M11 tra Scandinavian dinner, “tex-mex” e Django-Django

Per la rubrica «Architettoste», vale a dire l’architetto ristorsatore, è la volta di Daniele Vertemati e Danilo Pavone, un brianzolo e un barese piacevolmente persi nella campagna di Russi

Riprendendo il filone del viaggio e della ricerca sul territorio avviato con la casa di questo mese, oggi ci perdiamo nella “ubertosa” campagna di Russi. All’inizio il girovagare non sembra condurre in alcun luogo, ma poi si ferma al civico 11 di via Madrara, davanti ad una casa colonica di fine Ottocento. In realtà qualcosa di familiare si scorge in lontananza. A nord sono le sagome dello Zuccherificio Eridania, ormai archeologia industriale, e, spostato più a ovest, del Gran Palazzo tardo seicentesco dei Rasponi a San Giacomo, accanto al Lamone. Dall’esterno il locale è sostanzialmente invisibile, se non fosse per il piazzale adibito a parcheggio posto accanto alla casa, sul fianco opposto a quello in cui viene fronteggiata da un vecchio corpo di servizio, da cui viene separata per mezzo di un giardino, ricavato al posto della vecchia aia contadina.
Nel corpo di servizio si riconoscono tre fasi costruttive, progressivamente realizzate procedendo verso sud, in quanto il primo ambiente si trova prossimo alla strada. Quella originale è costituita da due ambienti, un tempo utilizzati in sequenza come stalla e deposito di attrezzi agricoli. Segue una fase successiva, attuata negli anni Sessanta con la costruzione di un corpo adibito a fienile. Infine ecco il quarto ambiente, una luminosa veranda ulteriormente collocata verso sud nel 2015, che si affaccia su un giardino vegliato a est da un grande pioppo bianco, che in russiano e ravennate si chiama “albaraz”. In questa successione di quattro ambienti si articola «M11 Restaurant&Shop», ideato e gestito dagli architetti quarantenni Daniele Vertemati e Danilo Pavone. Il primo nasce in Brianza e si laurea al Politecnico di Milano. A Bologna si incontra con Danilo, che è di Bari e si è laureato a Venezia.

«Il locale è nato per caso», racconta Daniele. «Con Danilo avevamo questo spazio rurale pieno di trattori. Volevamo fare un coffee shop a Ravenna, ma alla fine abbiamo deciso di farlo nella campagna di Russi». Il recupero delle parti più vecchie risale al 2013, momento in cui si ricava la zona tecnica, costituita dalla sequenza cucina, preparazione pasti, dispensa e gli spazi per i bagni, aggregati ad una prima sala, omaggiata dalla lunga installazione Clouds di Ronan & Erwan Bouroullec, felicemente montata su un muro sismico in blocchi a vista fronteggiato da muri in mattoni, mentre la sequenza di tavolini è illuminata dalle bolle in vetro soffiato a mano di Bocci serie 14, provenienti dal solaio tradizionale in travi, listelli e pianelle. Passeggiando sul parquet in listellini industriali di teak si raggiungono i bagni, nel cui pavimento si dispiegano le ceramiche di 14oraitaliana, in particolare la serie «iGattopardi» che allude chiaramente al ricordo del Novecento siciliano, mentre i lavabi sono di MOAB 80 con vassoio in acciao su lungo piano in legno.

Attraversando il vecchio fienile, che mantiene intatto il solaio in travi Varese e tavelloni opportunamente tinti di grigio, infine entriamo nella nuova grande veranda, che in realtà si rivela un volume a doppia altezza, con quello superiore destinato a shop per prodotti di cucina e pezzi di design, ma concepito come luogo più riservato, «come un club», da cui lo sguardo spazia fino allo skyline delle colline di Faenza, a rassicurare il nostro sguardo sul senso del limite della grande pianura. La vasta sala al piano inferiore si apre verso il giardino a prato con una bella pedana esterna in listoni di teak e una piacevole movimentazione delle falde. «L’idea proviene dal genius loci – spiega Danilo – in particolare dalla rilettura delle falde della casa ottocentesca. Per la struttura ho messo a frutto l’esperienza lavorativa maturata nell’ambito del progetto di carpenterie metalliche, disegnando una struttura in acciaio e vetro che si vede solo quando si è entrati. Quindi non è mai di impatto, è molto luminoso e silenzioso. Nel pomeriggio poi si smaterializza e non se ne percepisce più il volume perché è invaso dal sole».

Mentre osserviamo da vicino i bulloni cromati in evidenza sui profili metallici tinti di un grigio scuro con una vena calda testa di moro, una commensale si entusiasma alla vista delle orchidee Vanda appese ai pilastri. «M11 – riprende Daniele – corrisponde ad un fare moderno. Essere alla mano, ma amare i dettagli – come i bicchieri e piatti in ceramica di Nicola Fasano di Grottaglie o i tessuti di Vanda Catucci, ma anche i tavoli in ferro naturale – lasciare l’idea del ristorante per abbandonarsi a quella del club. Per questo motivo non abbiamo messo un’insegna sulla strada». Mentre stiamo uscendo abbiamo il tempo per cogliere meglio all’ingresso l’idea dei divisori in lamiera forata per delimitare la zona ufficio, la grande parete traslucida in vetro retinato per proteggere la cucina, il riuso di un grande tavolo da lavoro per falegname da distretto industriale brianzolo come piano per l’accoglienza o il congedo dei commensali “soci”, tra Scandinavian dinner e “tex-mex”, stile Django Unchained.

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