Venticinque anni di Crisalide per provare «un’esperienza selvaggia»

Parla Lorenzo Bazzocchi, direttore del festival in programma dall’1 al 16 settembre a Forlì

Bazzocchi

Lorenzo Bazzocchi

Lorenzo Bazzocchi, classe ‘53 di Bertinoro, è regista e direttore dei Masque, storica compagnia forlivese nata nel 1992. Dal ‘94 è il direttore artistico di Crisalide, festival di teatro e non solo. L’importante appuntamento culturale graviterà dall’1 al 16 settembre attorno al teatro Félix Guattari di Forlì, “casa” della compagnia.

A questo link il programma completo

Dall’insolita titolazione (L’esperienza selvaggia) si evince un’attenzione particolare alla filosofia contemporanea, come attesta d’altronde l’impegno di Bazzocchi nell’organizzazione di Praxis, la scuola filosofica diretta da Rocco Ronchi. Abbiamo parlato col diretto interessato per avere una panoramica dell’edizione di quest’anno.

Crisalide compie 25 anni. Partiamo da qui: dopo tutto questo tempo cos’è cambiato?
«Non vorrei dire che è come se fosse l’inizio. Forse è solo un auspicio: bisogna iniziare sempre da capo. 25 anni coincidono con un anniversario topico nella vita degli uomini, ma personalmente non ho mai considerato troppo questi traguardi. Sì, sono cambiate molte cose, ma da parte nostra è rimasta la tensione di raggiungere una visione originaria. Questa è la spinta che ci ha sempre animato, fin dalla prima edizione nel 1994: proporre un luogo di scambio».
Uno scambio con altri artisti?
«Uno scambio di pensiero, direi. Si tratta di trovare un luogo e uno spazio preciso nel quale potersi mettere a confronto con altre figure. Non solo artisti, ma anche matematici, filosofi, professionisti che ragionano sulle cose del mondo in un certo modo. L’obiettivo fondamentale è quello di uscire dal teatro per tornarvi fortificati».
Secondo lei il teatro contemporaneo soffre di egocentrismo?
«Probabilmente soffre per una questione strutturale. Per definizione il contemporaneo si avvicina ad altre discipline artistiche: il testo è stato allontanato, c’è più attenzione all’aspetto visivo, coreografico e sonoro. Quello che sento mancare è una prossimità con il mondo del pensiero, nonostante tutto. Anche se è molto difficile mettere in dialogo linguaggi diversi. Forse si può solo tentare di mettersi in vicinanza e assorbire visioni diverse, per dare origine ad intuizioni nuove».
La sua formazione come ingegnere chimico può avere influito su questa tensione all’indagine verso altri campi del sapere?
«Forse l’aver studiato una disciplina tecnico-scientifica mi ha permesso di sapere che esistono altre cose fuori dal mondo della tradizione teatrale e del sapere umanistico, altri campi che hanno in sé una valenza creatrice elevatissima».
Il titolo di questa edizione di Crisalide è “l’esperienza selvaggia”. Che cosa s’intende con questa espressione?
«Il titolo è un’indicazione più interna che esterna. Cerchiamo sempre di limitare un campo di azione per predisporci al contatto con gli artisti. Ho sempre aborrito l’intenzione di creare delle manifestazioni a tema».
Quando pensa a questo titolo che immagine le viene in mente?
«Prima di essere un’immagine è un riferimento: sfogliando il Foucault di Deleuze mi sono imbattuto in questo ripudio di Foucault dell’esperienza selvaggia, della percezione grezza così come delineata dalla fenomenologia. Foucault afferma che tutto è sapere; il nostro concetto di percezione si ricollega invece a Merleau-Ponty».
In che senso?
«Quello che importa a noi è la percezione grezza, l’esperienza del fenomeno originario non condizionato né della cultura, né dal sapere. Percezione che sentiamo potente in certe manifestazioni performative: alcuni artisti riescono a scardinare il condizionamento che ci viene sempre dal sapere costituito. Questa è “esperienza selvaggia”: ci siamo approfittati di questa espressione filosofica come dei serial-killer».
Ospiterete anteprime nazionali?
«Sì, venerdì 14 settembre, nel nostro teatro Félix Guattari, ci sarà la prima di una coproduzione che mette assieme Teatro delle Albe, Masque e Menoventi. La regìa è di Roberto Magnani, che ha lavorato assieme a Eleonora Sedioli e Consuelo Battiston sul Macbetto di Giovanni Testori. Un momento importante del festival. Ma abbiamo chiamato anche altri artisti per portare avanti una discussione che va oltre le singole poetiche artistiche».
Ad esempio?
«Penso al Teatro i di Milano, ai Kinkaleri e al loro Spazio K di Prato, ai Fanny & Alexander, a Aterliersi di Bologna. Compagnie che lavorano in spazi indipendenti per creare sinergie assieme. Così Crisalide, nei due sabati del festival, ha chiesto ad ogni compagine la presentazione di micro-lavori di massimo mezz’ora per creare una maratona teatrale. Ad esempio, il 2 Roberto Latini presenterà un recital di poesie di Mariangela Gualtieri, La delicatezza del poco e del niente. Ateliersi presenta In Your Face, un lavoro che è allo stesso tempo un’indagine sui social e un tributo a Pirandello. Ma ci saranno anche spazi di pensiero dedicati a studiosi e filosofi (penso a Sara Baranzoni e Paolo Vignola, a Raimondo Guarino) e momenti musicali (Enrico Malatesta e Carlo Siega)».
Per quanto riguarda gli spettacoli più lunghi?
«A parte la co-produzione su Testori, domenica 9 il duo italo-tedesco formato da Lea Barletti e Werner Wass propone Autodiffamazione, un lavoro basato su un testo di Peter Handke. All’inizio del festival, il 1° di settembre, Ermanna Montanari eseguirà le sue Miniature Campianesi. Infine, il 16, ci saranno i Muta Imago con Nachstens, mehr!, uno spettacolo che parte da un’esperienza laboratoriale, prima delle performance di danza di Nicola Galli e Camilla Monga». Iacopo Gardelli

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