Cagnina profumata e gentile al palato

Tutta la giocosa freschezza del tipico vino nuovo romagnolo, perfetto con le caldarroste

Cagnina E CastagneIn questo periodo con i primi freddi aleggia nell’aria un delicato profumo di castagne tostate nella fiamma delle tipiche padelle bucherellate che scottano senza bruciare il frutto autunnale.
Le profumate caldarroste rievocano tempi passati, quando da bambino sgranocchiavo le castagne e guardavo incuriosito i “grandi” che le mangiavano sorgeggiando vino. A noi bimbi non era permesso bere se non ogni tanto, quando era concesso un “sorsino” di quel liquido prelibato, dolce e scuro.
Quale poteva essere quel vino così profumato e gentile al palato?

Si tratta della Cagnina, un “vinellino” morbido e fruttato dalla lieve carezza tannica e la piacevole freschezza acida che lo rende dissetante quasi corroborante, perfetto per le castagne e, se vogliamo, per certi formaggi. Era quello il vino che da bambino vedevo scorrere nei tozzi bicchieri nel tavolaccio della cucina, reso ancor più invitante e lucido vermiglio dalla fiamma del focolare. Storicamente, in terra di Romagna si è sempre fatto affidamento su questo vino nuovo, che molti aspettavano per brindare davanti al camino con parenti e amici.
La Cagnina si ottiene da uve Refosco Terrano e il suo insediamento in Romagna si deve quando, in epoca bizantina, arrivavano dall’Istria le pietre calcaree usate per la costruzione di monumenti e battisteri. Tra una pietra e l’altra sicuramente fu importata anche qualche pianta di Refosco che i locali romagnoli chiamavano grasp ros per indicarne il graspo rossiccio che lo distingueva dagli altri vitigni.

È un vino che lascia spazio all’interpretazione e al gusto personale. Alcuni produttori la fanno dolce altri, invece, danno più spazio alla parte tannica e acida richiamando così la parte più dinamica e giocosa del vino. Personalmente, non amo le versioni troppo morbide e smielate perché il bello della Cagnina è l’essere dissetante con la capacità di pulire il palato. In questo caso, perfetta se accompagnata alle profumate e bollenti caldarroste.
Il disciplinare consente l’utilizzo di un massimo di 15 per cento di uve rosse da aggiungere al Refosco Terrano che permette di giocare su una sottile “personalizzazione” del vino da parte di chi produce. Si vinifica in 16 comuni dell’area forlivese e cesenate mentre, in zona Ravenna, solo 5 i comuni che rientrano nella produzione di questo vino.

La parte alcolica è facile da gestire per qualsiasi persona voglia approcciare la Cagnina. Di solito quella in commercio ha una gradazione che si aggira attorno ai 9/10 gradi. Non solo buona per le caldarroste, tanto è vero che in base allo “stile” della Cagnina si può abbinarla a dolci e biscotteria oppure a salumi e carni bianche, nelle versioni più tanniche e acide.
Attenzione, però, a non confondere la Cagnina con la “Canéna”. Quest’ultimo è un vino ottenuto uve Canina nera e altri vitigni in percentuali diverse. È un vino storico legato al territorio di Russi ed è di solito bevuto immediatamente dopo la vendemmia. È il tipico vino che trovate alla “Fira di Sett Dulur” di Russi che si tiene la terza domenica di settembre ed è spesso abbinata all’altro tipico prodotto del paese: il “Bel e còt”, un saporito e originale cotechino preparato dai norcini locali.

Due vini tipici da distinguere per origine e al palato

Cagnina o Canéna? Si tratta di due cose completamente diverse. La Cagnina si ottiene da uve Refosco Terrano mentre, la Canéna, si vinifica con uve Canina nera per un minimo del 50% e altre uve minori in percentuali diverse che sono: Marzemino – detto Barzamé –, Cornacchia, Ancellotta, Pignolo nero, Romanino.
La Cagnina può essere anche in versione non dolce o semi-secca mentre, la seconda, è spesso solo in versione amabile.

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