unito e Spagna.
La somma sarà utilizzata per l’allestimento automatizzato dei farmaci, cure personalizzate e l’ammodernamento della sede del Bufalini
Una coppia di coniugi di Faenza, che preferisce rimanere anonima, ha deciso di donare due milioni di euro a favore delle attività di cura e ricerca contro i tumori svolte dall’istituto Irst “Dino Amadori” di Meldola.
La somma, tra le più alte mai registrate nel territorio e sicuramente la più ingente a favore di questo istituto, sarà indirizzata a sostenere i percorsi di allestimento automatizzato dei farmaci, ad assicurare trattamenti farmacologici più innovativi e all’ammodernamento della sede di onco-ematologia Irst di Cesena.
In particolare, 400mila euro saranno utilizzati per sostituire con un modello di ultima generazione uno dei due robot per allestimento di farmaci in dotazione alla farmacia Irst, che è in grado di produrre tutti i farmaci necessari per le terapie dei pazienti. La sua peculiarità è quella di essere altamente automatizzata con grande vantaggio per la tracciabilità, la sicurezza e il contenimento degli sprechi.
Un milione permetterà, invece, l’erogazione per due anni di farmaci off-label, ovvero trattamenti innovativi la cui efficacia è già dimostrata dalla letteratura scientifica, ma non ne è ancora prevista la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario. Nell’era della medicina di precisione, lo studio delle caratteristiche genetiche di ogni singolo paziente permette di costruire terapie ritagliate sull’individuo.
Gli ultimi 600mila euro saranno investiti nella ristrutturazione del Day Service Onco-ematologico Irst del “Bufalini” di Cesena così da renderlo più moderno, funzionale ed esteticamente gradevole. Nella sede di Cesena, sono trattati circa mille pazienti all’anno, per patologie oncologiche ed ematologiche, in regime ambulatoriale.
«Questo importante atto di generosità – commenta Tiziano Corradori, direttore generale Ausl Romagna – è testimonianza del forte senso di comunità e appartenenza della nostra popolazione alle proprie strutture sanitarie. Gesti che rafforzano e fungono da stimolo all’intera comunità professionale, per continuare a migliorare la nostra attività».
«Un gesto di tale generosità – conclude Renato Balduzzi, presidente Irst – non può che commuovere e spronare tutti noi ad offrire il massimo impegno nelle attività quotidiane così come in quelle di più ampia prospettiva. Cogliamo questo momento per allargare il nostro ringraziamento a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, hanno sostenuto e sosterranno Irst e la causa oncologica».
Sono 445 i nuovi casi giornalieri di positività al Covid in provincia di Ravenna (dati aggiornati alle 12 del 18 marzo), il numero più alto da oltre un mese. Salgono a 5 le persone ricoverate in provincia, dove si registrano i decessi di altri due anziani, un 85enne e un 93enne.
IL BOLLETTINO REGIONALE DEL 18 MARZO
Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 1.231.488 casi di positività, 4.151 in più rispetto a ieri, su un totale di 21.989 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore, di cui 11.576 molecolari e 10.413 antigenici rapidi.
I pazienti attualmente ricoverati nelle terapie intensive dell’Emilia-Romagna sono 52 (-1 rispetto a ieri, di cui 5 in provincia di Ravenna, 1 in più di ieri), l’età media è di 65,7 anni. Per quanto riguarda i pazienti ricoverati negli altri reparti Covid, sono 965 (-26 rispetto a ieri, -2,6%), età media 74,6 anni.
I casi attivi, cioè i malati effettivi, sono 35.876 (+1.887). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 34.859 (+ 1.914), il 97,1% del totale dei casi attivi.
Le persone complessivamente guarite sono 2.252 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 1.179.474.
Purtroppo, si registrano 12 decessi: 3 in provincia Parma (una donna di 64 anni e due uomini, uno di 86 il cui decesso è stato registrato dall’Ausl di Reggio Emilia, e uno di 87 anni); 1 in provincia di Reggio Emilia (un uomo di 92 anni); 1 in provincia di Modena (un uomo di 90 anni); 1 in provincia di Bologna (una donna di 86 anni); 1 in provincia di Ferrara (una donna di 88 anni); 2 in provincia di Ravenna (due uomini di 85 e 93 anni); 3 in provincia di Forlì-Cesena (due donne di 88 e 92 anni e un uomo di 82 anni).
