La figlia della vittima in aula: «Incubi e stress post traumatico, sono condannata»

Udienza 3 / La testimonianza della ventunenne Arianna Nanni che lancia sguardi di rabbia al sicario reo confesso: mentre lui uccideva Ilenia Fabbri, lei era in auto con il padre verso Osnago. Secondo l’accusa era il tentativo dell’uomo di costruirsi un alibi

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Pierluigi Barbieri, reo confesso dell’omicidio di Ilenia Fabbri a Faenza il 6 febbraio 2021

È entrata nell’aula di corte d’assise con uno sguardo di rabbia sull’uomo che ha confessato di averle ucciso la madre su incarico del padre, in cambio di ventimila euro e un’auto usata. E più volte è tornata a guardarlo, trattenendosi a fatica nei novanta minuti della sua deposizione. Mai un’occhiata invece al genitore distante pochi metri. La ventunenne Arianna Nanni ha testimoniato stamani, 29 ottobre, in tribunale a Ravenna al processo per l’omicidio della 46enne Ilenia Fabbri, accoltellata alla gola il 6 febbraio scorso nella loro abitazione in via Corbara a Faenza. Gli imputati che rischiano l’ergastolo sono l’ex marito Claudio Nanni e il suo amico Pierluigi Barbieri, inquadrati dall’accusa come mandante e sicario. Il secondo, come detto, è reo confesso. Il primo sostiene di aver chiesto solo di spaventare la donna perché chiudesse le cause in corso per la separazione e le mancate retribuzioni negli anni in cui ha lavorato nell’officia del coniuge.

È stata un’ora e mezza di sofferta ma necessaria ricostruzione sotto le pacate domande del pm, delle parti civili e delle difese. La ragazza – a cui è stato concesso di abbassare la mascherina vista la distanza rispettata da altre persone per facilitare la parlata – ha trattenuto le lacrime più volte e il suo racconto ha tenuto in tensione i tanti presenti in aula. In diversi momenti l’apparente calma esteriore ha ceduto il passo all’emozione, ma solo sulla battute finali la 21enne ha mostrato segni di sofferenza di fronte a qualche domanda troppo ripetitiva e non abbastanza pertinente, al punto che il presidente della corte Michele Leoni ha richiamato la difesa di Nanni (avv. Francesco Furnari).

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Arianna Nanni e l’avvocata Veronica Valeriani

La giovane ha chiesto un risarcimento di due milioni di euro. «Da quel giorno sono una condannata», ha detto. E ha messo a nudo le tante sofferenze di una ventunenne con un padre in carcere per l’omicidio della madre. Sta seguendo un percorso con uno psicologo che le ha prescritto dei farmaci per affrontare un disturbo da stress post traumatico: «Dormo poco e male, non riesco più a dormire da sola. Faccio incubi che nessuno dovrebbe fare. E anche di giorno ho dei flashback improvvisi. Se sento le campane ripenso al funerale, i sacchi neri della spazzatura mi danno fastidio perché mi ricordano quello della scientifica con il cadavere di mamma, i coltelli mi danno fastidio».

La teste ha confermato gli eventi di quella mattina così come già li aveva snocciolati il capo della squadra mobile Claudio Cagnini. Arianna uscì di casa alle 6 del mattino per salire sull’auto del padre – separato e non più convivente dal 2018 – con cui avrebbe dovuto raggiungere Osnago, ritirare una vettura appena comprata e tornare per trascorrere il pomeriggio in compagnia della fidanzata. Proprio quest’ultima aveva trascorso la notte nell’abitazione e ha chiamato la coppia in viaggio dopo aver sentito le grida della vittima.

Gli elementi che l’accusa ha voluto portare all’attenzione della corte (presidente Michele Leoni, a latere Antonella Guidomei) sono stati fondamentalmente rivolti a dimostrare la premeditazione.

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L’avvocato Francesco Furnari difende Claudio Nanni (nella gabbia)

Da mesi padre e figlia si scambiavano segnalazioni di annunci di auto in vendita perché la giovane aveva deciso di acquistarne una e stava mettendo da parte qualche risparmio. La scelta cadde su una vettura in Lombardia. «Con mio padre decidemmo che lui sarebbe andato a vederla perché fa il meccanico e se ne intende. Andò il 2 febbraio da solo e il giorno stesso la pagò». Accordo raggiunto per 1.500 euro dai 1.800 iniziali: «Stavo mettendo da parte i soldi da sola perché mi è sempre piaciuto essere indipendente, poi a Natale del 2020 mio padre mi regalò mille euro per contribuire». La decisione di ritirarla sabato 6 fu presa in accordo perché era un giorno libero dal lavoro per entrambi. Tutto confermato dal venditore dell’auto, sentito oggi stesso. Con l’aggiunta di un paio di particolari: «Il 2 febbraio Nanni venne a vedere l’auto e si accontentò di provarla nel vialetto di casa che misura 40 metri dicendo che era del mestiere». L’auto non era revisionata ma il meccanico faentino disse che l’avrebbe ritirata comunque il 6 per sistemarla in seguito. 

E poi la questione della porta del garage nel seminterrato. Da lì uscì Arianna, come erano abituati a fare in casa, alle 6. «La porta aveva due ganci di sicurezza all’interno che mettevamo di notte. Li ho tolti, sono uscita e ho chiuso a chiave ma a quel punto i ganci non potevano più essere inseriti». Secondo l’accusa di questa era a conoscenza il padre che avrebbe sfruttato l’uscita della figlia per fornire al killer la via d’accesso dotandolo di una copia delle chiavi. La ragazza in aula ha però ribadito di non sapere se il padre avesse le chiavi: «Le avevamo di sicuro io e mia madre e forse mio nonno materno». In una dichiarazione durante le indagini preliminari ricordò che in passato si era dimenticata il mazzo nell’abitazione dell’uomo per un paio di giorni.

L’interrogatorio ha riguardato a lungo anche le fasi di quella mattina in cui l’auto con padre e figlia è tornata in via Corbara dopo essere arrivata a Imola in autostrada e aver fatto inversione. La figlia si lancia di corsa dentro casa e i poliziotti non riescono a trattenerla per impedirle di vedere con i suoi occhi «il cadavere di mamma, disteso in un lago di sangue con un taglio profondo alla gola». Nel lavandino l’arma del delitto: un coltello verde di ceramica lasciato ad asciugare dalla sera prima dopo averlo usato per tagliare dei saliti festeggiando il terzo anno insieme con la fidanzata. Quando parla del coltello si volta di nuovo verso Barbieri. E il padre intanto dov’era? «Non è venuto in casa. Sono corsa da lui e stavo dando di matto, lui cercava di fermarmi e io gli ho detto “Stai zitto che la mamma è morta”».

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