La canzone dell’estate e (forse) una nuova grande popstar italiana

Grand Final 62nd Eurovision Song Contest

Gabbani sul palco dell’Eurovision

Quando internet iniziò ad arrivare nelle case di tutti eravamo in tanti a pensare che un giorno ci avrebbe liberato. La schiavitù dei contenuti a pagamento e dei palinsesti televisivi sarebbe sfumata per sempre e ognuno avrebbe potuto scegliere chi essere e cosa consumare. 15/20 anni fa, se qualcuno parlava delle possibilità, gli si rompeva il fiato in gola dall’emozione. “Riuscite a immaginarlo?”, in grassetto corsivo maiuscolo (la politica editoriale di R&D Cult mi impone di scriverlo senza grassetti né maiuscoli né corsivi) (no, scherzo). Io di mio avevo desideri semplici, ad esempio poter ascoltare tutti i dischi della top 50 di Blow Up e Rumore senza dover uscire il grano per comprarli, ma in generale le possibilità erano davvero infinite – che ne so, un giorno avremmo potuto scegliere i nostri contenuti televisivi! Sul web! Altro che il concertone estivo di Albano e Romina all’Arena di Verona del cazzo.

Poi non so cosa sia andato storto, nel senso, dal primo internet futuristico dei siti customizzati ad mortem su geocities si è passato alle message board e poi sono arrivati i blog e i social network, e ognuno ha potuto scegliere chi voler essere. Il risultato finale di tutto questo è che da 5 anni a questa parte, se capiti su Twitter dalle 9 a mezzanotte si può soltanto discutere in maniera accanita di quello che passa in Tv in quel momento. Il mese scorso ad esempio è toccato all’Eurovision Song Contest, per il quale c’è questa specie di culto sotterraneo che serpeggia da anni e cerca di imporne la grandezza al pubblico televisivo delle prime serate. Se non sapete cos’è l’Eurovision beati voi e cercatelo su Google, vi basti sapere che l’edizione di quest’anno era particolarmente sentita: il concorrente italiano, Francesco Gabbani, era dato per superfavorito alla vigilia, e alla fine è arrivato piuttosto indietro, generando la peggior ondata di anti-europeismo da mesi a questa parte, eccezion fatta per il bacino di salviniani e cinquestellisti.

Dicevo, è un po’ deprimente perché l’Eurovision è davvero un programma Tv orrendo, giustificabile solo con quel terribile atteggiamento da enclave intellettual-mediatica pacificata da Marshall McLuhan di stocazzo con cui si guarda a cose tipo Sanremo, i talent show e Franca Leosini; se guardate anche uno solo di questi programmi traendone qualsiasi tipo di piacere intellettuale ne fate parte, mi dispiace. Non vi sto giudicando, anzi sono decisamente uno di voi. Ho iniziato ripudiando qualsiasi tipo di prodotto culturale di massa in quanto – appunto – di massa, e questo è successo tra i 14 e i 15 anni. Un paio d’anni dopo mi ero tuffato con entusiasmo nei miei primi testi marxisti e sono riuscito ad ammantare il mio rifiuto per tutto ciò che era popolare di tutto un discorso ideologico, una coltre di oscurantismo che è rimasta intatta per almeno cinque o sei anni, prima di soccombere ad alcune evidenti crepe. Poi abbiamo scoperto il concetto di guilty pleasure, e poi il concetto di trash, e verso metà anni duemila abbiamo iniziato a capire che quasi tutta la battaglia culturale da lì in poi si sarebbe giocata sulla codifica di quest’ultimo all’interno del panorama culturale contemporaneo. Ma eravamo menti semplici, e la dialettica tra impegno e disimpegno è sempre rimasta una dialettica legata al conflitto – il risultato inatteso: pur di riuscire a giustificare l’esistenza di Carlo Vanzina, ci siamo messi a pisciare contro Pier Paolo Pasolini. Per certi versi è stata la battaglia più giusta e importante che abbiamo mai combattuto, ma il risultato finale è che una volta ero indeciso sul nome della vincitrice di Masterchef (che mi dicono viva a 20 metri da casa mia, vabbè) e qualcuno mi ha dato dell’oscurantista.

Sapete cos’è la “canzone dell’estate”? Immagino di sì, ma lo spiego comunque. È un concetto radiotelevisivo: secondo la cultura italiana contemporanea l’arrivo dell’estate è l’arrivo del disimpegno cazzaro e preso bene, un’idea di darwinismo sociale che io associo agli happy hour domenicali di Marina di Ravenna pre-caccia alle streghe. A questo imbarbarimento della popolazione corrisponde una colonna sonora, fatta perlopiù di tormentoni pop particolarmente idioti, ma solo uno di loro è LA canzone dell’estate, quella che riascoltata tra vent’anni riporterà al palato sensazioni tipiche di quegli anni (ad esempio Children, del da poco scomparso Robert Miles). Ma quando si parla de “la canzone dell’estate” si fa riferimento a delle playlist radiofoniche, o a un programma Tv degli anni ottanta/novanta (il Festivalbar), non a elezioni popolari per farle trionfare. Una volta a dire il vero un mio ex compagno di classe, tale Manuele, mi incontrò a fine estate e mi chiese quale fosse stata per me “la canzone dell’estate” (risposi Informer), ma al di là di quell’episodio nient’altro da segnalare. Nel 2017 invece il concetto di “canzone dell’estate” sta serpeggiando in giro per i social e assumendo drammatiche tonalità da filosofia del linguaggio. Quali sono le caratteristiche semiotiche di una canzone che aspira ad essere “LA” canzone dell’estate? È possibile produrla in vitro? E soprattutto: quali sono le candidate? Difficile a dirsi, ma un ascolto distratto alle radio mostra i segni di un impazzimento collettivo con il quale sarà difficile fare i conti tra qualche anno. Per dire, l’altro ieri ho girato su Radio Gamma e mi sono beccato un pezzo di Francesco Renga con qualche influenza EDM. Al momento comunque nella corsa al titolo sono molto ben piazzate Pamplona di Fabri Fibra feat. TheGiornalisti e Volare di Fabio Rovazzi feat. Gianni Morandi. Ringrazio il cielo di aver mantenuto quel briciolo di lucidità necessaria a farmi accorgere che entrambe le canzoni fanno assolutamente schifo –anche se qualcuno loda la lucidità dei testi di Fibra e/o la lucidità del concetto mediatico di Rovazzi, il che mi sembra in entrambi i casi un’aggravante, ma come detto la coscienza collettiva è un pezzo avanti in questo senso. Personalmente credo che la canzone dell’estate sia quella dell’inverno, Occidentali’s Karma di Gabbani, che ha sbaragliato la concorrenza a Sanremo ed è stata trombata in malo modo all’Eurovision. L’altra sera senza rendercene conto con la mia morosa e mia figlia abbiamo guardato qualcosa come sette esecuzioni di fila della stessa canzone in streaming: tutte le serate di Sanremo, quella al primo maggio, quella all’Eurovision. Abbiamo dato il nostro parere sulle varie performance, concluso che Gabbani è uno che ci crede davvero e che in potenza potrebbe perfino diventare una delle grandi popstar italiane, tipo Albano e Romina, quella gente lì. Oppure no, ma sempre meglio di Rovazzi insomma.

(La reunion di Albano e Romina all’Arena di Verona, un paio di anni fa, fece un sacco di furore su Twitter)

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