Il ristorante dove “paga solo chi può” conta una media di 140 coperti per ogni pasto

Compie un anno il progetto di Cervia Social Food pensato per i più bisognosi. Le materie prime utilizzate provengono da donazioni o da iniziative per evitare sprechi

cucina sorriso

Un anno di “Cucina Sorriso”, tra l’impegno di chef e volontari, solidarietà e lotta allo spreco. Il progetto di cucina popolare, nato nell’ambito di Cervia Social Food (realtà cervese dedita alla cura dei più fragili) festeggerà il suo primo anno di attività giovedì 16 gennaio, con uno spettacolo che vedrà protagonista il divulgatore Roberto Mercadini, e per il quale è attesa anche la presenza del presidente della Regione Michele de Pascale.

Lo scopo principale della cucina è fornire un pasto caldo e gratuito ai più bisognosi come nelle tradizionali “mense dei poveri”, ma la particolarità del progetto sta nelle sue modalità: le porte del ristorante in via Levico sono aperte a tutti, ma solo chi può permetterselo pagherà il conto, contribuendo così al sostentamento della realtà benefica. I pagamenti avvengono tramite una tessera anonima, in modo da rendere indistinguibili i clienti paganti da quelli fragili, evitando qualsiasi forma di ghettizzazione. Il servizio non è self-service, come spesso accade in realtà analoghe, ma è gestito dai ragazzi disabili del centro socio-occupazionale Ikebana (cooperativa San Vitale di Ravenna), acquisendo quindi un doppio valore sociale.

A tirare le somme del primo anno di attività è la coordinatrice Daniela Poggiali: «Questa partenza ci ha regalato grandi soddisfazioni. Crediamo di aver raggiunto ottimi risultati, ma vorrei che fossero i numeri a parlare: in 11 mesi abbiamo garantito 310 servizi diurni, cui si aggiungono le aperture del martedì sera e gli eventi speciali». Il servizio, infatti, resta aperto tutti i giorni (festivi compresi) tranne la domenica, con pranzo sul posto e cena da asporto. «La media per servizio diurno è di 140 coperti, di cui circa una ventina paganti – prosegue Poggiali -, un numero che si è alzato nel corso dei mesi, grazie al passaparola e alla qualità dell’offerta: tra i più fragili, sono molti quelli che si spostano in treno dalle città vicine, come Cesenatico, Bellaria o Ravenna, sprovviste di cucine popolari o dotate di servizi dall’approccio diverso: il solo fatto di essere serviti al tavolo infatti è motivo di grande benessere e ritrovata dignità per i fragili, ben disposti a spostarsi per l’esperienza. Il picco di richieste è stato raggiunto alla fine dell’estate, quando gli stagionali giunti al termine dell’esperienza lavorativa si sono ritrovati senza vitto e alloggio garantiti dal datore di lavoro. Anche tra i paganti il passaparola aiuta: ci sono cervesi che frequentano abitualmente il ristorante per un senso di appartenenza al progetto, altri curiosi di ritrovare lo chef del proprio ristorante preferito dietro i fornelli della cucina popolare e turisti che, dopo averne sentito parlare sotto l’ombrellone, vogliono capire in prima persona il funzionamento di questa realtà. Nella serata di apertura la media si ribalta: i paganti superano di gran lunga i fragili, che hanno comunque la precedenza sulle prenotazioni, a causa della mancanza di strutture di accoglienza nel cervese e alle limitazioni orarie imposte dai dormitori dei comuni vicini».

Nonostante la natura positiva e il notevole riscontro del progetto, non sono mancati momenti di tensione all’interno del ristorante, che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine: «Pochi casi isolati, da contarsi sulle dita di una mano. A causare di queste diatribe è spesso il nervosismo dei più fragili, stressati da situazioni al limite: a Cervia, ad esempio, non c’è una rete di servizi a bassa soglia adeguata, mancano docce, dormitori e centri di accoglienza notturna d’emergenza. Anche l’accesso ai medicinali è difficoltoso per gli stranieri, causando ulteriori disagi», spiega Poggiali.

