giovedì
21 Agosto 2025

Quasi 10mila profughi ucraini in Emilia-Romagna: «Un contributo a chi li accoglie»

La proposta della Regione. Continua la raccolta fondi

UcrainiUn contributo economico di autonoma assistenza a chi accoglie le persone che fuggono dalla guerra in Ucraina, o in casa propria o mettendo a disposizione un alloggio.

È questa la proposta della Regione Emilia-Romagna, presentata dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, nella riunione fra la Conferenza delle Regioni e il capo del Dipartimento nazionale della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Proposta rivolta al Governo e messa sul tavolo anche nella nuova riunione della Cabina di regia regionale per l’accoglienza dei profughi.

Il sistema di accoglienza, in Emilia-Romagna e nel Paese, continua ad essere diffuso e soprattutto presso famiglie e cittadini. È dunque necessario – secondo la Regione – sostenere questa rete spontanea, che al momento integra con grande efficacia la rete dei Cas (Centri accoglienza stranieri) gestita dalle Prefetture insieme agli enti locali.

Da qui la proposta di un contributo per autonoma assistenza, come avviene già in altri Paesi europei, destinato alle famiglie che stanno accogliendo i profughi o perché vi sono ucraini che hanno fatto arrivare connazionali o perché mettono a disposizione locali e alloggi.

Dal presidente Bonaccini arriva anche la proposta, sempre rivolta al Governo, di un rafforzamento della rete Cas attraverso la Protezione civile, con accordi con Prefetture e Regioni per reperire posti aggiuntivi.

I numeri in Emilia-Romagna

Sono 9.264 i profughi ucraini in fuga dalla guerra accolti al 14 marzo in Emilia-Romagna. Di questi, 3.604 sono donne, 4.250 sono minori.

Sono già stati consegnati 5.756 codici STP (Straniero Temporaneamente Presente), i tesserini sanitari provvisori che permettono a tutti i profughi di usufruire di qualunque servizio o prestazione sanitaria, secondo le regole e le modalità ordinarie.

Lo screening anti-Covid previsto ha riscontrato attualmente una positività del 3,2%.

Trasporti. Agevolazioni in materia di trasporto per la popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina. Il Capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha firmato un’ordinanza in base alla quale i cittadini provenienti dall’Ucraina possono viaggiare gratuitamente sul territorio nazionale, entro 5 giorni massimo dall’ingresso in Italia, per raggiungere il primo luogo di destinazione o di accoglienza. Il provvedimento comprende la gratuità del trasporto sui treni della società Trenitalia (Gruppo FS) che effettuano servizio di Intercity, Eurocity e regionali, sui servizi marittimi e sulla rete autostradale.

La raccolta fondi

Prosegue la raccolta fondi promossa dalla Regione Emilia-Romagna per l’assistenza e aiuti umanitari ai profughi. Chiunque può versare – indicando con chiarezza la causale “EMERGENZA UCRAINA” – al seguente Iban: IT69G0200802435000104428964. Dall’estero, codice Bic Swift: UNCRITM1BA2. Il conto corrente è intestato all’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile dell’Emilia-Romagna.

Un convegno in parrocchia per conoscere come fermare pedofilia e pedopornografia

Iniziativa promossa dalla onlus Pro Vita & Famiglia. Interviene don Fortunato Di Noto che lavora su questa materia dal 1989 con l’associazione Meter

Bambina Che Legge 550Si terrà a Ravenna un convegno organizzato in ambito ecclesiastico per conoscere gli strumenti di contrasto a pedofilia e pedopornografia che trovano nelle reti telematica un terreno che facilità la condivisione. L’incontro si terrà alla parrocchia di Santa Maria del Torrione (via Umberto Majoli 8) il 15 marzo alle 21, promosso dall’associazione onlus Pro Vita & Famiglia, dall’associazione Meter Onlus e dalla stessa parrocchia ospitante.

«Con la pandemia, nel 2020 la quantità di video denunciati ha raggiunto il numero esorbitante di 2.032.556, le chat segnalate dall’associazione Meter e bloccate dalla polizia postale sono state 456: 92 gruppi su WhatsApp, 100 su Telegram e 262 su Facebook», sottolinea il giornalista Simone Ortolani, referente regionale di Pro Vita & Famiglia Onlus, il quale, con il parroco don Paolo Pasini, ha fortemente voluto l’organizzazione di questo convegno a Ravenna.

Dopo i saluti iniziali del parroco don Paolo Pasini e del portavoce di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, interverranno don Fortunato Di Noto e l’avvocato Maria Suma, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione Meter, e l’arcivescovo di Ravenna – Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale Tutela Minori della Conferenza Episcopale Italiana. Modererà l’incontro la giornalista Daniela Verlicchi, vicedirettore del settimanale interdiocesano «Corriere Cesenate – Risveglio Duemila – Il Piccolo». Don Fortunato Di Noto, dal 1989, con l’associazione Meter Onlus, in collaborazione con la polizia postale e la magistratura, ha denunciato innumerevoli episodi di pedopornografia e ha svolto fondamentali attività per il sostegno alle vittime degli abusi.

