Black Russian, Bloody Mary, Gin Fizz: classici ma da riscoprire

Probabilmente non sono i primi a venire in mente entrando in un bar, ma sono gustosissimi

SH Black Russian

Con l’articolo che state per leggere si chiude l’affondo su nove dei tanti classici cocktail a base di alcolici “bianchi” (o trasparenti), prima di dare spazio, nei prossimi mesi, ad altrettanti drink realizzati con basi scure. I protagonisti di oggi sono il Black Russian, il Bloody Mary e il Gin Fizz.

Il Black Russian è un cocktail semplice, composto da due ingredienti, vodka e liquore al caffè. È il precursore del più popolare White Russian, che segue la stessa base ma include la panna. Nonostante il nome, il Black Russian non ha alcun legame diretto con il paese che ne condivide il nome, visto che deriva semplicemente dall’uso della vodka. Le sue origini sembrano risalire a un barista di nome Gustave Tops dell’Hotel Metropole di Bruxelles, intorno al 1949. Si dice che Tops abbia creato il drink per Perle Mesta, ambasciatore degli Stati Uniti in Lussemburgo, una donna mondana nota per le sue feste sfarzose. È stato però il ruolo di protagonista del White Russian nel classico dei fratelli Coen del 1998, Il grande Lebowski, a catapultare i due Russian nello status di cult-classic: il nostro eroe, Drugo, ne beve otto nel corso del film, nove se si conta quello che ingolla dopo essere stato drogato nella villa del magnate del porno Jackie Treehorn. Il viaggio di Drugo al supermercato locale in cerca della panna per il cocktail mette in moto una sottotrama chiave. È difficile crederci ora, ma prima che il film facesse conoscere la bevanda a milioni di nuovi fan, il White Russian stava cadendo nel dimenticatoio.
Ma torniamo al suo fratello maggiore, il Black Russian. Sebbene si tratti di un cocktail apparentemente elementare e diviso in due parti, il BR segue un modello di gusto ben consolidato: spirito, dolce e amari. Nel drink, lo spirito è naturalmente la vodka, mentre il liquore al caffè svolge il doppio ruolo di agente dolcificante e amaricante, anche se con un’enfasi sul primo. Tradizionalmente preparato con la Kahlúa, oggi è disponibile sul mercato una serie di fantastici liquori al caffè che consentono di adattare la bevanda ai propri gusti specifici, tipo il famoso Caffè Borghetti, che enfatizza l’amaro del caffè e conferisce un sapore più simile a quello dell’espresso. Nel complesso, il cocktail funziona ancora benissimo come opzione per il dopocena e la sua semplicità rimane un punto di forza. Se preparato con vodka di alta qualità (tipo Beluga o Stolichnaya) e una scelta ponderata del liquore al caffè, il Black Russian è ancora un esempio di come si possa creare un cocktail dal sapore complesso con ingredienti minimi.

Bloody Mary

Sempre a base di vodka – e il consiglio qui è di usare l’olandese Ketel One – è poi il celeberrimo Bloody Mary. La ricetta (non semplicissima e variabile, quindi meglio cercarsela online) annovera succo di pomodoro, spezie piccanti (salsa Worcestershire o tabasco), erbe aromatiche (cren, sedano), sale, pepe e succo di limone. Cocktail dall’inconfondibile colore rosso, il Bloody Mary sembra debba il nome a Maria I Tudor, chiamata anche Maria la Sanguinaria per aver fatto giustiziare almeno trecento oppositori religiosi. A inventarlo fu Ferdinando Petiot, barman nel 1920 all’Harry’s New York Bar di Parigi, e probabilmente l’obiettivo era creare una bevanda che rimettesse in piedi gli avventori dopo una serata di bagordi. È uno dei cocktail più conosciuti al mondo, apprezzato per la sua capacità di far ripartire anche le mattine più stanche e pioniere dei drink salati. Tuttavia, come si accennava, a causa della sua natura complessa e libera, le ricette variano molto, e stabilire esattamente cosa rende un Bloody Mary perfetto è fonte di infiniti dibattiti. Nonostante le infinite varianti, però, e indipendentemente dal modo in cui si sceglie di prepararlo, la forza del BM non si discute. È una colazione nutriente a base di liquore e una cura per i postumi della sbornia, tutto in un unico pacchetto rosso, ed è uno dei pochi cocktail socialmente accettabili da bere come prima cosa al mattino. Cos’altro si può chiedere?

