Sistemi museali e luoghi della cultura: quale futuro?

Conversazione con Sergio Fioravanti, direttore della Fondazione Parco archeologico di Classe – RavennAntica

Da sinistra: alcune vedute della prima Stazione del Parco Archeologico di Classe, denominata “Il Porto Antico”/l’ingresso della stazione in via Marabina,  con il Centro Visitatori dotato di strumenti multimediali ./  scavi archeologi, con i resti della strada a servizio dell’antico porto della flotta romana.

Fabio Donato, Ordinario di Economia Aziendale Università di Ferrara, in occasione di un convegno dal titolo “La crisi sprecata”, ha delineato la seguente situazione: «oggi la riduzione dei finanziamenti alla cultura viene fronteggiata non attraverso una riconsiderazione dei modelli di governance e di management, ma con la riduzione dei costi attraverso il blocco delle assunzioni. Il che significa ostacolare l’ingresso delle generazioni più giovani nelle istituzioni culturali ».

Con riferimento a queste affermazioni, qual è la sua opinione al riguardo  e quali sono gli strumenti validi per la progettualità museale del futuro?
«Quando la crisi economica si protrae per un periodo così lungo come quello in cui stiamo vivendo, è un intero sistema sociale che soffre. Ebbene,  Il settore della cultura, inevitabilmente, soffre di più. E i primi a farne le spese sono i giovani laureati in discipline umanistiche che si vedono sbarrare le porte di accesso al mondo del lavoro. I primi a risentirne, ovviamente, sono loro ma, in termini di fantasia, intraprendenza, innovazione ed entusiasmo soffrono anche i luoghi della cultura che non possono giovarsi di nuova linfa vitale.  E, direi, soprattutto, corrono il rischio di rinviare quel processo di ripensamento della propria funzione, di rinnovamento dei servizi erogati e di ricollocamento nella società».

In cosa consiste questo processo di ripensamento, rinnovamento e ricollocamento dei luoghi della cultura e a che punto è l’elaborazione progettuale di questi concetti.
«La domanda cruciale è: i luoghi della cultura a chi appartengono e in favore di chi devono espletare la propria funzione? A seconda della risposta che si da a questa domanda ci si deve poi organizzare in termini di assetti, di assunzioni, di formazione del personale e di relazioni esterne. A mio avviso i luoghi della cultura sono della collettività, tutti dovrebbero potervi accedere in quanto piacevolmente attrattivi e ciascuno, compatibilmente con i propri interessi e il proprio grado di istruzione, dovrebbe essere posto nella condizione di poterli capire traendone la massima soddisfazione possibile. Una concezione di questo tipo, chiaramente, in aggiunta all’irrinunciabile funzione culturale e della ricerca dei musei,  impone una riflessione circa la loro dimensione minima,  le professionalità che vi operano e la loro valenza nell’ambito del contesto turistico circostante».

 Da sinistra: il rendering dell’allestimento della grande “onda di mosaico” che accoglierà i visitatori all’ingresso del Museo archeologico nell’ex Zuccherificio di Classe, la cui apertura al pubblico è prevista nel 2016./ una visione d’insieme dell’allestimento di Tamo,il museo permanete del mosaico, gestito da RavennAntica nella chiesa di San Nicolò, in via Rondinelli a Ravenna.

Questa impostazione introdurrebbe elementi di novità sulle figure professionali che operano nell’ambito dei Beni Culturali?
«Una giornalista di “Repubblica”, Cinzia Dal Maso, che da sempre si occupa di divulgazione in materia di Beni Culturali ha curato recentemente un libro, intitolato Archeostorie, nel quale trenta e più archeologi raccontano le loro storie professionali non “convenzionali”. Il quadro che ne emerge è una ricca rassegna di “mestieri del futuro”, come li chiama chi afferma che il nostro paese deve puntare sui beni culturali, ma che in realtà esistono già da tempo. Sono mestieri che gravitano nel campo della comunicazione e del management, poi però ci sono mestieri nuovi o nascenti che devono poter essere declinati dagli addetti ai lavori a modo loro: pensiamo al social media manager, al videomaker, all’esperto di videogame o di Open Data.  Pensiamo poi a chi gestisce siti e musei con l’attenzione rivolta alle esigenze di tutti i visitatori, o chi inventa storie sempre nuove per coinvolgerli, o chi sperimenta con successo crowdfunding e crowdsourcing».

La eliminazione della gratuità per gli over 65 rimette in gioco, secondo alcune stime, e a regole date, circa 3,5 milioni di euro di fatturato potenziale nel mercato. Pensa che sarà un elmento positivo o negativo nella gestione dei siti museali?
«Nei siti gestiti da RavennAntica non è mai stata applicata alcuna riduzione agli over 65. Da un lato abbiamo sempre saputo che gli anziani sono fra i più assidui fruitori degli eventi e dei luoghi della cultura, dall’altro ci è sempre parsa riduttiva l’equazione anziano uguale a indigente. Ora che queste considerazioni sembrano aver trovato cittadinanza anche nella gestione dei monumenti statali credo che le risultanze economiche non potranno che trarne un rilevante beneficio. Le cose da fare, però, restano ancora molte».

