Biennale Mosaico, il Mar risponde a Nittolo: «Non dimentichiamo il territorio»

Il direttore del museo e il curatore della mostra di Chuck Close resplicano al mosaicista che per questa edizione lamentava poca attenzione a Ravenna

Mostra Mosaics Chuck CloseDopo la lettera aperta con cui Felice Nittolo, maestro mosaicista di Ravenna, criticava alcune linee adottate dal Museo d’arte di Ravenna a proposito della Biennale del Mosaico recentemente inaugurata, arriva la replica dal Mar. Due le risposte, una firmata dal direttore Maurizio Tarantino e l’altra di Daniele Torcellini, curatore della mostra di Chuck Close. Riceviamo e pubblichiamo le risposte.

Questo l’intervento di Maurizio Tarantino, direttore del Mar:

Il Mar persegue da sempre una ricerca dedicata al mosaico contemporaneo e dal 2017 una più approfondita riflessione sulle diverse interpretazioni e letture del concetto musivo.

Nel 2017 con la mostra Montezuma, Fontana, Mirko curata da Alfonso Panzetta con Daniele Torcellini si è restituito al mosaico, declinato in tutte le sue forme il diritto pieno di cittadinanza nelle più vivaci e attuali regioni dell’arte contemporanea. Rimane un punto fermo e di non ritorno sull’ampiezza del concetto di musivo e sull’importanza dei mosaicisti ravennati, tra i quali a Felice Nittolo spettava un ruolo non certo irrilevante

La linea è stata ulteriormente consolidata e ha assunto vigore, quest’anno,  con la scelta di un artista internazionale da proporre alla città.

Lungamente pensata e studiata dal suo curatore, Daniele Torcellini, e fin da subito auspicata dalla direzione del Mar, la mostra di Chuck Close ha visto la piena collaborazione di diversi attori scelti dallo stesso Close, come Mosaika e Magnolia, laboratori vicini all’artista da diversi anni nella creazione delle sue opere.

Il Mar è un museo pubblico e persegue la ricerca e la divulgazione dell’arte in tutte le sue forme espressive. La VI edizione della Biennale di Mosaico Contemporaneo (nella quale a Felice Nittolo è stato ancora una volta riservato uno spazio assai significativo), è stata pensata e organizzata dal Mar proprio con questo intento: parlare al mondo dell’arte internazionale senza dimenticare le presenze del territorio.

Chuck Close MosaicsQuesto l’intervento di Daniele Torcellini, curatore della mostra Mosaics:

Chiamato in causa direttamente da Felice Nittolo, vorrei cogliere dal suo intervento uno spunto di riflessione da condividere con chi a Ravenna e non solo si interessa di questi temi. Che il mosaico come tecnica e come linguaggio abbia saputo conquistarsi un posto nell’ambito della ricerca artistica contemporanea è cosa non da poco ed è cosa di cui si hanno positivi segnali negli ultimi anni. E credo che sia il frutto di un percorso non facile, alla maturazione del quale anche Felice ha partecipato. I modi in cui il mosaico trova esistenza nel mondo dell’arte sono però molteplici e non si può certo pretendere di limitarli ad una ortodossia dell’autonomia ideativa ed esecutiva, tanto meno ad un’esclusività verso le forme della tradizione ravennate (il Manifesto sull’A-Ritmismo non era proprio una presa di distanza dalla tradizione?).

La stessa mostra del 1959, che Felice cita, è emblematica in questo senso. Diversi e importanti artisti dell’epoca furono chiamati a dipingere i cartoni preparatori. I mosaici furono realizzati dai laboratori di Ravenna (e mi chiedo se anche quelle esecuzioni si debbano definire “eccellenti fatture tecniche” similmente a come Felice definisce le esecuzioni delle opere di Chuck Close). Di contro, nella stessa mostra del 1959, Georges Mathieu genera scompiglio perché si rifiuta di dipingere un bozzetto e chiede di eseguire egli stesso il mosaico, improvvisando e sbarazzandosi delle regole della tradizione (tuttavia però, anche in questo modo, contribuendo a valorizzarle, in una dialettica dove identità e alterità sono due facce della stessa medaglia).

Le opere di Chuck Close al Mar

L’allestimento delle opere di Chuck Close al Mar

Per entrare nel merito di quelle che Felice definisce, per l’appunto, “eccellenti fatture tecniche”, mi sento invece di fare una precisazione. Non credo sia corretto pensare Chuck Close come un pittore che, in questi ultimi anni, ha deciso di vedere i suoi dipinti sotto forma di mosaici, come se si trattasse di un capriccio di anzianità. Chuck Close, piuttosto, è un artista visivo che, negli anni, ha sperimentato un’ampia gamma di tecniche, forzandone continuamente i limiti alla ricerca di possibilità inedite, esplorando così le tensioni tra superficie e rappresentazione, tra realismo e astrazione, tra il tutto e le parti, tra materia e idea, temi centrali di una ricerca che lo ha visto lavorare, come egli stesso dichiara, “costruendo” le sue opere, pezzo dopo pezzo, elemento dopo elemento, in un modo che intrinsecamente potremmo definire musivo. Nel fare questo, in molte occasioni, Close ha messo in atto processi collaborativi. Si è avvalso di gruppi di lavoro fatti di esperti delle diverse tecniche sperimentate. L’utilizzo del mosaico e la collaborazione con il laboratorio Mosaika Art and Design ha seguito questo approccio. Close e la direttrice artistica di Mosaika, Saskia Siebrend, si sono confrontati, scambiati idee e proposte nell’elaborazione delle tipologie di mosaico e nella scelta dei materiali. Non solo. Che una stessa immagine fotografica si incarni in un dipinto, poi in una stampa, poi in un arazzo, o che il dipinto si incarni in una stampa o in qualcos’altro è una delle caratteristiche del lavoro di Close che fa continuamente interagire i media tra di loro, proponendo la stessa immagine in infiniti modi diversi. E il mosaico è uno dei mezzi che, da alcuni anni, Close ha incluso nel perimetro già molto ampio delle sue sperimentazioni. Ridurre l’esecuzione dei mosaici, caro Felice, ad una eccellente fattura tecnica, spiace dirlo, significa non conoscere bene la ricerca artistica di Close. Personalmente credo che, piuttosto che di tecnicismo, sia criticamente più corretto parlare di un approccio analitico alle tecniche e ai linguaggi dell’arte, mosaico compreso, approdo del tutto coerente con il suo percorso artistico. E questo è uno dei modi in cui il mosaico esiste nell’arte contemporanea.

 

Daniele Torcellini

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