Nell’ambito ecclesiale, con i pontificati di Benedetto XVI e di Francesco, sono state emanate norme giuridiche più severe e intensificati i rapporti con le autorità degli Stati per stroncare il fenomeno degli abusi sui minori perpetrati da sacerdoti e religiosi. Anche in seno alla Cei, a partire dalla pubblicazione delle Linee guida contro gli abusi del 2019, è nato un Servizio nazionale e una rete, con funzione di prevenzione e di ascolto delle eventuali vittime, che fa capo proprio all’arcivescovo di Ravenna-Cervia monsignor Ghizzoni e ha referenti in ogni diocesi italiana.

Omicidio Ballardini, le femministe: «Eliminata da un uomo quando non più utile»

L’accusa di associazioni e centri anti violenza: «Non è un dramma della disperazione, è femminicidio»

7Le associazione femministe e i centri anti violenza ribadiscono, in una nota inviata alla stampa, un concetto sui cui in questi giorni si è dibattuto molto sui social: quello di Maria Ballardini è stato un femminicidio.

Si tratta della 82enne uccisa a coltellate dal marito, il 77enne Claudio Cognola, che ha poi tentato di suicidarsi.

«Non è un dramma della disperazione e della solitudine il cui responsabile è lo Stato che non si prende sufficientemente cura e abbandona al loro destino anziani e anziane – si legge in una nota inviata alla stampa da  Casa delle Donne, Udi, Donne in Nero, Linea Rosa, Demetra, Sos Donna, Fmp, coordinamento regionale dei centri antiviolenza -. Non lo è perché molte donne si trovano quotidianamente nella situazione di Cognola: accudiscono mariti anziani e malati, essendo a loro volta bisognose di cure. Lo fanno con fatica, sopportando la propria sofferenza e quella dei loro compagni, la frustrazione nel vedere gli ultimi anni della propria esistenza dedicati al prestare cure, sopportando il senso di impotenza per quel poco che si può fare in certe situazioni e con la paura di lasciarli soli senza assistenza, nel caso venissero a mancare prima di loro. Eppure, non li uccidono, li curano».

«Lo si dà per scontato – continua la nota inviata alla stampa – perché lo stereotipo vuole che il ruolo della donna sia quello di cura. Ma quando sono le donne a necessitare di cure amorevoli e non sono più in grado di fornirne, ecco che siamo pronti a giustificare persino l’omicidio».

Secondo le femministe, quindi, si tratta di un femminicidio: una parola che «non indica il genere di chi è morto, indica il perché. Gli uomini eliminano fisicamente le donne quando sono loro di intralcio, quando non stanno al proprio posto, quando minano la loro supremazia. E, come il caso in questione evidenzia, quando non sono in grado di sopportare la nostra sofferenza, o la loro nel doverci accudire».

«Cosa differenzia Claudio Cognola, uxoricida di Maria Ballardini, da altri mariti che hanno brutalmente soppresso la vita delle mogli? Niente – continuano le associazioni -. Anche lei è stata eliminata da un uomo, nel momento in cui non è più stata utile, si è sottratta al suo compito di cura, addirittura necessitando di essere da lui curata».

Riunione a Ravenna per il gruppo internazionale che studia i disturbi del sonno

Dal 17 al 19 marzo alla Classense, la seconda volta in 14 edizioni: saranno presenti i maggiori esperti al mondo

Sonno

Per la seconda volta, dopo il buon risultato di partecipazione nel 2016, Ravenna ospiterà l’incontro del gruppo di studio internazionale del comportamento in sonno Rem (Rbd) giunto alla 14esima edizione. L’evento si svolgerà alla biblioteca Classense, da giovedì 17 a sabato 19 marzo.

È uno dei più prestigiosi incontri nell’ambito della ricerca scientifica sulle neuroscienze e prevede la partecipazione dei maggiori esperti al mondo dei disturbi del sonno, in particolare del comportamento in sonno Rem. L’Rbd è un disturbo motorio-comportamentale, caratterizzato dall’agire fisicamente i propri sogni, con possibili lesioni a sé stessi e al compagno di letto.

Il gruppo di studio internazionale nasce nel 2010 con lo scopo di promuovere la ricerca e la divulgazione scientifica di questo disturbo, che risulta essere uno dei principali marcatori precoci di malattie neurodegenerative a grande impatto sociale, come il Parkinson. Riconoscere precocemente l’Rbd permette di applicare trattamenti neuro protettivi e di prevenire l’avanzamento della malattia.

L’incontro, che ha lo scopo di potenziare le conoscenze scientifiche su questo disturbo, nel corso degli anni ha avuto sede in prestigiose città del Giappone, Usa, Germania, Finlandia, Spagna, Danimarca e Repubblica Ceca.

