Dal Mac ravennate rinasce il Museo del Design

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Tavolo d’artista “Rosa dei venti” di Mario Ceroli

La collezione di Raffaello Biagetti lascia la città d’origine per l’Expo e mostre intorno al mondo con l’organizzazione del network “Musei Italiani”

Fra Russi e Ravenna non ha avuto la fortuna che si meritava, ora il Museo dell’Arredo Contemporaneo (Mac), realizzato da Raffelo Biagetti nel lontano 1988, trova ospitalità e visibilità a Milano, prima in occasione del Salone del Mobile 2015 (dove è stato esposto a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa in Piazza Affari), poi in un’altra sede privata in occasione dell’Expo. Una accurata selezione della collezione, messa a disposizione dagli eredi di Raffaello – i figli Alberto e Anna Biagetti – è stata allestita, a cura di Giuseppe Ghidoli, e conclusa l’esposizione universale, probabilmente spiccherà il volo per altre mete nel mondo. Forse com’era il suo destino cosmopolita e con buona pace della provincia in cui è stata ideata e amorevolmente custodita per oltre un quarto di secolo.

Alcuni spazi del Museo dell’Arredo Contemporaneo nella sede originaria fra Ravenna e Russi

La mostra – realizzata grazie al network per la valorizzazione del patrimonio culturale Musei Italiani, presieduto da Federico Bonadeo – è stata reintitolata “Museo del design 1880-1980. A Century of Fine Art“ e si snoda attraverso un percorso di oltre cento pezzi, per l’appunto creati da grandi architetti internazionali e italiani fra le fine dell’800 e fine Novecento. Si va dall’art noveau di Gaudì, Mackintosh e Thonet per arrivare alla Secessione viennese, al Bauhaus di Breuer e Mis Van Der Rohe e a Rietveld, passando da Wright e Le Corbusier fino allo stile nordico di Alvar Alto. Il dopoguerra è quasi interamente rappresentato dal design made in Italy con pezzi memorabili (fra mobili e lampade) di Mollino, Castiglioni, Ponti, Scarpa, Aulenti, Zanuso, Albini, Magistretti, Munari… per finire con le sperimentazioni postmoderne di Pesce, dello studio Memphis di Sottsass e Alchimia di Mendini.

Veduta esterna del padiglione Sottsass e a destra i figli di Biagetti nel patio dello stesso padiglione

Diversi gli esemplari unici o a tiratura limitata che l’ideatore Raffaello Biagetti – assieme ad architetti, designer e storici della progettazione come Giovanni Klaus Koening, Giuseppe Chigiotti e Filippo Alison, e la consulenza di personalità quali Dino Gavina, Ettore Sottsass e Ignazio Gardella  – avevano recuperato quasi trent’anni fa, immaginando una rassegna inedita, più unica che rara, sia sul piano storico sia su quello didattico, che aveva trovato spazio in un grande edificio di oltre mille metri quadrati sulla statale San Vitale, ai margini della campagna ravennate. Una struttura dalla vocazione “scenica teatrale” suggerita nel percorso interno da Gae Aulenti con un’illuminazione a “cielo stellato“ concepita da Piero Castiglioni, poi affiancata e arricchita da uno straordinario padiglione a corte, progettato dallo stesso Sottsass.
Un complesso assolutamente originale, di valore nazionale e internazionale, ma che non è mai riuscito ad essere valorizzato e sostenuto sia in termini culturali che turistici, nonostante gli sforzi di promuoverlo e valorizzarlo da parte di Raffaello (anche con mostre d’arte ed eventi) e poi dei figli Alberto e Anna. A sette anni dalla scomparsa del “pioniere“ Biagetti, la sua originale creatura torna a far parlare di se, non solo per l’evento promosso in occasione del Salone italiano del design, ma anche con un’esposizione aperta al pubblico durante tutto il periodo dell’Expò. In futuro, sempre con la promozione dell’organizzazione Musei Italiani, e della Triennale milanese, l’obiettivo è portare la mostra in giro per mondo, grazie al sostegno di una serie di aziende (Faram, Aliante, Canepa, Serapian) legate al mondo del design e dell’alto artigianato made in Italy.

Come e perché è nato il Museo dell’Arredo  Contemporaneo a Ravenna

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Raffaello Biagetti

«Già nel 1980 alcuni studenti mi chiedevano di potere vedere mobili e lampade disegnate intorno agli anni ’50. Di materiale documentativo ne avevo abbastanza, ma per una tesi, mi dicevano, “occorrerebbe vedere i pezzi a magari poterli toccare”. Avevo una discreta collezione di esemplari di quel periodo ma per mostrarli adeguatamente era necessario uno spazio ideale. A questo punto l’idea per una mostra tipo museo era nell’aria. Mi trovavo spesso con interi gruppi di turisti che chiedevano se esisteva da qualche parte una collezione o un museo che ospitasse i pezzi più significativi dell’arredo italiano. A questo punto un museo che si occupasse di mostre inerenti all’arredo si doveva proprio realizzare. Perciò con l’aiuto di amici e collaboratori ho fatto del mio meglio, con la speranza di essere riuscito almeno a compiere un primo passo importante e che “Ravenna, antica città dimessa e disadorna nel suo paesaggio esterno, con specchi d’acqua e riflessi di luce”, possa conservare ancora altri preziosi tesori».
Raffaello Biagetti dal libro-catalogo Brani di storia dell’arredo (1880-1980), Edizioni Essegi, 1988

Gli autori dei pezzi  del Museo del Design

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La famosa “Poltrona di Proust”, di Alessandro Mendini

Antoni Gaudì, Gebrüder Thonet,
Charles Rennie Mackintosh, Adolf Loos,
Joseph Hoffman,Walter Gropius,
Jean Prouvé, El Lissitskij, Marcel Breuer, Mies Van Der Rohe, Renzo Frau,
Frank Lloyd Wright, Gerrit Rietveld,
Peter Keler, Alexander Rodčenko,
Gunnar, Asplund, Mart Stam, Eileen Gray,
René Herbst Le Corbusier, Hans Coray,
Gio Ponti, Giuseppe Terragni,
Ignazio Gardella, Harry Bertoia,
Carlo Pagani, Alvar Aalto, Charles Eames, Isama Noguchi, Arne Jacobsen,
Osvaldo Borsani, Ico Parisi, Eero Saarinen, Achille e Piergiacomo Castiglioni,
Carlo Scarpa, Gae Aulenti, Franco Albini, Marco Zanuso, Gaetano Pesce,
Afra e Tobia Scarpa,
Ettore Sottsass, Mario Bellini,
Giancarlo Piretti, Vico Magistretti,
Bruno Munari, Alessandro Mendini.

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