Se una popstar non è all’altezza di un Festival

Ricordo di averlo letto da qualche parte nelle scorse settimane ma di non averci fatto troppo caso, come quando ti capita di guardare in televisione anche per pochi secondi un programma di Maria De Filippi e non scandalizzarti neanche più. Poi, quando l’altro giorno ho letto che i primi mille biglietti sarebbero già stati venduti, ho realizzato: Laura Pausini sarà al Ravenna Festival. Uno scandalo.
Qualcuno dovrà pur dirlo. E lo dico senza paura di essere preso per snob, convinto che sia troppo facile farne una questione di gusti, quando invece sarebbe bene riscoprire il valore dell’oggettività. La Pausini è il classico esempio di prodotto costruito ad hoc dalle case discografiche ad uso e consumo di ragazzini, ragazzine e persone musicalmente ignoranti che si accontentano di canzoni sentimentali caratterizzate da testi banali e da una classica voce da brava ragazza tanto brutta da sembrare quasi bella. Una sorta di piano bar all’ennesima potenza, un romanzo Harmony in versione musicale. Musica leggera, ma proprio leggera, che non può essere scambiata con il “pop” di qualità come invece vogliono farci credere quelli del Ravenna Festival che in un comunicato scrivono - quasi mettendo le mani avanti - come il pop sia stato sempre parte integrante del cartellone della manifestazione, basti pensare, dicono, al concerto di Bob Dylan degli anni scorsi. Oddio, ho una stretta allo stomaco, cosa c’entra Bob Dylan con Laura Pausini? Meglio pensare ad altro, per esempio al fatto che il concerto è realizzato grazie al sostegno del Gruppo Hera. Che sia allora una colossale presa in giro, mi chiedo un po’ risollevato, un geniale esperimento volto ad indagare il legame tra immondizia e musica trash? Scemata la momentanea esaltazione mi dico però che è impossibile e che si deve trattare davvero di un modo per svecchiare il festival e aprire le porte alla musica popolare.
Un fine legittimo e condivisibile, ma che si tenta di raggiungere utilizzando il “mezzo” sbagliato. Con il cachet della Pausini si potevano invitare artisti italiani e internazionali “popolari” e “moderni” (ad insegnarlo è lo stesso Ravenna Festival che l’anno scorso ha chiuso con i Massive Attack), tenendo comunque alto il livello artistico di una rassegna che in questo modo invece, anche agli occhi del resto d’Italia, perde di credibilità. Il Ravenna Festival non può avere in cartellone Diamanda Galas, Herbie Hancock e… Laura Pausini. È come se al prossimo festival del cinema di Venezia ci fosse in concorso il nuovo film di Massimo Boldi. C’è qualcosa che non quadra, qualcuno raccolga delle firme, si faccia una piccola protesta. O si sappia che almeno una persona, nascosta dietro ad un buffo pseudonimo, non lo può accettare. Anche se credo proprio che alla fine la signora Muti se ne farà una ragione…

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