Mirabilandia regala una giornata al parco a famiglie di profughi dall’Ucraina

Nel primo weekend di apertura (2-3 aprile) una iniziativa pensata soprattutto per i più piccoli in fuga dalla guerra: «Hanno bisogno di serenità e leggerezza». Gli ospiti arriveranno da varie sistemazioni in Romagna

Bicisauro MG 3579Il parco divertimenti Mirabilandia di Ravenna concederà l’ingresso gratuito per due giorni, il primo weekend di apertura (2-3 aprile), ad alcune famiglie di profughi in fuga dall’Ucraina per una giornata alla ricerca di un po’ di spensieratezza soprattutto per i più piccoli. L’iniziativa è nata grazie a una stretta collaborazione con i sindaci e i Comuni della Riviera Romagnola e dell’entroterra e con le aziende di trasporto locale (gli ospiti arriveranno con pullman da Rimini, Riccione, Cervia, Cesenatico, Ravenna, San Lazzaro e Forlì).

Sabrina Mangia Sales And Marketing Director Mirabilandia (1)«Abbiamo pensato di regalare un po’ di divertimento alle famiglie che hanno ancora negli occhi l’orrore della guerra – commenta Sabrina Mangia, direttrice sales & marketing di Mirabilandia –. Siamo particolarmente emozionati nel metterci a disposizione di chi ha davvero bisogno di serenità e leggerezza. Ancora una volta il sistema Riviera Romagnola dimostra di avere un grande cuore, mettendo insieme le forze e le risorse per il bene del prossimo».

L’iniziativa trova il plauso anche di Andrea Corsini, assessore regionale a Turismo e Commercio: «È una nuova testimonianza della rete solidale che nella nostra regione si è attivata fin da subito coinvolgendo tutti: enti, imprese, associazioni, privati. La giornata organizzata a Mirabilandia con l’obiettivo di alleggerire, almeno per un giorno, la terribile condizione dei bimbi ucraini e delle loro famiglie assistiti in Riviera e nell’entroterra, dimostra ancora una volta la sensibilità delle nostre comunità. Una solidarietà che speriamo continui, in tutte le forme possibili, a stringersi attorno alle vittime di questa guerra assurda e ingiustificabile».

Volley, la Consar chiude il campionato con il record di 24 sconfitte su 24 partite

E dopo undici anni Ravenna deve dare l’addio alla massima serie maschile

Consar RavennaSi chiude con un’altra sconfitta – contro Cisterna davanti a poco più di 600 spettatori al Pala De André – la stagione della Consar Ravenna nella Superlega maschile di pallavolo.

Una stagione che segna un primato negativo, quello di aver perso 24 partite su 24, riuscendo a raccogliere solo 2 punti frutto di altrettante sconfitte per 3-2.

Dopo 11 anni – a 3.823 giorni di distanza dal match d’esordio a Macerata contro la Lube dell’allora Cmc – Ravenna abbandona quindi la massima serie del campionato di uno sport di cui ha scritto in passato la storia (anche nel femminile, la Teodora al momento si deve accontentare della A2), proprio ora che sono in corso i lavori per la realizzazione di un nuovo palasport.

E sul futuro aleggiano nuvole scure, perché non è ancora chiaro quale sarà l’impegno della società, tanto che nemmeno l’A2, al momento, pare assicurata…

A Cotignola una giornata per celebrare i “Giusti” della regione

Al teatro Binario un omaggio agli emiliano-romagnoli che nascosero gli ebrei durante la seconda guerra mondiale

I Giusti CotignolaIn occasione della Giornata europea dei giusti, mercoledì 16 marzo alle ore 17.30, al teatro Binario di Cotignola, ci sarà la presentazione del libro I Giusti in Emilia-Romagna. All’evento (organizzato dal Comune di Cotignola) saranno presenti le curatrici Vincenza Maugeri e Caterina Quareni, del Museo ebraico di Bologna.

In apertura, sarà proiettato Il Paese dei Giusti di Francesco Candilio e Alberto Caviglia, servizio Rai dedicato alla storia di Cotignola. In sala, inoltre, per chi volesse, sarà possibile acquistare il libro.

Dopo la Grande Guerra, lo stato di Israele, attraverso lo Yad Vashem (il centro di studi di Gerusalemme dedicato alla Shoah) ha deciso di istituire l’onorificenza di “Giusto tra le nazioni” per dare riconoscimento a tutte quelle persone non ebree che aiutarono gli ebrei a salvarsi.

Copertina I Giusti

Anche in Emilia-Romagna si verificarono episodi di questo genere: furono possibili grazie al sostegno di gente comune, sacerdoti, figure vicino alla resistenza e interi paesi che rimasero in silenzio, pur sapendo degli ebrei nascosti nelle case.

In Bassa Romagna, si ricordano la rete di solidarietà creata dalla città di Cotignola e dai suoi quattro Giusti, che permise il salvataggio di numerosi ebrei, e l’impegno delle famiglie bagnacavallesi Tambini e Dalla Valle nel tentativo di salvare famiglie ebree provenienti dall’Istria e da Fiume. Le storie dei Giusti si snodano da Piacenza a Ferrara, da Modena a Rimini, e costruiscono un patrimonio di conoscenza storica che è in costante espansione.