Cambiamo spirito e parliamo in chiusura del Gin Fizz, drink facile da realizzare e perfetto come aperitivo o per un dopocena. Eccone gli ingredienti: 6 cl di gin, 3 cl di succo di limone, 2 cl di sciroppo di zucchero, 8 cl di soda, ghiaccio, una scorza di limone (negli Stati Uniti nei fizz si utilizza anche l’albume dell’uovo). Gli ingredienti vanno agitati nello shaker (tranne la scorza di limone, che serve come guarnizione alla fine) e il risultato è un cocktail dissetante e aromatico che pare fosse molto amato dall’ammiraglio Nelson anche per la sua capacità di combattere lo scorbuto.
Se vogliamo un drink più denso e potente, usiamo la ricetta americana, e allora è meglio prima agitare il cocktail a secco, cioè senza ghiaccio, per aiutare gli ingredienti liquidi a fondersi con l’albume. Scegliendo la via del dry-shake, occorrono almeno 15 secondi di agitazione per fondere correttamente gli ingredienti. Poi si agita di nuovo con ghiaccio fino a quando il tutto è freddo e si filtra il contenuto nel bicchiere per ottenere uno splendido effetto a strati.
Il Gin Fizz – di cui si parla già nel 1876 in un ricettario statunitense – è fondamentalmente il cugino spumeggiante e ricco di proteine del Tom Collins, che combina gin, limone, zucchero e soda. Il gin, in quanto unico distillato del cocktail, costituisce la base su cui poggiano gli altri ingredienti. Non è quindi il momento di lesinare sulla qualità. Un gin London Dry (tipo il giapponese Kyoto KI NO BI o un classicissimo Plymouth) aggiungerà note botaniche di ginepro e simili all’agrumato del limone, mentre un gin in stile moderno (ad esempio lo spettacolare Isle of Harris), con note più morbide e floreali, produrrà una versione altrettanto deliziosa, anche se diversa.

Le varianti Bloody Maria e Red Snapper. Recentemente, soprattutto negli Stati Uniti, il Bloody Mary ha ispirato una “corsa agli armamenti” basata sulle guarnizioni che ha visto ristoranti e bar arricchire i loro cocktail con guarnizioni folli, tra cui pancetta, spiedini di gamberi, code di aragosta e mini cheeseburger, trasformando il Bloody Mary in un brunch a sé stante. Ci sono poi un sacco di varianti del drink, che mantengono il fondamentale uso del pomodoro come base per poi spaziare: il Bloody Maria, ad esempio, è quella messicana, che sostituisce la vodka con il tequila e aggiunge a tutti gli ingredienti anche una salsa piccante; oppure c’è lo Red Snapper, praticamente una versione con il gin a posto della vodka e molto lime. Qui la differenza fondamentale è la quantità di spirito, molto più elevata.

Testato. Per il mio Black Russian ho optato per una vodka francese, la Grey Goose, e il nostro Caffè Borghetti. Farlo è di una facilità ridicola: nel bicchiere “old fashioned” mettiamo i cubetti di ghiaccio, aggiungiamo 20 ml di Borghetti, poi 50 ml di vodka e mescoliamo il tutto delicatamente con un bar spoon. Ecco fatto, il Black Russian è pronto. È un cocktail molto gustoso, perfetto da dopocena.

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