Non si registrano decessi in provincia di Piacenza, Rimini e nel Circondario Imolese.
Alla biblioteca Oriani, il 19 marzo, presentazione del libro “Nessuna verità” di Cesare Albertano, ricordando Nino Carnoli
Nella Ravenna del secondo dopoguerra, già alle prese con la ricostruzione materiale e civile, la città è sconvolta da alcuni fatti di sangue, dai cui rivoli sembra riemergere il recente passato di conflitti bellici, ideologici e sociali, tanto intricati quanto ambigui. Molti sospetti, indizi, implicazioni e anche colpevoli, ma nessuna “limpida” verità. Di questo si parla, sabato 19 marzo, alle ore 17.30, alla Sala Spadolini della Biblioteca Oriani di Ravenna, in occasione della presentazione del libro di Cesare Albertano e Saturno Carnoli intitolato – per l’appunto – Nessuna verità. Crimini e sangue a Ravenna nel secondo dopoguerra (Il Ponte Vecchio, 2022).
Si tratta di un romanzo storico ambientato nella Ravenna appena uscita dalla dittatura e dal conflitto mondiale, funestata da una serie di delitti a sfondo politico: il più celebre quello dell’attivista repubblicano Marino Pascoli, nel contesto, particolarmente caldo in Emilia-Romagna, che uno storico ha definito “la lunga liberazione”. Pur nella dimensione narrativa, il racconto, che vede protagonista il commissario di P.S. Giacomo Rieser, si basa su una ricostruzione puntualmente documentata delle vicende, centrata su fonti archivistiche e sulla stampa dell’epoca.
La narrazione mette a fuco quattro omicidi, realmente accaduti tra il 1946 e il 1951, concatenati tra loro da questo commissario di polizia sotto copertura (il personaggio di finzione), quasi a dimostrare la presenza di una linea di sangue che i tribunali dell’epoca neanche sfiorarono ma, a distanza di oltre settant’anni, alquanto verosimile. Emerge una struttura a labirinto, interpretata da personaggi veri che vissero un’epoca difficile, costretti a muoversi in scenari storici più ampi e più complessi di loro, attraversati ancora dall’onda lunga della violenza bellica e resistenziale che stentava a rientrare nei ranghi.
I primi due omicidi restarono impuniti, con assassini e mandanti nascosti nell’ombra, gli ultimi due ebbero risvolti processuali e colpevoli conclamati che sembrano, a distanza di tanti anni, più delle vittime predestinate ad un sacrificio voluto da altri che dei criminali consapevoli. Un bel groviglio che gli autori hanno cercato di raccontare pur sapendo che quando si cerca la “verità” al massimo la si sfiora e che il percorso di faticoso avvicinamento alla realtà dei fatti si realizza nel formulare delle domande più ancora che nel fornire delle risposte.
L’iniziativa sarà anche un modo per ricordare la figura del poliedrico intellettuale ravennate Saturno “Nino” Carnoli a due anni dalla scomparsa, avvenuta il 26 marzo 2020 nel pieno della prima emergenza Covid-19.
Il coautore Cesare Albertano, già docente di storia e collaboratore di lunga data di Carnoli, ne discuterà con il direttore della Fondazione Oriani Alessandro Luparini, autore della introduzione al volume.
Rossi sostiene la candidatura: «Reale, tempestiva e sicura diversificazione delle fonti di approvvigionamento»
In questi giorni sta tenendo banco l’ipotesi di installare a Ravenna – che sarebbe il favorito tra i quattro siti individuati dal ministero della Transizione Ecologica – una nave metaniera adibita a rigassificatore.
«Al largo del porto di Ravenna – ha dichiarato il presidente dell’Autorità Portuale, Daniele Rossi – è già presente un terminale marino pronto per il trasporto a terra del gas e l’immissione nella rete nazionale di distribuzione».
«Qualora il Governo dovesse acquisire la disponibilità di una nave rigassificatrice, capace di ricevere gas liquefatto e riportarlo allo stato gassoso, utilizzare le strutture offshore già presenti al largo del porto di Ravenna per il trasporto a terra del gas e la consolidata esperienza delle aziende del territorio consentirebbe una reale, tempestiva e sicura diversificazione delle fonti di approvvigionamento».
