Convince La doppia ora, originale thriller a incastri, meno Southland Tales, dal regista di Donnie Darko

La doppia ora di Giuseppe Capotondi
Sonia e Guido, due storie diverse, due passati oscuri. Lei, slovena, fa la cameriera d’albergo, lui lavora come custode in una villa. Si incontrano in un locale per appuntamenti, decidono di provarci.

Sembra la solita storiella d’amore e di tolleranza in salsa tricolore, mentre ci troviamo di fronte a un originale e robusto thriller a incastri, oscuro fino alla rivelazione centrale del film. Difficile non pensare a La Sconosciuta (con cui condivide la protagonista Ksenia Rappoport, Coppa Volpi come miglior attrice a Venezia) o a Le conseguenze dell’amore (grazie alle belle musiche di Pasquale Catalano). Difficile non pensare che l’esordiente Giuseppe Capotondi possa avere un grande futuro: proveniente dal videoclip, la sua regia corre perfettamente sul filo della paura e riesce a dare corpo alle angosce della protagonista, rivelandosi abile manipolatore di immagini ma anche autore puro. Non sembra un film italiano, non c’è il dramma familiare (o per lo meno non è centrale), non ci sono figli difficili, non c’è neanche il solito pedante e odioso pianoforte che “sottolinea” ogni scena. La doppia ora è un film di genere, un puzzle-movie, un thriller complesso e a incastri. È un film italiano di cui andare fieri e soprattutto da andare a vedere, spogliandoci di quei soliti sospetti che insorgono nel leggere l’accostamento “Italia – Thriller”. Grande coppia di attori: oltre alla bravissima Rappoport, c’è quel Filippo Timi che si sta avviando a diventare uno dei protagonisti assoluti della scena cinematografica dei prossimi anni. Sceneggiato a sei mani, due delle quali dell’apprezzato scrittore ravennate Alessandro Fabbri. 7,7 ? non a caso.

Southland Tales di Richard Kelly
Nel duemilauno, negli Stati Uniti, esce un piccolo film indipendente destinato ben presto a diventare un cult movie: Donnie Darko. Gli echi e i passaparola sono stati tali da farlo pian piano distribuire in tutto il mondo ed elevarlo a film simbolo delle nuove generazioni. Fama meritata, perché il film è un fanta-thriller appassionante, originale (pur con debiti lynchiani), citazionista nella sua ambientazione temporale, gli anni ’80. È nata una stella, si diceva a proposito del giovane regista esordiente. Ma di Richard Kelly, classe 1975, in Italia non se ne è sentito più parlare, visto che il disastroso seguito S. Darko, non ha nessun legame artistico con l’originale. Invece Kelly ha continuato a fare cinema: grazie al successo ottenuto, presentò a Cannes 2006 il suo costoso e personalissimo nuovo progetto: Southland Tales. La proiezione si rivelò un disastro, col film sommerso da fischi, e un insuccesso tale da indurre qualche critico a eleggerlo come uno dei peggiori film di tutti i tempi. In Italia è uscito mestamente soltanto in dvd lo scorso anno. Il problema del film è che è oggettivamente incomprensibile, visto che la vicenda si basa su alcuni fumetti che fungono da prequel e che evidentemente spiegano la situazione, riassumibile così: in un 2008 futuristico e fantascientifico, dopo anni di attacchi nuclear-terroristici in Texas, si narra la storia di un famoso attore di film d’azione in preda ad amnesia, che ha forti collegamenti con la presidenza degli Stati Uniti. Si finirà con camper volanti. Della durata di quasi tre ore, il film conferma in pieno il talento visionario ma troppo folle di Kelly, perché Southland Tales è l’oggetto più strano mai entrato nel mio lettore dvd in tutti questi anni. Un film talmente sbagliato e strampalato che quasi quasi è da vedere. Kelly ci riproverà a inizio 2010 con un altro thriller, The Box. 5

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