«I metodi di Muccioli erano disumani, ma poi San Patrignano è cambiata»

La direttrice del Sert: «Ho sentito i racconti di chi scappava dalla comunità». Oggi in provincia di Ravenna sono 1.700 le persone seguite

SanPa«La dipendenza dalle droghe rende le persone disumane, ma chi è libero dalle sostanze e si occupa di curare i tossicodipendenti non può essere disumano. Sono fermamente contraria ai metodi che usava San Patrignano».

La dottoressa Deanna Olivoni è la direttrice del Sert in provincia di Ravenna, il servizio del-l’Ausl che si occupa di dipendenze, dagli stupefacenti al gioco d’azzardo passando per l’alcol fino alle più moderne legate al mondo internet e social network.

Olivoni cominciò nell’ambulatorio di Faenza nel 1986, nel pieno degli anni Ottanta segnati da un consumo massiccio di droghe e proprio mentre dal tribunale di Rimini emergevano le storie di giovani incatenati nella comunità fondata da Vincenzo Muccioli. Non serve la visione della docuserie Netflix per il parere della dottoressa sulla struttura di Coriano: «Ho sentito i racconti diretti di chi è passato là dentro. La disintossicazione fatta senza farmaci, le chiusure in luoghi per evitare la fuga, le squadre che andavano a riprendere chi riusciva a scappare».

MetadoneUn caso riguardò una ragazza faentina: la giovane riuscì ad allontanarsi e per non essere rintracciata rimase alcuni mesi nascosta in un appartamento di un amico che faceva l’università a Bologna. «Non ritengo che quello sia il sistema per affrontare le dipendenze. Lo pensavo allora e non ho cambiato idea. Per fortuna nel tempo è cambiata San Patrignano. Oggi non è più quella e lo dimostra l’accreditamento di alcuni posti con il servizio sanitario nazionale. È arrivato solamente poco più di un anno fa ma è la certificazione di un approccio che rispetta certi criteri».

Del resto Olivoni non ha dubbi sull’efficacia del metadone per il trattamento: «Le comunità lo chiamavano la droga di Stato ma non c’è dubbio che sia l’unico farmaco per affrontare la dipendenza da eroina. Non abbiamo un corrispettivo invece per la cocaina. Ci sono tantissimi casi di persone che grazie al metadone hanno avuto una vita normale con matrimoni e figli e in alcuni casi sono arrivati anche a concludere il trattamento».

L’eroina è al primo posto per i casi di di-pendenze seguiti dal Sert ravennate. Un ritorno? «Forse non se n’è mai andata – sintetizza Olivoni –. Massimo piacere e assenza di dolore: è difficile smettere. A seguire c’è l’alcol e poi la cocaina. I cannabinoidi sono molto presenti nella fascia di età 15-19 dove si stima che un giovane su quattro ne faccia uso, ma nel tempo arriva la dismissione con la maturazione di altri interessi». L’eroina di solito entra invece nelle vite nella tarda adolescenza, la cocaina già prima, per lo meno come sperimentazione saltuaria e non costante.

Sul fronte delle nuove dipendenze comportamentali, la dottoressa fa un ragionamento legato ai tempi: «Un benessere più diffuso fa sì che più giovani abbiano meno preoccupazioni concrete e così ci sia più spazio per avvicinarsi all’uso di certe sostanze».

Nell’anno della pandemia si sono ridotti gli accessi agli ambulatori di via Missiroli dove lavorano 24 persone tra medici, infermieri, educatori, assistenti sociali e psicologi. Nel 2019 erano stati 2.187 (1.300 per droghe, 600per alcol, 87 per gioco). Il conteggio comprende dall’intossicato in gravi condizioni inviato dal servizio sanitario fino al genitore che chiede consulto per un figlio. Nel 2020 ci sono state circa 400 persone in meno.

Una spiegazione prova a imbastirla Veronica Ridolfi, educatrice del Sert: «Non siamo potuti andare nelle scuole e nei luoghi del divertimento giovanile e non, e questo ha ridotto le occasioni per raggiungere i giovani. Ma forse anche l’isolamento obbligato dal virus ha ridotto le possibilità di percepire i disagi e le problematiche di parenti e amici. Accompagnare qualcuno a chiedere aiuto al Sert non è facile, ancora meno se bisogna tenersi lontani».

Un aspetto che riguarda i giovanissimi è quello legato a un abuso di psicofarmaci:«Lo vediamo nella fascia 14-16 anni – dice Ridolfi –. Se li procurano in vari modi. Trovano quelli dei genitori in casa, abusano in maniera impropria di quelli prescritti dal medico per disturbi del sonno oppure li acquistano in maniera illegale come qualunque altra sostanza».

Circa 1.700 sono le persone, tra 14 e 85anni di età con la maggioranza 35-55, che attualmente stanno seguendo un percorso di vario tipo con il Sert. Tutti con l’astinenza totale come obiettivo? Non è detto. «Ogni caso va valutato e l’équipe curante ha un ruolo in questo – spiega l’educatrice –. Di solito i primi tre mesi servono per conoscersi e inquadrare la situazione e la richiesta del paziente. Attraverso l’individuazione di obiettivi di cura a breve e medio termine si cerca di condurre la persona al raggiungimento di uno stato di benessere biopsicosociale più soddisfacente possibile.Qualcuno vorrebbe solo ridurre l’abuso e passare a un consumo controllato: per esperienza è difficile che questo accada dopo essere passa-ti da una dipendenza».

I tempi di disintossicazione variano, casi lievi con molta volontà possono farcela in qualche mese «ma sono perle rare». Perlopiù si tratta di una finestra di tempo di uno-tre anni.

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