Conferenze promosse da “Tessere del ’900” e Ordine degli Architetti con autorevoli docenti universitari. Si parte il 19 marzo
Boris Iofan, “Palazzo dei Soviet”, 1933
«L’architettura si specchia nel tempo. La faccia di ogni epoca si riflette nella propria architettura». ,Così scriveva Alberto Savinio in Ascolto il tuo cuore, città nel 1944. L’architettura, più di qualunque altra forma artistica – se l’architettura può dirsi arte –, ha da sempre rappresentato il potere dominante, in tutte le sue declinazioni, politico, economico, religioso, culturale, dalle piramidi egizie alla piramide del Louvre. Appunto di “Architettura e Potere” si parlerà in un ciclo di incontri che l’Associazione Culturale “Tessere del ’900” organizza, con l’Ordine degli Architetti di Ravenna (2 crediti formativi ogni volta).
Gli appuntamenti si terranno al Salone dei Mosaici della Casa del Mutilato in piazza Kennedy (ingresso da via IX Febbraio) per quattro sabati alle 17.30. Il ciclo, pensato e organizzato da chi scrive, proseguirà nel prossimo autunno.
Sabato 19 marzo, Flavia Marcello, professoressa associata alla Swinburne University’s School of Design, Melbourne, presenterà il suo ultimo libro Giuseppe Pagano. Design for Social Change in Fascist Italy (Intellect L & DEFAE, 2020). Pagano, architetto, direttore della rivista “Casabella”, una delle personalità di maggior spicco della cultura architettonica degli anni Venti e Trenta, nel corso del tempo, da convinto aderente alla “rivoluzione” fascista, entra in contatto, fin dal 1943, con organizzazioni antifasciste; arrestato e torturato, muore di stenti a Mauthausen pochi giorni prima della liberazione del campo da parte dei sovietici.
Sabato 30 aprile, Alessandro De Magistris, professore ordinario al Politecnico di Milano, parlerà de L’architettura dell’era staliniana. Semplificazioni totalitarie e complessità sovietiche, evidenziando le molteplici facce della produzione architettonica nell’ex Urss, a partire dalle radicali esperienze dell’avanguardia costruttivista dei primi anni Venti fino alla svolta imposta dal consolidamento del potere e dal regime di Stalin, accompagnato dall’affermazione del “realismo socialista”. Le sue complesse mani festazioni, leggibili anche nell’opera di figure come Ivan Leonidov e Konstantin Melnikov, caratterizzano gli originali sviluppi dell’architettura sovietica fra anni Trenta e Secondo dopoguerra sino alla svolta rivoluzionaria impressa da Nikita Khrushchev.
Flavia Marcello “Giuseppe Pagano”
La Padula, “Disegno del palazzo della civiltà italiana”
Albert Speer, “Große Halle”, 1939
Sabato 7 maggio, Antonio Pizza, professore ordinario alla Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Barcelona, parlerà di “Tradizione” magniloquente e tradizioni architettoniche moderne nella declinante autarchia spagnola (1939-1959), un tema assai poco conosciuto non solo a livello di pubblico generalista, ma anche tra gli studiosi di storia dell’architettura contemporanea. Anche qui, come nell’Unione Sovietica, istanze conservatrici e accademiche convivranno con una “tradizione del Moderno” che vede figure di alto livello come José Antonio Coderch de Sentmenat.
Sabato 21 maggio, Sandro Scarrocchia, già docente di prima fascia all’Accademia di Brera e professore a contratto al Politecnico di Milano, parlerà di Speer e Piacentini, tema a cui ha dedicato il libro uscito nel 1999 per i tipi di Skira e rieditato nel 2013. L’autore affronterà il tema degli scambi intercorsi negli anni Trenta tra il regime tedesco e quello italiano attraverso l’esperienza dei due più emblematici “architetti di Stato”, analizzando i contesti politico-culturali e tracciando il bilancio di una stagione architettonica.
Partecipazione a ingresso libero, nel rispetto delle normative anticovid in vigore.