L’ex sindaco Mercatali: «La mia Ravenna senza disoccupati, tra chimica e happy hour»

Una chiacchierata in occasione dei 20 anni di Ravenna&Dintorni: «Cementificazione? Forse un po’ di metri cubi ce li potevamo risparmiare ma abbiamo fatto nascere la cintura verde. Marinara? Non ha funzionato perché è stato bloccato lo sviluppo di Marina»

Vidmer Mercatali Redazione R&D 2022
Mercatali nella redazione di Ravenna&Dintorni durante l’intervista

La Ravenna di vent’anni fa, vista con gli occhi del sindaco di allora, Vidmer Mercatali, era una città in piena espansione, in grado di raccogliere i cocci della fine dell’impero Ferruzzi e di rilanciarsi puntando in particolare sul turismo. In quegli anni si stava consolidando Mirabilandia e si sono poste le basi per l’apertura dello zoosafari, partivano i lavori per Marinara, mentre delle feste in spiaggia di Marina di Ravenna se ne parlava in tutta Italia.

Di questo e di molto altro, parla Mercatali, che ci fa visita in quella redazione che vent’anni fa aveva lui stesso inaugurato, ora «scamiciato», in veste di semplice volontario. «Porto in giro i “vecchietti”, cerco di ridare alla comunità tutto quello che mi ha dato».

73 anni il prossimo maggio, Mercatali è stato sindaco di Ravenna dal 1997 al 2006, quando si candidò poi al Parlamento e venne eletto senatore, carica che ricoprì fino al 2013.

«Ma la mia esperienza inizia nel 1993, in giunta con il sindaco e amico Pier Paolo D’Attorre: lì comincio a lavorare per la mia città. Per uno scherzo del destino D’Attorre muore nel giorno in cui divento sindaco, la mia prima uscita pubblica fu il suo funerale».

Pierluigi Bersani Vidmer Mercatali
Mercatali con Bersani

Che voto si dà come sindaco?
«Credo si debba guardare la città: come la si prende e come la si lascia. La mia storia inizia da assessore, con la mucillagine, le presenze turistiche crollate da 2,6 milioni a 900mila. Muore Raul Gardini, il gruppo Ferruzzi entra in una crisi repentina: la città vive la sua più grande crisi dal Dopoguerra. Viviamo 4 anni drammatici, ogni mattina chiude un’azienda, la chimica passa da 11mila a 3-4mila addetti. Rimettere in piedi una città così è complicato. Ma la lascio nel 2006 con la popolazione in crescita (passando da 134mila a 150mila residenti), che è poi l’indicatore principale per analizzarne lo stato di salute».

Qual è stato il segreto della crescita?
«Negli anni novanta abbiamo iniziato a investire sul turismo. Abbiamo aperto la città di sera, i negozi, i monumenti e poi la spiaggia. Abbiamo investito sulla cultura. In questo senso, il problema di Ravenna all’inizio degli anni novanta era non essere considerata una città internazionale; lo diventa però grazie al riconoscimento Unesco, a cui abbiamo lavorato per anni (siamo a fine 1996, quando Mercatali era assessore, ndr). Grazie ai fondi del Giubileo, poi, abbiamo valorizzato il Mausoleo di Teodorico, l’area della basilica di S. Apollinare in Classe. Subito dopo è nata la fondazione Ravennantica e abbiamo investito sull’ex zuccherificio…».

Oggi, Museo Classis. Finito spesso, insieme alla fondazione, anche al centro delle polemiche…
«Io credo che la fondazione sia stata una scelta giusta, come quella ideata per il Ravenna Festival. Era un modo per convogliare in ambito culturale le risorse di aziende e sponsor. Ora Ravennantica deve completare il proprio percorso, con il parco archeologico, e il museo deve già ripartire: non deve diventare un deposito come spesso capita in ambito archeologico, deve mantenersi sempre vivo, una sorta di centro di ricerca».

Negli anni ‘90 però, non fu certo solo la cultura a trainare la crescita. Arrivò Marcegaglia…
«Investimmo anche sulla re-industrializzazione, certo, arrivò Marcegaglia, ma anche la Fassa Bortolo, per dire. E grazie anche forse all’operazione più importante mai fatta: il colpo alla burocrazia. A Marcegaglia in 38 giorni noi concedemmo la licenza per un investimento da 600 miliardi di lire: Steno andava a dire in giro per il mondo che a Ravenna si poteva! Il cosiddetto spezzatino della chimica ha poi portato la nostra a essere una delle tre città in Italia con i più alti investimenti stranieri, le aziende del distretto diventarono appetibili per i grandi gruppi internazionali. Allo stesso modo, in quegli anni, abbiamo ridotto da 6 a 2 mesi i tempi di attesa per le concessioni edilizie».

Lei è stato in effetti accusato di aver cementificato Ravenna…
«Ma ci si dimentica che facemmo un’operazione mai fatta prima. A Ravenna in quegli anni non c’era la “cintura verde”. Noi invece abbiamo deciso che chi costruiva doveva cedere al Comune una parte della futura serie di aree verdi. Un esempio unico in Italia di cittadini che quando si sono fatti la casa hanno contribuito ai parchi della loro città. Ora, senza di noi, non ci sarebbe il parco Teodorico, il parco Baronio, il parco Cesarea…».

