Gin tonic, Moscow Mule, Daiquiri: i primi tre alfieri dei distillati bianchi

Le loro origini sono quasi sempre casuali e antiche, sono facili ma per niente scontati

Pexels Peter Fazekas 1170599
Sapete come preparare un vero Manhattan? O il preferito dai barman di tutti i tempi, il Negroni?

Alcuni cocktail sono così radicati nel canone del mondo mixology che davvero dovremmo provare a farli almeno una volta e considerare di memorizzarne le ricette. È vero, esistono non decine, ma centinaia di cocktail classici. Tuttavia pochi hanno una vera capacità di resistenza al tempo, e quelli che ce l’hanno sono drink popolari oggi così come lo erano un secolo (o due) fa. In questo primo approfondimento sul mondo dei cocktail puntiamo i riflettori su tre grandi classici a base di distillati bianchi o trasparenti che dir si voglia, nomi che ogni amante dei cocktail dovrebbe conoscere.

Partiamo dal mio preferito in assoluto, il Gin tonic (che in realtà sarebbe gin&tonic). Facilissimo, giusto? Beh, non proprio. Il cocktail a due ingredienti richiede totale attenzione. Dai bicchieri alle guarnizioni, dallo stile del gin al grado di alcolicità, tutto deve essere considerato con attenzione quando si miscela un G&T. Un Gin tonic preparato con una base potente – diciamo dal 45% di titolo alcolometrico in su – e configurato con due parti di tonica e una di gin, è un drink buono ed equilibrato. Troppo gin e lo spirito botanico metterà in ombra le qualità uniche della tonica.

Se la tonica è troppa, annega il gin. C’è spazio infinito per la sperimentazione all’interno di questi due ingredienti. Con centinaia di gin sul mercato e decine di toniche, un buon G&T è un esercizio di abbinamento per trovare la combinazione più adatta ai propri gusti. I gin secchi londinesi sono caratterizzati da un profilo nettamente orientato al ginepro; i gin di stile moderno spesso riducono il ginepro e aumentano gli agrumi e i fiori. Ci sono gin da tutto il mondo: finlandesi spettacolari (come l’Helsinki), giapponesi raffinatissimi (penso al Roku), inaspettate perle da alcune piccole isole inglesi (il Mermaid, dall’Isola di Wight), ma spesso le più belle sorprese arrivano da piccoli produttori della nostra penisola, con bottiglie talmente buone (e costose) da poter sorseggiare in purezza e a temperatura ambiente.

Poi le toniche. Alcune sono asciutte e semplici, con note importanti di chinino amaro. Altre sono dolci e sciroppose. Nel mezzo, si possono trovare toniche con qualsiasi cosa, dagli agrumi agli aromi, alle erbe e alle spezie. Poi, naturalmente, c’è la guarnizione. Molti vanno di lime. Altri scelgono il limone, altri ancora preferiscono una fetta di pompelmo o un rametto di rosmarino, o una guarnizione stagionale, come l’arancia rossa e il timo. Tutte queste permutazioni si traducono in una miriade di Gin&tonic, quindi naturalmente la bevanda si presta alla creatività. Cetrioli o frutta frullati forniscono una dose extra di freschezza e un goccio di vermouth secco ammorbidisce il cocktail.

È un curriculum impressionante per un drink che affonda le sue radici nella polvere di chinino, utilizzata negli anni ‘40 del XIX secolo come antimalarico per i soldati e i cittadini britannici in India. In origine, l’amara polvere veniva mescolata con soda e zucchero per renderla più appetibile. Non passò molto tempo prima che alcuni intraprendenti imbottigliassero l’elisir per uso commerciale. Poco dopo, la tonica entrò a far parte del mondo del gin. Oggi contiene meno chinino rispetto ai prodotti del passato e ha un sapore più dolce, ma la sua capacità di completare il gin è impareggiabile tra i miscelatori. Mettetele insieme in un bicchiere e potrete assaggiare uno dei migliori abbinamenti del canone dei cocktail, brindando alla consapevolezza che il Gin&tonic è, essenzialmente, una medicina.

Un altro classicone è sicuramente il Moscow Mule, semplice cocktail a tre ingredienti che è un mix di vodka (45 ml), succo di lime (15 ml) e ginger beer (a riempire il bicchiere). Si distingue forse soprattutto per il recipiente in cui dovrebbe venir servito (ma purtroppo è raro vederlo), ossia un vistoso boccale di rame.

Il Moscow Mule è molto popolare per una buona ragione: è delizioso, rinfrescante e facile da preparare. Qualsiasi vodka di alta qualità (ne butto lì qualcuna: l’islandese Reyka, la francese Grey Goose e la polacca Belvedere) funzionerà bene nel Mule, ma non è il caso di sperimentare con una ginger beer di qualità inferiore. È meglio scegliere un’opzione di prim’ordine in bottiglia di vetro e che offra una nota speziata sufficiente a completare il liquore e il lime. La leggenda narra che il Moscow Mule fu ideato negli anni ‘40 per far conoscere agli americani la vodka (un’acquavite allora poco diffusa). Due i protagonisti: John Martin, che aveva bisogno di vendere la Smirnoff, da poco acquistata dalla sua società di distribuzione; e Jack Morgan, che aveva bisogno di esaurire la scorta di ginger beer del suo pub Cock ‘n’ Bull. Decisero di combinare i due ingredienti con un po’ di lime e il resto è storia. Ah, certo, la buccia di cetriolo. Aggiunta in tempi recenti e ormai parte praticamente imprescindibile della ricetta; aggiunge in effetti ulteriore freschezza al cocktail, smorzandone anche un po’ la piccantezza.

A chiudere, due parole sul Daiquiri. L’uso del frullatore ha certamente dato la sua impronta, ma questo cocktail profondamente semplice dà il meglio di sé quando rimane lontano da una lama d’acciaio. Basta shakerare rum bianco (40 ml), sciroppo di zucchero (10 ml) e succo di lime fresco (20 ml) per ottenere il più perfetto dei cocktail agrumati. E infatti, molto prima che diventasse un drink con l’ombrellino, il Daiquiri è stato un pioniere della categoria dei drink acidi, forse uno dei più noti cocktail a base di rum mai creati. Si ritiene che il Daiquiri moderno sia stato inventato nel 1898 in un villaggio minerario situato vicino all’omonima spiaggia sulla punta sudorientale di Cuba. Una leggenda popolare ne attribuisce la creazione a un ingegnere minerario americano di nome Jennings Cox e a un ufficiale medico della Marina degli Stati Uniti che portò la ricetta di Cox da Cuba a Washington, rendendola popolare negli Stati Uniti.

Tuttavia, data la semplice combinazione di tre ingredienti base dei Caraibi, è probabile che combinazioni simili siano precedenti a questa storia. Negli anni successivi alla sua creazione, il Daiquiri è diventato uno dei cocktail più apprezzati e ha raccolto fan appassionati, tra cui gente come Hemingway e John F. Kennedy. Sebbene il periodo degli anni ‘80 e ‘90 abbia visto l’ascesa di innumerevoli bombe di zucchero miscelate che portavano il nome del drink ma non avevano altre somiglianze, i barman e i consumatori moderni hanno da allora riabbracciato la semplicità e la perfezione dell’originale a tre ingredienti.

Fine prima parte – Continua

CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24
EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CONSAR BILLB 02 – 12 05 24
TOP RENT BILLBOARD SICUREZZA 03 – 17 05 24