L’8 marzo del 1962 la tragedia ferroviaria di Castel Bolognese con 14 vittime

«Ero sul treno da 20 minuti, poi il disastro». La testimonianza del sopravvisuto Mario Maltoni e i fatti di 53 anni fa raccontati in un libro

Incidente treno CastebolognesePer un paio d’ore in piena notte con la mano incastrata nella porta di un vagone ferroviario inclinato mentre il buio attorno si riempie dei lamenti di altri feriti. A distanza di 53 anni Mario Maltoni di Castiglione di Ravenna, oggi 74enne, rievoca l’incidente ferroviario di Castel Bolognese in cui rimase coinvolto come tutti gli altri circa 500 passeggeri del Diretto 152 Lecce-Milano. L’8 marzo è il 53esimo anniversario della sciagura e il libro, Un Diretto dal Sud uscito in questi mesi, ricostruisce gli eventi di quella notte (il 9 marzo alle 18, alla Feltrinelli di Ravenna, la presentazione del volume, edito da An.Walberti, con l’autore Daniele Pompignoli).

Incidente treno Caste Bolognese 1Morirono in 14 quella notte. E il conto ufficiale dei feriti si fermò a 186. Le indagini diranno poi che il treno viaggiava troppo veloce, ben oltre i 30 km orari previsti per quel tratto interessato da lavori sulla linea ferroviaria. Il macchinista, informato delle disposizioni attraverso un modulo ricevuto nella stazione di Rimini, venne condannato a cinque anni.
«Non si può dimenticare quella notte. Ma io sono stato fortunato», racconta Maltoni, uno dei pochi ravennati su quel treno carico soprattutto di meridoniali diretti al nord per lavoro. Era salito a Forlì indossando la sua giacca della marina militare, destinazione La Spezia dove era di stanza per il servizio di leva: «Stavo rientrando dopo un periodo di licenza. A Bologna sarei dovuto scendere per la coincidenza verso la Liguria. Ricordo che quando sono salito il treno era pieno e mi sono fermato nello spazio vicino alle porte e li mi sono seduto a terra».

Incidente treno Caste Bolognese 2È stato meno di 20 minuti dopo che tutto è successo, vissuto da Maltoni senza aver percezione di nulla: «Si è sentito un rumore che non era quello normale del treno. È durato poco, neanche il tempo di farsi troppe domande e il nostro vagone ha cominciato a inclinarsi». La carrozza non si è rovesciata, è stata la prima del convoglio a non finire sul fianco ma l’inclinazione è bastata per far perdere l’equilibrio al giovane Mario: «Non so nemmeno esattamente che mossa ho fatto, so solo che mi sono ritrovato con la mano incastrata in una porta e l’unghia del pollice che si stacca appena mi tocco la mano. Immagino che nello sbilanciamento io abbia allungato un braccio per reggermi e poi…». E poi venti punti di sutura una volta arrivato all’ospedale di Faenza. Per liberare Maltoni e caricarlo sull’ambulanza è stato necessario l’intervento dei pompieri con la fiamma ossidrica per tagliare il metallo della porta. «Posso dire che mi è andata bene perché a parte una cicatrice non ho riportato conseguenze alla mano e mi sono ritrovato con la giacca della marina strappata da un tondino di ferro che poteva entrarmi nella schiena e invece…».

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