I “rapper di adesso”, gli equilibri del pop e la foto di Sfera Ebbasta in cameretta

Sfera

Il rapper milanese Sfera Ebbasta

Voi come ve l’aspettavate il futuro della musica? Da ragazzo ho sempre avuto questa idea che un giorno sarei diventato babbo e avrei bussato incazzatissimo alla porta di mio figlio urlandogli di abbassare quella merda. Nella mia idea sarebbe stato qualcosa di rumorosissimo e dozzinale, probabilmente derivato da qualche gruppo del cazzo che ascoltavo in quegli anni – che ne so, Masonna o gli Psywarfare, quella roba crassa lì. Sintetizzata ma rumorosissima e qualche studio che girava sottobanco secondo cui un giovane su sei si uccideva per via delle frequenze alte.
Il primo bias musicale della mia vita invece l’ho subìto con della musica tranquillissima. I tempi sono cambiati, sia chiaro: saranno quindici anni che nessuno si pone davvero il problema di rompere il cazzo più di quanto lo rompevano i suoi predecessori. Si è iniziato a spingere verso altre direzioni, a reclamare una propria identità che potesse essere ancora invisa ai genitori. E come fai se i genitori si organizzano ogni due anni per vedere i Metallica allo stadio? Tocca pensare a qualcos’altro.
Le persone che parlano di musica nelle riviste e nei siti e nei quotidiani hanno quasi tutte più di 30 anni. Quando parlano di rap, se ci guardate, usano quasi sempre due canovacci narrativi. Il primo si chiama i rapper di adesso e consiste nello smerdare le persone che fanno rap oggi perchè  “questa merda è una pallida imitazione dell’eccitante periodo artistico di cui ho fatto parte”. È un filone letterario che si ripropone più o meno identico da circa 10 anni (Tradimento di Fabri Fibra), e che si basa su un ideale narrativo per cui il rap italiano è finito con Melma&Merda – un’idea che ovviamente  condivido. Tutto quello che è successo dopo è la volgarizzazione di qualcosa che prima era puro e intoccabile. È un concetto secondo cui Salmo è arrivato in un periodo nel quale la mia generazione si è rotta definitivamente le palle di ascoltare rap italiano, e questa in qualche modo dovrebbe essere colpa di Salmo.
Il secondo canovaccio narrativo si chiama grazie ar cazzo (in onore alla più grande entità musicale di cui si è parlato in questi termini) e consiste nel guardare un gruppo di apparenti idioti commentando “c’è più di quel che pensate in questa roba”. La Dark Polo Gang merda schifo e sdegno, ma in realtà le loro boutade nascondono una visione che eccetera eccetera. Il canovaccio si chiama grazie al cazzo perchè a dispetto della roba che pensa il giornalista, la DPG viene comunque ascoltata da milioni di persone, voglio dire, è logico che abbia qualcosa di interessante. Quello che fa la differenza, in entrambi i canovacci, è la povertà di visione. Penso che siano degli idioti, e quindi immagino che lo pensiate anche voi (ma io faccio un passo in più, fatelo anche voi); fermo restando che la roba che ascoltavo io è meglio.
Ho ascoltato rap negli anni novanta, non lo dico con orgoglio, ero semplicemente adolescente allora e quelli erano semplicemente dischi che andavano ascoltati. Poi la prima stagione del rap è passata, in gran parte perché le persone come me non avevano voglia di star lì a sostenerla – uno o due dischi all’anno quando andava bene, e puf. Il rap si è ricostruito la propria verginità come sistema isolato, nei circoli dove lo si continuava a fare e a consumare, e a un certo punto era abbastanza solido da permettere a qualcuno di usarlo come base per scardinare gli equilibri del pop. Non ho davvero idea del perché questa cosa faccia così tanto incazzare noi vecchi. Io ho questa cuginetta che mi ero ripromesso di iniziare alla musica: fino all’anno scorso la potevo portare con me ai concerti di Tiziano Ferro (pausa scenica), ora ha attaccato la foto di Sfera Ebbasta in cameretta. Quando l’ho vista mi sono preso un coccolone. Con Sfera ci ho anche provato, e purtroppo mi fa davvero vomitare, e credo sia una bella cosa – credo che il compito di quelli della mia età sia di inorridire, di fronte a uno come Sfera, proprio di faticare umanamente a comprendere come cazzo sia possibile fare una cosa così sbagliata stronza e offensiva, e uscire dai gangheri nel momento in cui viene forzato dalle circostanze ad ascoltare questa gente che chiama tutti zio con l’autotune (zio con l’autotune suona tipo zueioa) (non sono tuo zio, zio). E forse questo è il famigerato bias, lo scarto generazionale che attendevo da almeno dieci anni e non era ancora arrivato, bontà sua. La mia segreta speranza è che un giorno non troppo lontano io e lei ci s’incontri a un concerto di Salmo, che pur essendo classificabile come giovane rapper (ha 7 anni in meno di me) fa una cosa con cui in qualche modo mi posso ancora confrontare, e magari incazzarmici sopra oppure non farlo, o magari usarlo per vendere il mio repertorio da vecchietto lezioso con la mia cuginetta («sai Salmo guarda un sacco di film che ho guardato anch’io, sai Salmo ascoltava quel punkettino che ai miei tempi lo sfottevamo un po’ quel punkettino lì, c’è pure il tizio dei blink-182 nel disco nuovo»). Credo che significhi che a dispetto dell’estetica generale, Salmo sia molto meno radicale di Sfera, ma anche il metal di oggi è meno radicale di quel che ascoltavo io – hanno imparato a risparmiare sulla foga e lavorare sul concetto. Non è manco male. E comunque a un certo punto le chiacchiere stanno a zero: ad ascoltare Hellvisback mi riesco ancora a fomentare, magari è una cosa passeggera, non lo so, non voglio saperlo, è un disco che funziona, non è proprio un linguaggio che capisco ma non è neanche la stessa roba che sento uguale da vent’anni e passa. E nel dubbio è meglio metter su Salmo che passare la domenica mattina a rompere il cazzo alla mia morosa con i testi dei Sangue Misto, una cosa che proprio secondo me non ve n’è, ecco tutto.

 

NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
INCANTO BILLB 19 04 – 01 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24