Ha qualche idea in proposito?
«Io non ho davvero la pretesa di insegnare alcunchè a nessuno. Mi limito a rilevare che nel settore della gestione dei beni culturali continua a regnare una visione schizofrenica che ondeggia pericolosamente fra la concezione meramente educativa e formativa dei beni culturali e quella a valenza economica totalizzante che viene comunemente espressa con la frase “petrolio d’Italia”. La verità, come spesso accade, è che bisognerebbe sforzarsi di trovare una linea di equilibrio fra queste due visioni che, peraltro, non sono affatto antitetiche».

 Da sinistra: la grande sala basilicale del Museo Tamo, con i mosaici permanenti e l’allestimento di una mostra temporanea./ lo stesso spazio utilizzato per una sfilata di moda (Tamo è frequentemente utilizzato anche per laboratori didattici dedicati ai bambini, incontri culturali e conferenze)/ la sala di Tamo intitolata “Il Genio delle Acque” ./ il sito sotterraneo della “Casa dei Tappeti di Pietra”, sempre gestito dalla Fondazione RavennAntica.

Da dove bisognerebbe partire per conciliare queste due esigenze, quella culturale e quella economica?
«Dal riconoscimento reciproco che, in una perdurante situazione di crisi economica e di inevitabile e progressivo calo delle risorse e dei trasferimenti,  i luoghi della cultura per poter continuare ad esercitare la loro funzione primaria, non possono più sottrarsi  ad alcune regole di sana amministrazione gestionale che adottino corrette politiche commerciali, promozionali e di corretto impiego delle risorse umane disponibili per la migliore erogazione dei servizi. Dall’altro, il riconoscimento che la natura stessa del prodotto di cui si tratta impone cautela e prudenza nella consapevolezza che ben difficilmente potrà raggiungersi la produzione di utili in sé ma che, invece, potrà diventare un formidabile volano per l’economia locale. Innanzitutto  per l’indotto turistico ma anche per l’editoria, l’artigianato locale ed i servizi alla persona».

Vuol farci qualche esempio di regole attualmente disattese di sana amministrazione gestionale?
«Beh, è sufficiente analizzare gli orari di apertura dei musei e dei monumenti per rendersi immediatamente conto che vengono proposti non per favorire la fruizione dei visitatori ma tenendo conto delle esigenze del personale che vi è impiegato. Ancora: va bene menare a vanto il sistema del museo diffuso sul territorio ma deve pur esserci un minimo di razionalizzazione che eviti l’eccessiva polverizzazione con quel che ne consegue in termini di costi correnti di gestione. Che dire poi delle varie iniziative promozionali, come la settimana della cultura in aprile, che propongono la gratuità ai luoghi della cultura nei periodi di massima affluenza stagionale? Sarebbe come se un albergatore decidesse di scontare della metà il prezzo delle sue camere a Ferragosto!».

Prima, però, faceva riferimento anche alle superiori esigenze della cultura davanti alle quali anche le esigenze della sana gestior devono arrestarsi…
«Si. Penso che in un’ottica strettamente commerciale, ove si compisse un valutazione analitica, risulterebbe che i prezzi dei biglietti sono mediamente troppo bassi e con fasce di riduzione e gratuità eccessive. Ancora: alcuni progetti espositivi di indubbio valore scientifico sono evidentemente rivolti a pubblici molto esigui. In questi casi è evidente che il criterio economico non può essere l’unico al quale riferirsi proprio perché il prodotto che si ha alle mani deve imporre consapevolezza e cautela».

Sotto:due immagini della Cripta Rasponi, con i giardini pensili e le stanze ipogee decorate a mosaico, gestite da RavennAntica all’interno del Palazzo della Provincia, con ingresso in piazza San Francesco

Per chiudere. Quali sono i prossimi obiettivi di RavennAntica?
«In questi dodici anni di vita molto è stato fatto. Abbiamo restituito alla fruizione, valorizzandola, la Domus dei Tappeti di Pietra. Abbiamo organizzato eventi espositivi di grande valore scientifico che non hanno mai richiamato meno di 40.000 visitatori, dimostrando che si può associare successo di pubblico a qualità della proposta culturale. Abbiamo realizzato un’offerta laboratoriale rivolta ad oltre 15.000 ragazzi all’anno distribuita su tre centri allestiti, arredati e professionalmente all’avanguardia. Abbiamo restaurato, allestito e valorizzato il complesso di San Nicolò realizzandovi Tamo, il museo del mosaico.  Abbiamo costituito una squadra di giovani laureati in Conservazione dei Beni Culturali, formati sul campo a tutte le discipline della comunicazione, del marketing, della didattica, della gestione museale e del restauro. A conclusione di questa intensa attività di preparazione ci apprestiamo ora a conseguire due importanti obiettivi della mission che ci è stata assegnata: l’Inaugurazione a luglio di quest’anno della prima Stazione del Parco Archeologico di Classe – l’Antico Porto – e l’apertura entro il 2016 del Museo nell’ex Zuccherificio di Classe».

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