Inaugurazione Domus Tappeti Pietra 2002
Mercatali all’inaugurazione della Domus dei Tappeti di Pietra con il presidente della Repubblica Ciampi

Ma non si è costruito troppo?
«Non ho fatto io il piano regolatore (il Prg, che prevedeva anche i grandi parchi urbani, fu approvato nel 1993 ndr), sicuramente c’erano troppi metri cubi previsti. Noi abbiamo cercato attraverso vari regolamenti di ridurli. In passato, però, c’è stato un periodo in cui si pensava che la città sarebbe dovuta arrivare a 200mila abitanti. Fu un errore, Ravenna è questa, un po’ di metri cubi ce li potevamo risparmiare».

Dove non sembra essere accaduto granché, dal punto di vista urbanistico in questi 20 anni, è purtroppo in Darsena.
«Noi avevamo presentato il primo progetto, curato dall’architetto Boeri (il cosiddetto master plan Boeri, che prevedeva uno sviluppo urbanistico in altezza, con torri sul canale, e parchi pubblici, un po’ come il nuovo Pug, ndr) e resto convinto che l’idea sia vincente. Ma fino a che non si riuscirà a bonificare il canale, la Darsena avrà sempre delle problematiche. E si svilupperà davvero solo quando si incrocerà con un altro momento di crescita dell’economia».

Lei è ricordato anche per il sindaco degli happy hour di Marina.
«Ci inventammo un nuovo modo di vivere la spiaggia, che era già tra le più belle d’Italia. In quel periodo i genitori mi fermavano per strada per dirmi che grazie a quelle feste i loro figli non erano più costretti a mettersi in auto, per andare in discoteca a Rimini. Sicuramente c’erano storture che andavano sistemate, anche noi avevamo chiuso la Duna degli Orsi per disordini. Ma credevamo in quel progetto, nel divertimento come attrazione turistica. Negli anni successivi invece le idee sono cambiate (il riferimento è al sindaco Matteucci, celebre per la sua battaglia contro lo sballo e per aver di fatto stoppato il fenomeno degli happy hour, ndr)».

Marinara invece non è mai decollata. C’è chi parla di speculazione edilizia.
«Al contrario, noi abbiamo ridotto i metri cubi, abbiamo fatto modificare il progetto: in origine era previsto un palazzone che avrebbe chiuso ogni visuale del mare. A me Marinara piace e sfido chiunque a dire che non sia un bel porto turistico. Agli inizi ha contribuito a rendere Marina di Ravenna un’eccellenza in Italia per la vela, con competizioni di caratura internazionale. In quel periodo i prezzi delle abitazioni erano saliti quasi ai livelli di Milano Marittima».

Poi cosa non ha funzionato?
«L’espansione turistica di Marina di Ravenna si è bloccata. Senza più il divertimento in spiaggia, si è fermato anche il resto della località. Bisognava cercare di tenere insieme le due anime, crederci. Il sindaco dopo di me non ci credeva, ma non è una critica: ognuno ha le sue idee».

Marcatali Errani Matteucci DS PD
Mercatali con Vasco Errani e (sullo sfondo) Fabrizio Matteucci, suo successore a Palazzo Merlato

Una fotografia della Ravenna del 2002?
«In quel periodo c’erano quasi 4 miliardi di euro di investimenti in corso, grazie alle aziende e ai lavori nel comparto della chimica programmati negli anni novanta. Nel 2001, non casualmente, inizia il boom della popolazione. Il turismo vola, si torna a 3 milioni di presenze, non c’è disoccupazione; le aziende facevano fatica a trovare i lavoratori. Un boom. E anche la città si anima: ci inventiamo “Ravenna bella di sera” e fu una rivoluzione, per cui devo ringraziare anche i commercianti del centro, categoria non sempre vicina alla sinistra. Hanno avuto coraggio. Il giovedì sera a Ravenna non si entrava, dalla gente che c’era».

E oggi com’è Ravenna?
«Una gran bella città, in cui è ben visibile il segno della continuità del governo delle sinistre. In Darsena per esempio c’era la Sarom. Qualcuno pensava di farci un rigassificatore, anche nella maggioranza. O un deposito di gas. Noi quelle cose lì, invece, non le abbiamo mica fatte. Durante quegli anni, piuttosto, abbiamo lavorato per creare il nuovo potabilizzatore, per esempio, abbiamo completato l’operazione Ridracoli, abbiamo fatto nascere Hera, siccome le municipalizzate non erano più in grado di gestire le cose. Per non parlare dei servizi sociali. Ravenna è questa».

E come si rilancia ora, la città?
«Negli anni novanta, siamo partiti dalle “materie prime”: i beni culturali, le ricchezze ambientali. Credo ci sia ancora spazio per fare lo stesso. Il parco del Delta del Po ha ancora potenzialità inesplorate. Bisogna puntare sul rilancio del turismo, delle grandi manifestazioni. Ecco, poi riprenderei in mano il Mar, per dare al museo un ruolo più preciso, che ha un po’ smarrito. Noi affidando la direzione a Claudio Spadoni avevamo fatto una scelta chiara: magari non facevamo numeri clamorosi, ma eravamo riconosciuti in tutta Italia per la qualità».

