Dalla Bassa Romagna al Quirinale, quanto è dura rinnovarsi

Le carte di identità e i curricula di alcune figure nominate di recente negli organi locali di governo e istituzioni della Bassa Romagna sono una plastica fotografia del tanto dibattuto tema del (non) cambiamento in politica.

Prendete ad esempio Bagnacavallo. Nella giunta di Eleonora Proni, per sostituire uno dei due assessori dimissionari per motivi personali, è entrato Alfeo Zanelli che prende una poltrona in municipio per la terza volta. La prima è stata nel 1993: Carlo Azeglio Ciampi era presidente del Consiglio, Roberto Baggio vinceva il Pallone d’Oro, Totò Riina era appena stato catturato.

A metà gennaio la Fondazione Rossini che governa l’omonimo teatro di Lugo ha nominato come nuovo direttore Giovanni Barberini, uno che era già direttore pro tempore e che nel 2004 entrava già alla Rocca Estense come assessore nella giunta lughese mentre George Bush entrava alla Casa Bianca per il secondo mandato da presidente degli Usa.

Lo scorso novembre l’Asp Bassa Romagna ha nominato Emanuela Giangrandi come nuova presidente: è stata assessora del Comune di Lugo in tempi in cui nessuno avrebbe usato il termine assessora (1990-1993) e Raul Gardini era ancora vivo.

E se andiamo ancora un po’ più indietro e arriviamo allo scorso aprile, le cronache politiche riportavano il cambio nella giunta Ranalli: fuori una 36enne ingegnera edile (Valentina Ancarani) e dentro un 63enne con la maturità scientifica (Luciano Tarozzi) che lavorava da 40 anni in Confartigianato e cinque anni prima che l’altra nascesse era già in consiglio comunale con la Democrazia cristiana.

Poi ci sono anche le nomine agli antipodi. Assessorati affidati a ventenni che per ovvie ragioni anagrafiche difficilmente potranno aver maturato una base minima di esperienza. Nomine che sanno più di voglia di far pensare al rinnovamento piuttosto che di reale condivisione del rinnovamento.

Ma Zanelli, Barberini, Giangrandi e Tarozzi sono il problema della politica? No, non è una questione di casi specifici. Anzi, il valore dell’esperienza maturata sul campo non è in dubbio e non può che essere benzina preziosa per il motore amministrativo. Però si può dire con lucidità, senza timori di smentite, che queste nomine mostrano una palese difficoltà della politica a rinnovarsi? Sono ancora solo i grandi saggi che possono occuparsi delle cose da grandi? Le nuove leve dove sono? Non ci sono perché della politica se ne fregano e tocca ai vecchi reggere la baracca, o non ci sono perché i loro padri e le loro madri non li hanno allevati per non mollare la poltrona?

È anche vero che la Bassa Romagna è pur sempre in quel Paese che ha appena confermato presidente della Repubblica un signore che avrebbe preferito fare altro e finirà il mandato a 87 anni.

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