Promosso dalla Cna è in programma sabato 19 marzo, dalle 9 alle 18, con spazio espositivo di veicoli elettrici
Cna Ravenna organizza una giornata sui temi legati alla mobilità sostenibile. Sabato 19 marzo dalle 9 alle 18 a Palazzo Rasponi dalle Teste, in piazza Kennedy.
L’iniziativa è articolata in un’area expo per tutto il giorno con modelli di veicoli elettrici, a cura di F.G. Moto, F.lli Benelli, Ghetti e Zeta Auto, e in un convegno dalle 10 alle 12 con importanti relatori del settore, rappresentanti delle Istituzioni locali e della Cna.
Il convegno sarà presieduto dal Presidente della Cna comunale di Ravenna, Marcello Monte, e introdotto dal Presidente della Cna Territoriale di Ravenna, Matteo Leoni. Interverranno Michele De Pascale, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia di Ravenna, Nicola Armaroli, dirigente di ricerca presso il Cnr e Francesco Fanelli, Esg Expert Italy di UniCredit Spa.
Le conclusioni saranno affidate a Massimo Mazzavillani, direttore generale della Cna Territoriale di Ravenna.
Lamentele e sacchi per strada. Il sindaco Pula: «Ma differenziare è una necessità»
Nei comuni della Bassa Romagna in queste settimane si stanno registrando tante lamentele per l’entrata in vigore della raccolta porta a porta mista, con rifiuti per strada e accatastati vicino ai cassonetti.
Sono per questo in atto «continue azioni di perfezionamento e aggiustamenti tecnici», assicurano le istituzioni in una nota inviata alla stampa. Unione, Comuni, Atersir, Hera e tutti gli enti e i servizi interessati stanno cercando di aiutare i cittadini sia tramite i propri front office che grazie al supporto dei referenti di zona al fine di superare le criticità che vengono segnalate puntualmente e quelle derivate dal naturale assestamento di un nuovo servizio.
A tal fine – si legge nella nota – sono già stati attivati servizi supplementari di prelievo dei rifiuti abbandonati e pulizie delle isole ecologiche di base che sono state oggetto di numerose segnalazioni da parte dei cittadini dei Comuni che in queste settimane per primi hanno visto la rimozione dei cassonetti dell’indifferenziata, nonché si stanno implementando i servizi presso le stazioni ecologiche, con l’inserimento dei cassonetti di indifferenziato e organico (che prima del passaggio al porta a porta non erano conferibili). I cittadini potranno da oggi utilizzare questo servizio nel caso di impossibilità a conferire nei giorni indicati nel calendario di raccolta e in caso di emergenza».
L’obiettivo che sta alla base dell’intera modifica del sistema di raccolta dei rifiuti è quello di limitare al massimo la produzione di indifferenziata attraverso una buona differenziata e una minor produzione complessiva di rifiuti. La provincia di Ravenna, infatti, si attesta in regione nel 2021 con il 61,3% di raccolta differenziata (dati Comuni ricicloni), percentuale lontana dagli obiettivi regionali e nazionali (il Piano regionale rifiuti fissava al 2020 il 79% di raccolta differenziata minima).
«Diminuire la produzione di rifiuti, aumentare la differenziata, andare verso un’economia circolare non è un modo per complicarci la vita, ma una necessità, una risorsa per l’ambiente e per la salute collettiva – sottolinea la sindaca referente dell’Unione della Bassa Romagna per l’ambiente, Paola Pula -. Come Amministrazioni abbiamo fatto delle scelte dettate dalla necessità di contemperare risultati, sostenibilità economica e tempi certi, e laddove siano state individuate criticità ci stiamo facendo carico, insieme a Hera, di trovare soluzioni. Deve però essere chiaro che dobbiamo impegnarci tutti per migliorare i nostri stili di vita e diminuire la produzione di rifiuti».
«Una delle azioni più contestata è la rimozione dei cassonetti stradali – prosegue la sindaca Pula -, ma credo sia evidente per tutti che il loro mantenimento non avrebbe modificato il comportamento di molte persone. Gli abbandoni sconsiderati presso le isole ecologiche di base di questi giorni lo dimostrano ampiamente. Ma se i Comuni si impegnano a verificare e controllare il servizio e, perché no, correggere il tiro se qualcosa non funziona, anche i cittadini devono farsi carico di aver cura delle proprie città».