A Ravenna il respiro mondiale dell’Aicm fra artisti da tre continenti e congresso

Conversazione con Rosetta Berardi, vicepresidente dell’associazione che vanta 250 soci provenienti da 48 paesi diversi e che è stata testimone nel 1980 della nascita del sodalizio che tuttoggi ha sede al Mar di Ravenna

Rosetta Berardi Aimc

Con l’Aimc (Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei) la Biennale del mosaico ravennate si apre verso orizzonti internazionali, con due eventi espositivi e un congresso che – in programma il 10 e 11 ottobre – torna in città dopo 22 anni.
Ne parliamo con la vicepresidente, l’artista Rosetta Berardi, che è stata nel 1980 a Ravenna testimone della nascita dell’associazione, avvenuta durante due giornate di studio sul mosaico contemporaneo, per volontà di Isotta Fiorentini (1925- 2016) e di Peter Fisher (1922-2000). Fin dalla fondazione l’Aimc ha sede al Mar di Ravenna.

Rosetta è tutto pronto per il congresso Aimc che torna dopo più di un ventennio nella sua sede originaria?
«Si siamo pronti e soddisfatti di questa occasione. Il congresso che è il 17esimo della nostra storia, innanzitutto ha un titolo: “Il mosaico: un’arte sacra fra culture e teccnologie” su cui si svolgeranno ben 25 relazioni diverse. Culture è evidenziato al plurale, perché la nostra associazione è composta da 250 soci provenienti da 48 paesi del mondo e da tre continenti. Peraltro al congresso si sono già iscritte come uditori 83 persone, provenienti da Europa ma anche Australia, Argentina Cile, tanto per fare gli esempi più lontani. E voglio sottolineare che in diverse nazioni sono cresciuti centri che promuovono e fanno corsi dedicati al mosaico e sono gestiti da artisti che hanno un legame con Ravenna, dove hanno fatto esperienze artistiche e di studio della tecnica».

Ogni quanto tempo vi riunite per discutere dei temi che vi stanno a cuore e dell’associazione?
«Il congresso si svolge ogni due anni, negli anni pari. A tutt’oggi ci siamo incontrati in Germani, Belgio, Russia, Giappone, in Egitto e Brasile, Australia, Jugoslavia, Austria, Francia, Cipro, Turchia, in Grecia, in Italia nel 2000 a Ravenna e qualche anno fa a Spilimbergo».

Come mai dopo tante tappe questo ritorno a Ravenna?
«Era previsto nel 2020, ma poi la pandemia ha scombussolato tutto e per la necessità di riunire i soci in un’unica sede – che quest’anno era stata fissata a Monreale – siamo approdati nella nostra città con la Biennale, grazie anche all’interessamento di sindaco e assessore alla cultura. In Sicilia, a questo punto, sbarcheremo nel 2024».

Oltre agli incontri c’è una sezione espositiva che coinvolge l’associazione, che resterà aperta al pubblico fino al 27 novembre.
«È allestita “Opere dal mondo” a Palazzo Rasponi dalle Teste con 34 opere selezionate di artisti provenienti da 21 Paesi diversi, mentre i lavori di 57 soci Aimc sono ospitati nella nuova sede dell’Accademia di Belle Arti, al Polo delle Arti sempre in piazza Kennedy. Queste mostre collettive sono molto interessanti perché esplorano i vari modi di creare opere d’arte con il mosaico in diversi paesi del mondo. Ed offrono un ampio sguardo su molteplici sensibilità tecniche e estetiche».

Anche il tema del sacro e delle tecnologie che anima il congresso si riflette nelle opere esposte?
«Il sacro ovviamente va intenso come gestualità spirituale, cioè la sacralità del fare mosaico, mentre le tecnologie riguardano quanto e come molti artisti ormai vadano oltre la tecnica tradizionale del mosaico, nella composizione dell’opera e nella scelta dei materiali utilizzati. Sono innovazioni che fanno entrare a pieno titolo il mosaico nel circuito dell’arte contemporanea. Spesso nell’arte contemporanea si trovano opere create con lo sguardo e la mano del mosaicista anche se non sono considerate mosaici veri e propri».

Un tempo il mosaico era considerato un’arte ancella della pittura, oggi quanta autonomia creativa e tecnica ha guadagnato rispetto a questa tradizione…
«Ci sono da tempo esempi notevoli di questa autonomia, perchè se andiamo in giro per mostre troviamo opere con la poetica e la filosofia del mosaico anche all’Arte Fiera di Bologna e alla Biennale di Venezia, tanto per citare un certo ambito di qualità espositiva. E poi diversi mosaicisti ravennati, ormai affermati, è da tempo che praticano questa autonomia nella creazione artistica. Le loro opere hanno una paternità e uno stile originale, in tutti sensi».

Un battuta conclusiva, cosa bisognerebbe fare per rendere più autorevole e più attraente la Biennale?
«Prima di tutto facendola uscire da Ravenna, non solo con esposizioni in altre città italiane, ma anche promuovendola nei mezzi di informazione specializzati per attirare pubblico. Certo servono risorse ma è l’unico modo per sprovincializzarla. E poi serve più coraggio, un progetto proiettato nel futuro, a cui lavo- rare con grande anticipo. Non si può organizzare una Biennale artistica in pochi mesi».

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