L’aumentare costante delle richieste ha portato i volontari di Cervia Social Food a lanciare una campagna di raccolta dell’olio d’oliva, oltre che ad ampliare la già nutrita rete di collaborazioni e aiuti: «Per ora possiamo ancora vantarci di non comprare nulla di ciò che viene servito: tutto il cibo che viene lavorato nelle nostre cucine è frutto di azioni di recupero o donazioni spontanee. Siamo partiti collaborando con 15 alberghi, mentre ora ci appoggiamo a oltre 60 realtà locali, contando sempre sulla solidarietà dei cuochi che si mettono gratuitamente alla prova con l’elaborazione di materie prime di recupero, assicurando risultati sorprendenti: dagli chef dei più noti ristoranti della città – dal Sushina al Royal Beach passando per Aie e Saretina – alle “Mariette” di Forlimpopoli o all’Associazione provinciale dei cuochi».

Da gennaio 2024 sono stati recuperati in tutto circa sei quintali di frutta e verdura fresca dal mercato ortofrutticolo, un quintale di materiale fresco e un quintale di prodotti secchi (biscotti, fette biscottate, cibo in scatola) da supermercati, forni e alimentari e quasi mezzo quintale di prodotti surgelati. A questi dati si aggiunge una media di circa un quintale di prodotti di genere misto provenienti dal Banco Alimentare e le donazioni delle imprese alimentari del territorio come Orogel e Amadori.

«Escludendo le donazioni volontarie, la maggior parte del cibo utilizzato in cucina sarebbe diventato scarto e rifiuto – continua la coordinatrice -. La sostenibilità in questo caso va a braccetto con la solidarietà e vorremmo continuare ad autosostentarci nonostante la richiesta crescente. Con l’arrivo dell’autunno è stata lanciata anche una campagna tra le attività stagionali in chiusura per ricevere ciò che era avanzato dall’estate. Non mancano invece i volontari: per ogni servizio ne vengono impiegati circa dieci, ma la popolarità del progetto sta causando una reazione a catena: è passato il giusto messaggio, quello che vede “Cucina Sorriso” come un progetto di tutta la città, e in tanti vogliono sentirsene attivamente parte». La rete di contatti e connessioni stretta dal progetto ha permesso ai volontari di intervenire anche in occasioni al di fuori della sfera cittadina, come nel caso dell’emergenza alluvionale a Traversara, dove è stata organizzata una cucina da campo e sono stati donati beni alimentari per la cittadinanza colpita.

Tra le novità sviluppate nell’ultimo anno anche l’inaugurazione del forno di comunità, un forno a legna a disposizione della cittadinanza per cucinare (e condividere) ciò che si è preparato a casa. Grazie alla generosità di un ristoratore della zona, in occasione dell’inaugurazione del primo forno ne è stato donato anche un secondo, indicato per la cottura delle pizze, che viene ora utilizzato all’interno di Cucina Sorriso. «Per chiudere l’anno in bellezza – conclude Poggiali – sarà presto realtà la collaborazione con l’associazione ravennate “Amici di Enzo” e i ragazzi del Liceo Artistico Pier Luigi Nervi, che dipingeranno il grande pannello bianco che nasconde la raccolta rifiuti del ristorante, contribuendo a un’ambiente ancora più bello, accogliente e ospitale».

Il progetto:

Il progetto Cervia Social Food nasce su impulso di un avviso pubblico emanato dall’amministrazione comunale con l’obiettivo di costituire una rete per il contrasto agli sprechi alimentari e di altra tipologia (ad esempio farmaci, abiti, libri) e comprende anche una sartoria, un emporio e una libreria.

La rete è composta da 23 soggetti tra cooperative, imprenditori, associazioni di categoria, parrocchie e scuole che hanno individuato la cooperativa San Vitale come ente capofila.

È operativa anche una sartoria sociale che maneggia, ripara e trasforma abiti usati (o provenienti da stock donati) per regalarli ai bisognosi o rivenderli all’interno della bottega “Risvolto”, in piazza Garibaldi, o “L’emporio solidale” di via Levico (nello stesso stabile del ristorante) dove circa 120 famiglie possono acquistare gratuitamente o a prezzi calmierati beni di diversa natura, anche oggetti di uso comune che vengono riparati e messi in vendita come in un mercatino. In questo caso per l’accesso è necessario presentare Isee e residenza. C’è poi Libridine, libreria che raccoglie e cataloga libri e fumetti usati per rivenderli.

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