Lei è stato da sempre molto legato anche al mondo dello sport e in particolare al Ravenna Calcio. Cosa ne pensa del nuovo palazzetto? Ci sarebbe bisogno di un nuovo stadio?
«Il nuovo palazzetto credo che serva più per mantenere in città l’Omc che per altro; non abbiamo più squadre di vertice per giustificarlo. Idem per lo stadio, ci abbiamo pensato, ma quando il Ravenna era in serie B. Per tornare a livelli nazionali resto dell’idea che in Romagna bisognerebbe fare squadra e unirsi, abbandonando i campanilismi. Sul tema calcio mi piace sottolineare che avevo sempre ritenuto la vicenda che ha coinvolto Gianni Fabbri (in quel periodo Mercatali era presidente onorario, ndr) una bolla di sapone e infatti è appena stato assolto (per il crac del Ravenna Calcio, ndr)».

Come giudica il sindaco De Pascale?
«Un bravo sindaco. Ha fatto un primo mandato positivo, ma è adesso, con il secondo, che deve dimostrare che sa concretizzare».

Com’è cambiata la politica in questi vent’anni? Il “partitone”, da queste parti, non sembra essere più quello che decide…
«I partiti, in generale, sono un’altra cosa. Sono partiti di opinione. Una volta le decisioni passavano tutte dal partito, in maniera collettiva. Oggi invece il “leader”, a tutti i livelli, ha un peso molto più importante. E ogni tanto si fa una riunione per informare “gli altri”».

E la politica nazionale?
«È commissariata, al momento, in Italia. Speriamo che esca dal commissariamento in piedi. Sarebbe importante che i politici e i partiti fossero tutti, dal Pd alla Meloni, consapevoli che c’è un problema democratico. I cittadini non hanno più fiducia, affluenze al 50 percento sono una vergogna. Anche il Pd deve farsi un bagno di umiltà e ricollegarsi ai cittadini, sfruttando magari le nuove tecnologie».

Rimpianti da ex sindaco?
«Non ne ho, e non serbo rancori. Me ne sono andato a testa alta, senza mai voltarmi indietro. Orgoglioso di quello che avevo fatto e soprattutto di una cosa: né il sottoscritto né gli assessori con me sono stati mai sfiorati da un’indagine. Facendo il sindaco non mi sono arricchito, la mia vita è cambiata quando sono andato in Parlamento semmai. Ma mi sono dovuto difendere ugualmente da voci infondate, in particolare per la vicenda di mio figlio, che ha avuto la fortuna di ottenere un vincita miliardaria all’inizio del mio secondo mandato. Depositata dal notaio, per chi lo mettesse in dubbio…».

Covid, tornano a salire i malati in regione. Muore un 94enne ravennate

Sono 229 i nuovi casi di positività al coronavirus registrati in 24 ore in provincia di Ravenna (dati aggiornati alle 12 di domenica 13 marzo) dove restano 2 le persone in terapia intensiva, mentre si regista un nuovo decesso, quello di un 94enne.

IL BOLLETTINO REGIONALE DEL 13 MARZO

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 1.215.649 casi di positività, 2.725 in più rispetto a ieri, su un totale di 13.722 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore, di cui 6.817 molecolari e 6.905 test antigenici rapidi.

I pazienti attualmente ricoverati nelle terapie intensive dell’Emilia-Romagna sono 57 (-1 rispetto a ieri), di cui 2 in provincia di Ravenna (invariato rispetto a ieri). L’età media è di 64,8 anni.
Per quanto riguarda i pazienti ricoverati negli altri reparti Covid, sono 1.049 (+ 8 rispetto a ieri, +0,8%), età media 74,4 anni.

I casi attivi, cioè i malati effettivi, sono 30.275 (+900). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 29.169 (+893), il 96,3% del totale dei casi attivi.

Le persone complessivamente guarite sono 1.820 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 1.169.306.

Purtroppo, si registrano 5 decessi: 1 in provincia di Parma (una donna di 87 anni); 1 in provincia di Ravenna (un uomo di 94 anni); 1 in provincia di Forlì-Cesena (una donna di 84 anni).
Si registrano due decessi extra-regione: due donne di 69 e 71 anni.
Non si registrano decessi nelle province di Piacenza, Modena, Bologna, Rimini e nel Circondario imolese.
In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 16.068.

La “storia di un ragazzo” (e le colpe della stampa) tra i disegni di Costantini

Il nuovo, riuscito, libro del graphic journalist ravennate che ha contribuito a tenere alta l’attenzione sul caso Zaki

Libro Zaki“Sì, stanotte sarò a casa …”: inizia così la graphic novel nata dalla collaborazione dell’illustratore ravennate Gianluca Costantini e della giornalista Laura Cappon che narra la storia di Patrick Zaki, lo studente egiziano di cittadinanza italiana da poco scarcerato in Egitto ma ancora in attesa della sentenza definitiva dopo un processo farsa e una lunga detenzione per reati di opinione.

Appena pubblicato da Feltrinelli e presentato a Ravenna alla Sala Oriani dagli autori, Patrick Zaki. Una storia egiziana è l’ennesimo e riuscito progetto che racconta di un ragazzo come altri che sogna e lotta per ideali condivisibili – libertà, democrazia, diritti civili – ma che per questo ha pagato con la tortura e due anni di carcere. L’accusa primaria, rigettata dalla difesa come falsa – quella di aver pubblicato alcuni post su Facebook – era talmente fragile agli occhi dell’opinione pubblica internazionale da dover essere sostituita nel corso del processo: oggi Zaki è accusato di aver scritto un articolo sulla minoranza cristiana in Egitto, un elemento che chiarisce quanto la repressione della stampa e delle opinioni sia essenziale a tutte le dittature.

