venerdì
26 Settembre 2025
piattaforme

L’accordo quadro tra Eni e Comune è saltato dopo il pagamento dell’Imu

La conferma: dopo che la multinazionale ha accettato di versare l’imposta dovuta, le relazioni con Palazzo Merlato (con tanto di fondi per la compensazione all’impatto ambientale) sono interrotte

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C’è una correlazione tra il mancato rinnovo dell’accordo-quadro tra Eni e il Comune di Ravenna e il pagamento dell’Imu sulle piattaforme offshore. Quello che era un dubbio avanzato nel nostro editoriale della settimana scorsa, è confermato dall’assessore al Patrimonio Massimo Cameliani: «Dopo il contenzioso sull’Imu, le relazioni con Eni si sono interrotte e l’accordo non è stato rinnovato».

L’accordo di collaborazione tra Eni e Palazzo Merlato è stato siglato per la prima volta nel 1993, durante il (breve) mandato del sindaco Miserocchi, e aveva una durata triennale per una somma di 3 milioni di euro all’anno. L’ultima volta – la nona – è stato rinnovato nel 2021 con De Pascale, ma solo per un anno e riducendo la cifra a 2 milioni. Grazie a questa intesa, il Comune otteneva dalla multinazionale dei fondi per sostenere alcune azioni di compensazione all’impatto ambientale delle attività estrattive che Eni effettua al largo di Ravenna. Le risorse venivano stanziate soprattutto per i ripascimenti e la difesa del litorale, la cui erosione è accentuata dal prelievo di metano dal sottosuolo, che aumenta la subsidenza. Ma tra i contributi di interesse pubblico figuravano anche borse di studio erogate attraverso la Fondazione Enrico Mattei, sostegni alle startup locali tramite l’incubatore Colabora, sponsorizzazioni di eventi come la Festa della cozza e attività di monitoraggio ambientale.

A un certo punto, le tempistiche degli accordi-quadro si intrecciano con quelle del pagamento dell’Imu sulle piattaforme in mare. Nel 2016 la Cassazione ha equiparato queste strutture agli immobili sulla terraferma, quindi accatastabili. Da allora tutti i Comuni con piattaforme situate entro le 12 miglia dalla costa, in acque di competenza amministrativa, hanno iniziato a chiedere di pagare l’imposta. Solo in Romagna, Eni ha un conto di oltre 100 milioni di euro. L’azienda, ritenendo che l’Imu non fosse dovuta, ha fatto ricorso contro tutte le amministrazioni, ma finora i giudici le hanno sempre dato torto. L’ultima sentenza risale a due settimane fa, quando gli ermellini hanno imposto al cane a sei zampe di pagare 7 milioni di Imu arretrata ai Comuni di Cesenatico e Crotone.

Anche a Ravenna Eni aveva inizialmente avviato un contenzioso, ma poi la vicenda si è conclusa con un accordo tra le parti, senza arrivare al giudizio. Si tratta dell’unico Comune ad avere risolto la questione senza passare dalle aule di tribunale. Nel 2018 Eni e Palazzo Merlato hanno siglato un accordo per 9,5 milioni all’anno sull’Imu dovuta dal 2012 al 2015, mentre lo scorso novembre hanno patteggiato per altri 43 milioni sul 2016-2019. «In questo modo abbiamo accelerato i tempi e incassato l’imposta con tanto di interessi», afferma Cameliani, che ha seguito la questione da assessore durante il suo precedente mandato. «Resta in sospeso solo un contenzioso sulle sanzioni».

È a questo punto che le due vicende si intrecciano. «Con il contenzioso per il pagamento dell’Imu, i rapporti con Eni si sono raffreddati e questo ha inciso sulla mancata interlocuzione per il rinnovo dello storico accordo-quadro», prosegue Cameliani. «Inoltre i tempi si sono allungati per la fine anticipata del secondo mandato di De Pascale. Ciò non esclude che si possa intavolare una nuova discussione. La nostra intenzione c’è, ma prima di ragionarci preferiamo attendere la conclusione del contenzioso sulle sanzioni». L’assessore sottolinea però che «occorre la volontà da entrambe le parti» e che «definire i contenuti per un accordo-quadro richiede almeno un anno e mezzo di lavoro». Per quanto riguarda la durata annuale dell’ultimo accordo, al contrario dei precedenti otto che erano triennali, Cameliani precisa che «in quella fase non si riusciva a pianificare un accordo triennale con Eni, quindi si è concordato sull’annuale».

I due temi sono distinti tra loro. Da una parte c’è una tassa dovuta per legge: Eni riteneva di non doverla pagare, ma l’orientamento della giurisprudenza è finora consolidato nel darle torto. Dall’altra c’è un accordo volontario con cui la multinazionale, su sollecito del Comune di Ravenna, accettava di erogare un contributo economico per una serie di azioni di interesse pubblico sul territorio. Resta il fatto che questo accordo non è stato rinnovato proprio dopo che Eni ha accettato di pagare la seconda tranche dell’Imu sulle piattaforme situate nelle acque ravennati.

L’assessore Cameliani parla di «relazioni interrotte», eppure Palazzo Merlato è stato l’unico a riuscire a incassare l’Imu grazie a un patteggiamento anziché a una sentenza. Resta dunque da capire se sia stata Eni a rifiutarsi di rinnovare l’accordo-quadro oppure se sia stato il Comune a rinunciarvi. Dalla multinazionale ci scrivono solamente che «i rapporti tra Eni e il Comune di Ravenna sono storicamente improntati alla massima collaborazione. Non abbiamo commenti sugli accordi di collaborazione, sui quali non ci sono mai state preclusioni». E questo fa sorgere qualche interrogativo sull’operato del Comune, nel caso abbia rinunciato a rinnovare l’accordo nell’ambito della trattativa sull’Imu, oppure sull’atteggiamento della stessa Eni: l’azienda ha chiuso l’ultimo bilancio con 5 miliardi di utile, ma ha cercato di evitare di pagare 100 milioni di imposta dovuta. E nel caso di Ravenna, almeno secondo quanto riferito da Cameliani, avrebbe in seguito interrotto le relazioni per rinnovare il contributo economico volontario che storicamente riconosceva al territorio.

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