«Filiera corta e fiducia nel cibo sano: il futuro sarà un ritorno al passato»

 

Andrea Conti è il responsabile delle relazioni esterne di Coldiretti Ravenna e il coordinatore provinciale di “Campagna Amica“, la fondazione nata a livello nazionale nel 2008 come luogo ideale di incontro tra gli interessi degli agricoltori e dei cittadini. Gli abbiamo chiesto un intervento sul “dopo virus”, pensando al ruolo centrale che potrà avere il settore dell’agricoltura.

Andrea Conti

Andrea Conti

Con piacere raccolgo il vostro stimolo a guardare avanti così da riflettere insieme sul “dopo virus” quindi su quelle traiettorie di futuro del Paese e della nostra provincia che, di certo, avranno ancor più al centro l’agricoltura e il cibo. Ma una breve premessa sul presente, prima di pensare al domani, ritengo sia d’obbligo.

Dopo la “fuga” dai campi negli anni del boom economico, cui fece seguito un lungo oblio da cronache e riflettori, l’agricoltura, nel- l’ultimo ventennio, è stata riscoperta dai tantissimi giovani che, anche in questa provincia, sono “tornati alla terra”. Tuttavia è forse solo ora, nella difficoltà generale, che ci si rende conto di cosa il settore primario rappresenti in termini non solo eminentemente economici, bensì sociali ed occupazionali.
Questi giorni complessi ci stanno facendo riscoprire un modo diverso di vivere, ci stiamo accorgendo che alcuni lavori si possono fare meglio a distanza, ma soprattutto che il corretto modello economico non deve per forza di cose perseguire profitto e globalizzazione. Stiamo riassaporando il gusto della lentezza, del tempo collettivo che oggi assomiglia sempre più a quello agricolo, scandito come è dalla natura e dai suoi ritmi.
Da qui occorre ripartire, come Coldiretti ripete da anni, dalla costruzione di un sistema che distribuisca la ricchezza in modo equo lungo l’intera filiera.
Garantendo la giusta remunerazione agli agricoltori, che da inizio emergenza stanno lavorando sodo, seppur tra mille difficoltà, per sostenere il Paese, si potrebbe raggiungere un maggior benessere personale e collettivo senza la necessità di fare sempre di più, ma puntando sulla qualità e sulla sua valorizzazione.

Credo fermamente, dunque, che l’Italia intera, e il nostro territorio che è cuore della food valley emiliano-romagnola, potrà trarre beneficio nella ripartenza proprio dalla sua tradizione rurale, ma solo se saprà invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale e il valore del cibo. Perché se è indubbio che nella crisi attuale l’agricoltura può insegnarci la resilienza e la capacità di vincere tutte le sfide (pensiamo ad esempio alla quotidiana lotta contro insetti “alieni” e cambiamenti climatici), è altrettanto vero che questa crisi ha fatto ripensare al cibo non solo come materia prima vitale, ma come identità, appartenenza, territorio, comunità.

Quello che Coldiretti, attraverso Fondazione Campagna Amica, aveva letto in anticipo agli inizi degli anni 2000, accorciando la filiera e parlando direttamente al suo primo alleato, ossia il consumatore finale, oggi, anche a causa delle restrizioni imposte dalla Covid-19, conosce un’ulteriore spinta evolutiva. Il rapporto tra cittadino-consumatore e produttore diventa relazione di fiducia che cresce al crescere della domanda di “made in Italy”, di cibo sicuro, equo, al giusto prezzo per chi consuma e chi produce.

I cambiamenti già in atto relativamente alle abitudini di spesa e alle modalità d’acquisto, penso alla possibilità di ordinare la cassetta del contadino via web direttamente all’azienda agricola o a Ravenna al Mercato Contadino Coperto di via Canalazzo 59 (ultimo tassello della rete Campagna Amica locale) o ancora la richiesta di consegna a domicilio, saranno centrali anche in futuro e, anzi, grazie alle nuove tecnologie conosceranno un ulteriore sviluppo e perfezionamento. Come la nostra App Campagna Amica, già attiva prima di questa emergenza sanitaria, e ora implementata con un’apposita sezione che consente di ordinare la spesa dal proprio divano. Non sembra, ma stiamo tutti vivendo un ritorno al passato, a quando il contadino o l’allevatore portavano ortaggi, frutta, latte di casa in casa. Ed è proprio facendo questo passo indietro, forse obbligato dalle contingenze, certo, che posiamo la prima pietra di un futuro più “green”, con meno auto in circolazione, meno spostamenti, meno traffico.

Quel futuro più sostenibile che Campagna Amica aveva già immaginato investendo nella promozione dell’attività agrituristica capace di valorizzare in un sol colpo territorio, natura, cibo e ospitalità contadina. Un settore fondamentale anche per la nostra provincia, un settore che negli ultimi anni ha visto esplodere il nu- mero di arrivi-presenze e che, più di tutti, sta subendo gli effetti drammatici di questa crisi.

Ho letto con attenzione e, lo ammetto, non senza un certo rammarico, gli interventi dei rappresentanti delle istituzioni locali e dei vari stakeholder nell’edizione del vostro settimanale interamente dedicata al turismo che verrà (numero del 9 aprile, ndr). Ebbene, in tutti gli interventi non compare una sola riga o una minima riflessione sul comparto agrituristico nonostante il peso che esso riveste, e ormai da anni, nel bilancio turistico provinciale. Come Coldiretti e Campagna Amica, ritenendo il vero agriturismo sinonimo di accoglienza di qualità e di quel tipo di “vacanza green” che in futuro sarà ancora più richiesta dalle famiglie, italiane e straniere, abbiamo appena avanzato alla Regione Emilia-Romagna istanza per il riconoscimento dello stato di calamità, in gioco infatti c’è la sopravvivenza di queste attività, in gran parte gestite da under 35.

Per concludere, ritengo che qualsiasi visione di futuro non possa prescindere da due fattori: dalla difesa di una filiera allargata che in Italia, dai campi agli scaffali, vale oltre 538 miliardi e dall’accresciuta consapevolezza del valore sociale rappresentato dal cibo. Investire sull’agricoltura, sostenendone uno sviluppo basato su rapporti di filiera virtuosi significa contribuire ad una ripartenza sostenibile del Paese tale da generare innovazione, sviluppo, occupazione e da garantire al contempo quelle scorte alimentari strategiche e di qualità di cui l’Italia intera ha e avrà bisogno.

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