Costantini Zaki
Costantini con Zaki dopo la scarcerazione

Il libro di Costantini e Cappon parte proprio due anni fa a Bologna dove Patrick frequenta un master sulla parità di genere: dopo aver deciso di fare una breve visita alla famiglia in Egitto, appena sbarcato all’aeroporto del Cairo viene fermato per un controllo. In realtà, il 7 febbraio 2020 parte il suo arresto, il silenzio col mondo, gli interrogatori, le torture. Fra i primi ad essere avvertiti della scomparsa di Zaki sono proprio Gianluca Costantini e Laura Cappon attraverso una rete di attivisti anonimi che vivono in Egitto: il primo – considerato uno dei migliori graphic journalists italiani – da anni ha intrecciato la sua esperienza di illustratore con una battaglia internazionale per i diritti civili – mentre Laura, laureata in scienze orientali e giornalista per numerose testate e Tv nazionali, è un’attivista ed esperta di questioni egiziane. Grazie a Twitter e alla rete, lo stesso giorno dell’arresto arriva un messaggio anonimo dall’Egitto che allerta: un ragazzo “italiano” è scomparso all’aeroporto. Ma dopo la morte di Giulio Regeni purtroppo tutti sanno quanto valore oscuro abbia la parola scomparsa.

In Egitto, al momento attuale sono 60mila gli attivisti politici detenuti in carcere, un numero che equivale a molto più di un quarto degli abitanti di Ravenna. Finire in carcere per aver espresso un’opinione pubblicamente suona strano per chi è abituato alla democrazia ma questo libro chiarisce quanto sia facile in altri paesi.

Tavola CostantiniLa narrazione parte da lontano per chiarire il contesto: dall’infanzia di Patrick in una famiglia copta e dalla sua giovinezza come studente della facoltà di Farmacia al Cairo attraverso l’Arab Spring che fra il 2010 e il 2011 vede la partecipazione di milioni di persone fra cui tantissimi studenti ad un movimento che chiede democrazia e trasparenza. La forza della Primavera araba è tale da far cadere numerosi governi fra cui quello del presidente egiziano Mubarak a cui seguono le prime libere elezioni del 2012. Il libro allarga a questi avvenimenti attraverso la storia personale di Patrick intrecciata a quella di altri attivisti in base alla storia e a testimonianze dirette come quella di Luisa Cappon che in questi anni vive in Egitto. Zaki in questo periodo è volontario in ospedale dove arrivano i feriti e i morti delle manifestazioni che proseguono contro il nuovo governo di Morsi, incapace di gestire la transizione. Il colpo di stato di al-Sisi non porta nulla di buono, anzi, peggiora in modo esponenziale la situazione dei diritti civili.

Nonostante il contesto, Zaki decide di lavorare per una Ong egiziana che si batte proprio per i diritti civili e due anni dopo, nel 2019, decide di proseguire gli studi a Bologna per un master sulla parità di genere. Purtroppo, per il regime dittatoriale egiziano già l’essere studenti all’estero è un motivo sufficiente di sospetto e condanna.

Ricostruire a disegno l’ambientazione di Bologna e della comunità universitaria a poca distanza da casa è facile; più difficile è realizzare i contesti e le persone reali in Egitto: oltre al materiale messo a disposizione da Cappon, Costantini ha condotto un’indagine capillare attraverso la rete, i profili dei social, il materiale fotografico pubblico e privato inviato dall’Egitto con l’unica preoccupazione di testimoniare la realtà o il verosimile, evitando qualsiasi orientalismo o stereotipo. L’operazione è innegabilmente riuscita: si esce dall’immersione nel libro con la percezione di una storia drammatica di un ragazzo in cui tutti possono identificarsi e con la conoscenza approfondita della storia recente di un paese appena al di là del Mediterraneo. Se ne esce anche con la consapevolezza del silenzio colposo della stampa e delle Tv italiane sugli avvenimenti internazionali – che isolano il paese in una dimensione locale, imbarazzante a fronte dell’effetto domino che lega indissolubilmente tutto il mondo (si veda l’Ucraina di oggi) – e dell’importanza e dell’unicità del graphic journalism.

In attesa quindi della sentenza definitiva che si spera a breve, a difesa di Zaki intervengono vari fattori: dall’attenzione causata dalla morte nel 2016 dello studente Giulio Regeni – di cui si sono occupati sia Laura che Gianluca – alla campagna internazionale realizzata da Costantini sull’immagine di Patrick che ha campeggiato in piazza Maggiore a Bologna e ha dilagato fisicamente in tutta Italia attraverso cartelloni e sagome portatili fino a diventare virale sulla rete. Tutta la comunità civile italiana sa chi sono Regeni e Zaki e questa attenzione mediatica continua – supportata anche da questo libro – ha sortito grandi effetti come il riconoscimento della cittadinanza italiana a Patrick da parte del Parlamento italiano e la sua scarcerazione. La sentenza definitiva – che sarà però senza possibilità di appello – dovrà tener conto dell’ennesimo gioco a domino in cui il moto è stato avviato anche e soprattutto dagli autori di questo libro; insieme a loro e alla migliore società italiana contiamo che le parole di Patrick “Sì, stanotte sarò a casa” diventino una realtà definitiva.

