Un portale nomade da salvare

Le vicende storiche, fra smontaggi e ricollocazioni, dell’arco cinquecentesco del Monastero di Porto, in attesa di un restauro

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Il loggiato cinquecentesco del Monastero di Porto che si affaccia sui giardini pubblici

Chi visita Ravenna o chi è solito frequentare mostre di arte conosce il Museo d’arte della città (MAR) collocato in via di Roma nella sede che tutti conosciamo come Loggetta lombardesca. Credo che sia abbastanza comune la sensazione di piacere che suscita la vista del piccolo chiostro quadrilatero che si incontra dopo aver superato l’atrio di ingresso del museo: è un piccolo gioiello architettonico rinascimentale che incornicia elegantemente uno spazio verde con arcate in doppio ordine. Negli ultimi anni, i corridoi del chiostro sono stati utilizzati come spazi espositivi permanenti sia al pianoterra che al primo piano, togliendo forse un po’ di respiro all’occhio che – almeno per quanto mi riguarda – vorrebbe indugiare un po’ più a lungo sugli spazi e le forme classicheggianti della struttura. Sul retro dell’edificio, verso i giardini pubblici, il doppio ordine del chiostro si intravede attraverso un loggiato chiuso da una bella cancellata del primo ‘900, determinando una visione di grande effetto, soprattutto nelle sere d’estate.
Tutto sommato, almeno il chiostro rimane sufficientemente fedele a quello spazio raffinato che i monaci di Porto avevano immaginato ed iniziato a costruire dal 1502, pochi anni dopo alla prima fase di costruzione del complesso che doveva ospitare la comunità dei Canonici regolari lateranensi. Molto è invece scomparso dell’intero edificio originario che doveva essere talmente bello da giustificare il fatto che – prima della costruzione del Palazzo dei Legati in piazza – i rappresentanti pontifici o addirittura i papi di passaggio in città scegliessero il monastero di Porto per il loro soggiorno.
In alcuni dipinti di Romolo Liverani del 1824 risultano ancora visibili elementi che non esistono più come il refettorio e il secondo chiostro trilatero costruito nel 1522, che si trovava davanti all’attuale facciata del museo, esattamente dove oggi c’è un bel prato con aiuole.

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Il chiostro interno del Monastero di Porto, costruito nel 1502

Un po’ meno grande di quello sopravvissuto, questo chiostrino d’ingresso inglobava una torre con un orologio – poi abbattuta nel 1837 – e un portale cinquecentesco nel lato verso la basilica di Santa Maria in Porto. Definita la funzione militare dell’edificio portuense già al tempo delle soppressioni napoleoniche, nel 1885 si decise di abbattere tutta la parte dell’edificio che occupava la parte antistante alla facciata attuale. Abbattuto il refettorio, si smontò quindi il chiostro minore per lasciare spazio alla costruzione della Caserma Garibaldi, un edificio tetragono che occupava l’area dalla facciata attuale del MAR fino al marciapiede di via di Roma. La sede militare – testimoniata in alcune fotografie eseguite fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo – scomparve sotto i bombardamenti del luglio ’44 che coinvolsero purtroppo anche parte del chiostro attuale e della facciata. Solo nel dopoguerra si provvide a ricostruire la facciata e a restaurare quanto rimaneva dell’antica struttura, recuperandola ad una funzione diversa da quella ottocentesca.
Tornando ai lavori del 1885, i pezzi del chiostrino smontato per dare inizio all’edificazione della caserma vennero riutilizzati in parte per costruire una struttura similare nei locali di Classe (l’attuale Biblioteca Classense), in cui si trovava il Museo di Antichità. Inutile dire che la decontestualizzazione e il rimontaggio parziale delle colonne a nord della Chiesa di San Romualdo non erano che un pallido ricordo della struttura originaria, ma nel 1927 questa porzione residua venne di nuovo atterrata. Occorre aspettare il 1936, quando si decise che le colonne sopravvissute potevano migrare per decorare la Biblioteca Oriani, costruita da Giulio Ulisse Arata su commissione del Comune in luogo della cinquecentesca Casa Rizzetti appena abbattuta. In quello che appare oggi come un cattivo gioco di blocchetti Lego, le colonne si sono finalmente fermate sul retro dell’attuale Biblioteca dove incorniciano ancora il giardinetto che affaccia su Piazza San Francesco.

