Una cartolina dalla giunta di Lugo al Pd: giovani e donne possono aspettare

Davide Ranalli

Per come ce l’hanno raccontata, verrebbe da immaginare una riunione della giunta comunale di Lugo in cui i sette assessori pescano un bastoncino a testa e a Valentina Ancarani capita quello più corto che significa dimissioni. Perché nelle cronache locali precedenti all’evento, nel comunicato ufficiale con cui è stata annunciata la sua uscita e nei commenti post non ci sono tracce di dissidi, di critiche al suo operato, di divergenze, nemmeno dall’opposizione. È tutto miele. L’unica lettura possibile dei fatti è che le poltrone per gli assessori sono contate e quando il sindaco ha deciso che Luciano Tarozzi è il suo Mister Wolf che risolve problemi, si è dovuto trovare qualcuno da far dimettere. Del Pd è Tarozzi, del Pd è Ancarani.

Il risultato è che esce una 36enne ingegnera edile al quinto anno in giunta (tre nel mandato precedente che le sono valsi la conferma nel 2019) ed entra un 63enne con la maturità scientifica che lavora da 40 anni in Confartigianato e cinque anni prima che l’altra nascesse era già in consiglio comunale con la Democrazia cristiana.

E così da Lugo è partita una bella cartolina con scritto “Ma anche no” all’indirizzo del segretario nazionale che ha messo la parità di genere al centro del suo mandato. Cartolina in copia a Ravenna: meno di un mese fa il segretario provinciale, su queste pagine, insisteva su maggiore spazio a giovani e donne come necessità per un Pd che cerca rilancio.

La Nuova Giunta Del Comune Di Lugo, 12 Giugno 2019 (2)Il 36enne primo cittadino ha chiesto alla coetanea di fare un passo indietro (in campagna elettorale con i passi indietro era venuto fuori un pasticcio…) e ha espressamente parlato di una scelta fatta per mandare un segnale al mondo dell’imprenditoria in una fase complicata e difficile. Le deleghe di Ancarani (Urbanistica e Edilizia) se le prende il sindaco che cede a Tarozzi quella alle Attività produttive. Non si può quindi considerare una bocciatura di Ancarani per quanto fatto nel campo a lei assegnato. Piuttosto sembra come se Ranalli, di fronte alle nuove sfide post-pandemiche, si sia guardato allo specchio con i sette assessori scelti meno di due anni fa (età media 48 anni) e abbia deciso che nessuno era all’altezza del compito. Lui compreso, si può dire, visto che sua era la delega. Ma viene spontaneo chiedersi se le redini dell’inseguimento alla ripresa, in un mondo ribaltato da cima a fondo, vadano date ancora alla generazione dei Tarozzi e non a quella delle Ancarani e dei Ranalli. Siamo sicuri che sia questo il segnale che vogliono le imprese? Il ricambio generazionale quanto deve attendere ancora?

Chissà poi se il Ranalli del 2021 è lo stesso che nel 2014 nella prima campagna elettorale annunciava una lista Pd composta da un pari numero di donne e uomini, per «un’applicazione concreta dei valori in cui crediamo». In effetti, ora la giunta è in perfetta parità: quattro uomini e quattro donne. Massì, bene ha fatto Ranalli: prima c’erano troppe donne e poca Dc.

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