Per non dimenticare il disastro della Mecnavi, 35 anni dopo – FOTO

La commemorazione a Ravenna, con anche il sindaco di Bertinoro. In 13 persero la vita durante la manutenzione della nave “Elisabetta Montanari”

Si è svolta questa mattina (domenica 13 marzo) a Ravenna la commemorazione dei caduti della Mecnavi, con la deposizione della corona presso lo scalone del municipio in piazza del Popolo. Alla cerimonia oltre al sindaco di Ravenna Michele de Pascale, anche quella di Bertinoro, Gessica Allegni, comunità che piange quattro delle 13 vittime dell’incidente sul lavoro avvenuto il 13 marzo 1987 durante le operazioni di manutenzione straordinaria della nave gasiera “Elisabetta Montanari”, al porto di Ravenna.

A scatenare l’evento fu un incendio, le cui esalazioni causarono il decesso per asfissia dei lavoratori impegnati in lavori di manutenzione e pulizia. Le indagini rivelarono la disapplicazione delle più elementari misure di sicurezza e mostrarono la disorganizzazione del cantiere di proprietà della Mecnavi Srl, oltre al reclutamento di manodopera attraverso il caporalato.

A perdere la vita furono Filippo Argnani, di 40 anni; Marcello Cacciatore, 23 anni, di Ruffano; Alessandro Centioni, 21 anni, di Bertinoro; Gianni Cortini, 19 anni, di Ravenna, era al suo primo giorno di lavoro; Massimo Foschi, 36 anni, di Cervia; Marco Gaudenzi, 18 anni, di Bertinoro; Domenico Lapolla, 25 anni, di Bertinoro; Mosad Mohamed Abdel Hady, 36 anni, egiziano, residente a Marina di Ravenna; Vincenzo Padua, 60 anni, unico dipendente della Mecnavi, vicino al pensionamento; Onofrio Piegari, 29 anni, di Bertinoro; Massimo Romeo, 24 anni, al suo primo giorno di lavoro; Antonio Sansovini, 29 anni; Paolo Seconi, 24 anni, di Ravenna, al suo primo giorno di lavoro.

Le iniziative di commemorazione si concluderanno venerdì 18 marzo, con il webinar formativo “Rls – Prospettive di prevenzione”, organizzato dal Servizio di documentazione e informazione per rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di Ravenna (Sirs), composto da Cigl, Cisl, Uil, dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda Usl e Inail. Per partecipare al seminario, in programma dalle 8.30 alle 13, è possibile contattare il Sirs all’indirizzo e-mail salutesicurezzaravenna@gmail.com.

Pd e alleati all’opposizione che ha abbandonato l’aula: «Atto miope e irrispettoso»

I capigruppo di maggioranza: «Clamoroso errore nell’interpretazione del regolamento»

 ANG0127I capigruppo di maggioranza del consiglio comunale di Ravenna intervengono in merito all’uscita dell’opposizione dall’aula al momento del voto per il bilancio previsionale 2022–2024.

E in una nota – firmata da Massimo Cameliani del Pd, Daniele Perini di Lista de Pascale sindaco, Chiara Francesconi del Pri, Francesca Impellizzeri di Ravenna Coraggiosa, Giancarlo Schiano del Movimento 5 stelle – stigmatizzano il gesto dei gruppi di minoranza.

«Quello dell’opposizione – dichiarano i consiglieri – è stato un blitz che rivela un comportamento irresponsabile e pretestuoso. Il consigliere Baldrati (la protesta è nata per un suo presunto conflitto d’interessi, essendo presidente della cooperativa La Pieve e nel consorzio Il Solco, soggetti sovvenzionati dal Comune, ndr) è in consiglio da dodici anni e mai era stato sollevato il problema che di fatto non esiste. Infatti secondo il Tuel l’obbligo di astensione da parte di un consigliere non si può e non si deve applicare a provvedimenti normativi di carattere generale. È palese che non c’è nessuna correlazione diretta fra il contenuto del bilancio comunale che è per eccellenza il provvedimento più generale e gli interessi specifici del singolo.  Abbandonare l’aula, senza partecipare al voto su un documento così importante come il bilancio di previsione in un momento di grande crisi come quello che stiamo vivendo è un atto miope che rivela la mancanza di contenuti e di visione dei partiti di opposizione. Il dibattito democratico e anche lo scontro politico vanno praticati nel contesto dell’aula del Consiglio invece che attraverso dimostrazioni eclatanti e sconsiderate. Oltre a un clamoroso errore nell’interpretazione del regolamento, siamo di fronte all’ennesimo atteggiamento irrispettoso che non è degno di una città da sempre abituata ad una cultura politica e amministrativa alta e responsabile».

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