Disegni ad inchiostro di Romolo Liverani , Vedute del Convento di Porto

Nei lavori di adattamento del monastero di Porto a caserma del 1885, non fu solo il chiostro trilatero ad essere soppresso ma anche il bel portale laterale che permetteva il passaggio dal chiostrino di ingresso al piazzale antistante alla basilica di Santa Maria in Porto, come si nota in un bel dipinto di Liverano del 1824. La struttura architettonica – che non va identificata col portale di ingresso su via di Roma come talvolta si è erroneamente affermato – venne smontata pezzo per pezzo e trasferita sempre al Museo d’Antichità classense, al tempo un vero collettore di tutte le opere smontate e in giro per la città. Purtroppo la peregrinazione di questa struttura non era ancora al capolinea e nel 1913 – in concomitanza con lo spostamento del Museo (oggi nazionale) nella nuova sede del complesso di San Vitale – anche il portale cinquecentesco doveva essere rimosso come tutto il resto della collezione.

Archivio fotografico storico del Monastero di Porto

Al Sovrintendente Gerola, sentito probabilmente il parere di Corrado Ricci, parve che la soluzione migliore fosse la ricongiunzione del portale al proprio edificio d’origine, che nel frattempo era stato restaurato per l’esposizione regionale romagnola del 1904 e riaperto come caffè-ristorante per i visitatori. Purtroppo però, scomparso il chiostro trilatero e la porzione dei muri perimetrali dove il portale aveva sede, il problema era decidere una nuova collocazione. La soluzione poteva essere solo qualche porzione di muro vuota, magari sul retro della sagrestia monastica verso i giardini ed è in effetti questo il luogo un po’ nascosto e dimenticato dove si trova ancora oggi il portale, a destra della loggia.

Più recentemente, grazie ad un rinnovato interesse verso la cultura della conservazione e del restauro, alcuni ravennati si sono mossi per riparare l’opera dall’azione del tempo, quasi a compensazione delle avventure che i nostri antenati le hanno inflitto. Nel 2011, l’Associazione degli ex alunni del Liceo Classico di Ravenna ha denunciato la situazione di degrado di questa struttura cinquecentesca e Corrado Miccoli – in rappresentanza del gruppo – affermava in un’intervista che «il portale è rimasto in questo luogo assolutamente ignorato da tutti e soggetto ad ogni tipo di intemperie», rischiando «di diventare del tutto irrecuperabile». L’associazione ha quindi messo a disposizione una borsa di studio per una tesi nell’ambito della Facoltà di Conservazione dei Beni ambientali sotto la guida di Gian Carlo Grillini, docente presso il Dipartimento di Conservazione dei Beni culturali dell’Università di Bologna. I risultati hanno portato ad un primo studio storico del portale e all’esame dello stato di conservazione, comprese alcune indicazioni riguardo agli esami da condurre per affronatre il progetto di restauro. Sottoposta la richiesta dei sondaggi al Comune e alla Sovrintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Ravenna, l’idea è stata sostanzialmente approvata con l’unico vincolo di presentare un progetto di recupero preciso e condiviso dal Comune.

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Il portale cinquecentesco laterale che metteva in comunicazione il primo chiostro del monastero di Porto con il sagrato della Basilica

Per ottenere queste risposte da parte degli enti pubblici però è stato necessario quasi un anno, che se non altro è stato utile a decidere un passo importante: dalla primitiva ipotesi di un ennesimo spostamento del portale all’interno della Basilica di Porto si è passati infatti ad una più saggia ipotesi di mantenere e restaurare il portale dove si trova e creare un’area attigua, in modo da valorizzarlo e riconsegnarlo all’attenzione di cittadini e turisti. Il progetto – che si sta definendo secondo le indicazioni ricevute dalla Sovrintendenza – al momento è seguito da due giovani ricercatori del Dipartimento di Conservazione di Ravenna su incarico dell’associazione. Ad ottobre 2015, un ulteriore sopralluogo ha confermato l’intenzione di non abbandonare lo scopo, nonostante tutte le lentezza della burocrazia e la carenza di fondi.
Il portale ha quindi sortito la giusta attenzione da parte dei cittadini che continuano a manifestare una sensibilità veramente lodevole: speriamo che i tempi a procedere da parte di chi ha l’incarico alla tutela del patrimonio non siano “bizantini” e corrispondano alla stessa attenzione.

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