Comincia dall’atmosfera innocente, sacrale e profetica di un oratorio il “cammino sulla lunga strada della libertà” di “Madiba”, icona del Novecento cui è dedicato il 2016 del Ravenna Festival.
In prima nazionale al Teatro Alighieri, dal 9 al 12 giugno, arriva infatti Mandela Trilogy, opera scritta e diretta da Michael Williams e prodotta dalla Cape Town Opera (la principale struttura produttiva di ambito operistico attiva in Africa) che ripercorre la vita del rivoluzionario sudafricano attraverso tre atti in altrettante “tinte” musicali, incentrati su alcune delle principali svolte della sua esistenza, partendo dalla giovinezza nella regione del Transkei, fino alla storica pagina legata all’epilogo dell’apartheid.
Nelson Mandela, rivoluzionario prima e uomo di governo poi, è stato una delle principali figure del Novecento, capace di scuotere le coscienze dei suoi connazionali anche dal carcere, dove durante i ventisette anni di detenzione continuò a gridare la sua rabbia nei confronti delle leggi razziali che, dalla fine degli Anni ‘40, condizionarono il Sudafrica fino alla scarcerazione nel 1990 e all’elezione a capo di Stato nel 1994.
È indubbiamente un’impresa non facile, la sfida di Williams: riportare un tema così politicamente controverso sulla scena, e al contempo intrattenere il pubblico trattando argomenti di una drammaticità tanto profonda. Ma la riuscita omogeneità tra musical, opera e musica folk produce un bilanciamento perfetto che non tradirà le aspettative di chi cerchi una lettura storicamente fedele e uno spettacolo appagante.
Il lavoro apre sulle melodie dei canti tradizionali africani, affrontando inizialmente l’infanzia del giovane Mandela, l’amicizia col cugino Justice, la tribù Thembu: si ricorda poi la figura di Makhanda, primo martire della libertà, ribellatosi agli inglesi ma sconfitto e imprigionato a Robben Island, dalla quale tentò una fuga a nuoto nel 1819 morendo però annegato. L’espulsione dall’università e il rifiuto di un matrimonio combinato chiude il primo atto col protagonista che si sposta a Johannesburg.
Sulle note jazzate della seconda parte, il sipario si alza sul primo Mandela attivista, i disordini a Sophiatown, sobborgo della città, il rapporto conflittuale con la prima moglie, la ratifica a Kliptown del Freedom Charter, documento programmatico antirazziale. Dopo l’intervallo, il terzo atto si apre infine con la sentenza di carcerazione, la morte della madre, il sostegno della moglie Winnie durante la lunga prigionia e la fine della reclusione, col suo primo discorso da uomo di nuovo libero a Cape Town.
L’autore Michael Williams, artista premiato ed esperto, ha diretto in passato molte opere in Sudafrica, tra cui Rigoletto, Madama Butterfly, La traviata e Turandot ed è oggi managing director della prestigiosa Cape Town Opera. Ha scelto compositori diversi, che riflettessero per ogni atto le tematiche affrontate: toni vibranti del jazz e del blues di Mike Campbell, uno dei più prolifici musicisti jazz del Sudafrica per la parte centrale, mentre Péter Louis van Dijk, compositore i cui lavori sono conosciuti e riproposti a livello internazionale, si è occupato del primo e del terzo atto. Saranno anche tre i diversi interpreti che daranno voce a Mandela. Due compositori per tre atti in contrasto tra loro solo formalmente, ma tutti improntati a mettere in luce la drammaticità delle vicende.
Come lo stesso Williams ha ricordato, è questo un lavoro dove la libertà diventa il motore immobile delle vicende, e «questione chiave che spiega perché diventi per noi così importante», citando altresì la parte iniziale legata alla formazione di Mandela come la più interessante, perché fulcro di quella che sarà la sua vita e soprattutto teatro di vicende che la maggior parte del pubblico ignora a proposito di un personaggio noto per le sue battaglie, ma non per le sue origini. Per il regista ogni buona opera parla di conflitti, e così questo potente affresco di una delle pagine più importanti della storia africana.
Alle coreografie Sibonakaliso Ndaba, che ha lavorato in passato col il Jazzart Dance Theatre di Cape Town come performer, danzatrice e insegnante dal 1994 al 2001, anno in cui tornò a Durban dove si affermò per la sua originale commistione di danza africana e contemporanea.
È questa una realizzazione che affonda le sue radici nella cultura sudafricana, e ne rivendica sia le battaglie che l’orgoglioso moto di rivalsa a livello storico e artistico: non solo un lavoro a più mani e più interpreti che ne mostra le capacità musicali e interpretative, ma un modo per riproporre, attraverso il personaggio di maggior spicco della sua storia, il carattere fiero di un popolo che nell’arco di un secolo ha raggiunto la libertà rifiutandosi di chinare la testa.
E sono proprio gli artisti, molti dei quali cresciuti in questo contesto, a farsi portavoce dello spirito stesso dell’appassionante dramma musicale che riuscirà a catapultare lo spettatore all’interno di un percorso di formazione e ribellione di rara potenza.
A corredo di questo importante appuntamento, il Ravenna Festival propone altri incontri che mettono a fuoco la ricchezza musicale del Sudafrica: dopo il concerto a 28 maggio a Forlì la Chiesa di San Giacomo del celebre gruppo vocale dei Ladysmith Black Mambazo (già partner artistico di Paul Simon), il 20 giugno è la volta della Rocca Brancaleone che mette in scena For Mandela di Pino Minafra, progetto intorno alla figura di Louis Moholo, batterista tra i più significativi artisti del suo Paese che guiderà un concerto dedicato al ricordo della drammatica pagina dell’apartheid e dei suoi protagonisti. Al suo fianco due protagonisti della musica sperimentale inglese (fra jazz e progressive rock) a partire dagli anni ’60 come Keith e Julie Tippet. Il quintetto di Louis Moholo-Moholo e la coppia Tippet saranno protagosti anche di altro appuntamento al Rasi il 21 giugno. Per concludere il trombettista Hugh Masekela, compagno di Miriam Makeba e fra i più noti della scena jazz africana, attivamente impegnato della campagna per la scarcerazione di Mandela, si esibirà il 23 giugno, sempre al Teatro Rasi.
Tratto dal Ravenna Festival Magazine 2016, rivista ufficiale del festival (edizioni Reclam)