Tra rimozione, rinascita e sopravvivenza, al via Crisalide, festival sotterraneo

Edizione numero 26 della rassegna forlivese curata da Masque Teatro che quest’anno è ispirata al filosofo Aby Warburg. Ne parla il direttore Bazzocchi

Bazzocchi

Lorenzo Bazzocchi

Crisalide fa parte di quei festival italiani sotterranei, indipendenti e testardi, quei festival che si ostinano a sopravvivere di nascosto, nelle resistenze inerziali della provincia, lontano dal clamore e dalla luce mediatica. Da ben 26 anni i Masque portano avanti questo progetto, che per sei giorni riunisce a Forlì, nella loro sede al teatro Félix Guattari, alcuni protagonisti del teatro sperimentale, della danza e della performance contemporanea. Senza mai dismettere l’abito del confronto dialettico e filosofico, marchio di fabbrica della compagnia forlivese: Crisalide appaia opera e pensiero, spettacolo e riflessione, come si evince dal programma che quest’anno prevede 25 artisti e 26 incontri dal 6 a 15 settembre.

IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL CRISALIDE

Ne ho parlato con Lorenzo Bazzocchi, direttore artistico del festival, partendo dal difficile titolo warburghiano dell’edizione di quest’anno.

Una Performance Di Alessandra Cristiani

Una Performance Di Alessandra Cristiani

La vostra passione per il pensiero filosofico non è un segreto. Quest’anno, come titolo, avete usato un concetto di Aby Warburg, Nachleben, che lo storico dell’arte usava per indicare la sopravvivenza delle forme antiche nell’arte moderna. Perché?
«Come sempre accade per Crisalide, il titolo non è una precisa indicazione di lavoro. Il tema indica una sorta di habitat all’interno del quale ci muoviamo, sia nei mesi di ideazione del festival, sia durante gli studi di compagnia. Una linea di studio che esploriamo per trovarci pronti e allenati allo scambio con altre menti».

Cosa vi interessa del concetto di Warburg?
«Warburg ci allena allo studio delle immagini. Un artista, un danzatore o un performer individua sempre degli stilemi che sembrano aprire nuove strade. In poche parole, si tratta della rimozione e del ritorno del rimosso: la rinascita di queste figure, che sembrano appartenere al passato, è la cosa più evidente nelle prime fasi di tutti i lavori artistici. Ma le sopravvivenze ci parlano anche di una situazione teatrale sempre sull’orlo della scomparsa. Ci concentriamo su ciò che sopravvive».

Il tema della precarietà della scena teatrale italiana è al centro dei momenti di riflessione che Raimondo Guarino curerà per il festival. In questi 25 anni di Crisalide, avete notato una contrazione della scena indipendente?
«Più che decadimento o contrazione, quello che osservo è soprattutto una stasi. Abbiamo avuto a che fare spesso con amministrazioni che lasciano i territori a se stessi, con una sussidiarietà un po’ becera a volte. Il panorama di tante realtà (penso al Teatro i, ai Fanny & Alexander, ai Kinkaleri, ad Ateliersi) mostra una realtà di produzione che sopravvive con un sistema misto: a fianco di professionalità retribuite, esiste il fenomeno dell’adesione volontaria, che è il centro fondamentale di tutte queste attività. Questo viene completamente ignorato dalle nostre amministrazioni: è una manchevolezza gravissima. E in futuro potrebbe essere anche peggio: le giovani compagnie hanno difficoltà estreme per gli sbarramenti dei budget, che rimangono altissimi. Si preferisce salvaguardare le grosse realtà, che favoriscono i monopoli e che rassicurano i nostri politici».

Scrivete che ciò che vi interessa non è tanto la rappresentazione ma la processualità. Cosa intendete?
«In teatro ci si ferma spesso alla punta dell’iceberg della rappresentazione finale davanti al pubblico. Si dimentica però che dietro all’opera c’è sempre un processo lungo, complesso, legato alla vita degli artisti. Con Crisalide vogliamo far comprendere che dietro certe rappresentazioni ci sono studi e vicende di creazione che, sebbene spesso non abbiano la possibilità di essere viste, è bello conoscere. Ci piacciono queste forme ibride, in progress, come quella di sabato 7 settembre di Lea Barletti e Werner Waas, Natura morta con attori. Un esperimento che è possibile solo nei nostri spazi, dove i lavori sono sufficientemente protetti».

Il programma di quest’anno è molto ricco, comprende 25 ospiti in 6 giorni. Ce lo illustra in breve?
«Il festival, già da qualche anno, si sta strutturando in una doppia fase. Ad esempio, venerdì 6 ci saranno le performance di Francesca Proia e Alessandra Cristiani, a cui seguirà l’incontro con Raimondo Guarino, la fotografa Samantha Marenzi e Marcello Sambati, autore dei testi della Cristiani. Così, a una performance viene quasi sempre affiancato un momento di studio e approfondimento. Discorso diverso per i sabati, quando nei sabati cerchiamo di offrire molteplici esperienze di durata sufficientemente breve, intervallati da letture. Tra i momenti più importanti segnalo JUMP!, il lavoro della compagnia Opera Bianco, sabato 7, affiancato dall’incontro col critico d’arte Simone Azzoni. O ancora, il 13 settembre, Roberto Latini presenterà un lavoro su Shakespeare, un Amleto tutto vocale, quasi radiofonico, che mira ad eliminare ogni presenza scenica. Infine, mi piacerebbe citare la lettura di Pietro Babina di Teatrino clandestino: un attore che ha attraversato il teatro degli ultimi 30 anni, una figura presente e preziosa per tutti noi».

Vedo che le domeniche sono dedicate ai momenti più teorici.
«Le domeniche saranno occupate quasi completamente dalle tavole rotonde di Raimondo Guarino e Lorenzo Donati. Ma non solo. Penso ad esempio alla mia conferenza-laboratorio su Nikola Tesla il 15 settembre, dove cercherò di dare al pubblico delle cognizioni per poter costruire le sue famose macchine».

Ho notato anche un “Corso per ragazze indipendenti”, curato da Eleonora Sedioli e Eva Geatti. Di che cosa si tratta?
«È un laboratorio di carattere pratico, esclusivamente per donne, nel quale s’impara a darsi gli strumenti per possibili costruzioni di falegnameria e metallurgia, da usare eventualmente come scenografie. Sono molto curioso anch’io di capire cosa uscirà da questa collaborazione fra Eleonora ed Eva, che probabilmente sarà una prima tappa di un progetto più lungo».

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