Dal fondente fino a quello rosa: il cioccolato, che passione

Un itinerario tra le varie tipologie dell’ingrediente principe della pasticceria, spesso vittima di pregiudizi

Uova Cioccolato

Sia che lo si veda come una piccola trasgressione o come una avvolgente e confortante coccola, poco importa: è impossibile non amare il cioccolato.
Arrivato in Occidente dopo la scoperta dell’America, al cioccolato, come a pochi altri ingredienti, sono stati attribuiti svariati significati: consolatorio, afrodisiaco, curativo (chi non ricorda le stregonerie di Juliette Binoche nel film Chocolat?). In fin dei conti però tutto si riduce al piacere, al “vizio” di gola che per molti anni ha sconfinato nella lussuria dell’Europa ecclesiastica del XVII e del XVIII secolo, tanto da esserne vietato il consumo ai monaci.

NATURASI LEAD ARTICOLO AD HOC CIOCCOLATO 06 04 23

Superati questi pregiudizi, oggi è il principe della pasticceria, dove viene declinato in infinite preparazioni, tradizionali o moderne.

Quante tipologie di cioccolato esistono e come è preferibile usarlo?

Prima di tutto, il cioccolato fondente, per essere definito tale, deve contenere almeno il 35% di cacao e il 18% di burro di cacao. Per quello al latte, invece, le quantità da rispettare sono diverse: almeno 25% di cacao e il 14% di latte. I termini “superiore”, “fine” o “finissimo” possono essere utilizzati solo quando il contenuto degli ingredienti principali è superiore rispetto alla ricetta base: in questo caso il cacao deve arrivare almeno al 43% per il cioccolato fondente e al 30% se si tratta di cioccolato al latte.

Per quanto riguarda i grassi, l’espressione “solo con cacao puro” è un’indicazione utilizzata dai produttori italiani e indica che non vi è presenza di grassi vegetali diversi da quelli del cacao. In caso contrario, deve essere esplicitato in etichetta l’utilizzo di altri grassi (fino ad un massimo del 5%) quali il burro d’illipé, di karité e di kokum, l’olio di palma, il grasso e la stearina di Shorea robusta o di nocciolo di mango.
Ancora, circa l’aspetto, un buon cioccolato deve avere la superficie lucida, la grana fine e deve spezzarsi con un taglio netto e definito. Una pasta non omogenea o la presenza di bolle sono indice di una cattiva lavorazione (per esempio con temperature non adeguate).
Infine, il profumo del cioccolato fondente deve essere intenso e persistente, mentre in quello al latte gli aromi della vaniglia e del latte devono prevalere su quello del cacao.
Fino a qui abbiamo visto le principali caratteristiche di cioccolato fondente e al latte, ma in commercio troviamo prodotti con ulteriori appellativi.

Cos’è il cioccolato di copertura?

Il cioccolato di copertura è un cioccolato che per la texture particolare, o meglio, per l’uso che se ne deve fare in cucina, è perfetto per ganache e glassature, che devono garantire una resa stabile e un aspetto lucido, a specchio, come si dice in gergo tecnico. Nel caso del fondente, deve contenere non meno del 35% di sostanza secca totale di cacao.

E il gianduja?

Ciccolato ScaglieSi tratta di una specialità torinese nata a inizio Ottocento, per aggirare il blocco napoleonico sul cacao, e presentata ufficialmente nel 1865 in occasione del Carnevale, in onore dell’omonima maschera. È il cioccolato che ha reso celebre la varietà di nocciole Tonda Gentile delle Langhe. La normativa prevede nocciole in percentuale compresa tra 20 e 40%.

Che differenza c’è tra nocciola e gianduia? Una delle differenze principali tra il cioccolato gianduia e il cioccolato fondente è la quantità di cacao: il gianduia ha una composizione di cacao (circa 10%) e nocciole, mentre il fondente ha una percentuale di cacao decisamente superiore (tra il 43% e il 100%).

A proposito di cacao, vi suggeriamo anche la lettura dell’articolo in cui parliamo di come e quanto la qualità e la lavorazione del cacao influiscano sul sapore del cioccolato: “Quel suadente e amabile cioccolato che nasce dal più nobile dei cacao“.

Il cioccolato bianco

Arriviamo al cioccolato bianco: non contiene cacao ma solo burro di cacao (non meno del 20%) e latte (non meno del 14% di sostanza secca ottenuta dalla disidratazione parziale o totale del latte, panna, burro o di grassi del latte). Gli amanti del cioccolato, da sempre, lo guardano con superiorità e snobismo, ma, messi di fronte a un dessert ben fatto, ci fanno pace molto velocemente…

E con i tipi di cioccolato non finisce qui

Poi ci sono i cioccolati aromatizzati. Frutto dell’estro dei maestri cioccolatai, non sono altro che prodotti nei quali, agli ingredienti base vengono aggiunti spezie, fiori, frutta, olii essenziali, con risultati a volte memorabili, altre volte decisamente arditi o insignificanti.

E il cioccolato crudo? Qui la lavorazione prevede che le fave non siano tostate bensì essiccate al sole per diversi giorni. La tostatura serve a ridurre carica batterica e umidità, ma soprattutto a far sprigionare alle fave i loro aromi. Nel caso del cioccolato crudo quindi si avranno aromi più delicati e umidità maggiore. Inoltre viene lavorato non superando i 40°-42° gradi (a “freddo”) per tutto il processo di produzione.

Ancora, non possiamo non citare il cioccolato di Modica. Prodotto siciliano che ha ottenuto l’indicazione Igp nel 2018 dall’Unione europea, diventando di fatto il primo (e attualmente l’unico) ad essere protetto attraverso l’Ue con un marchio d’origine per la particolarità delle sue caratteristiche (la lavorazione “a freddo” su tutte, che lo distingue dal cioccolato crudo perché viene rispettata solo nelle ultime fasi di lavorazione). Secondo il disciplinare, cosa che ha suscitato notevoli polemiche, “l’impasto si ottiene lavorando assieme la pasta amara di cacao e lo zucchero, anche di canna, raffinato o integrale. Facoltativo è l’uso di ingredienti in aggiunta quali sale, cannella, vaniglia, peperoncino, noce moscata, l’aroma naturale di agrumi, finocchietto, gelsomino, zenzero e i frutti, anche secchi e disidratati, di pistacchio, nocciole, mandorle e agrumi. È inoltre consentito l’uso di altre spezie, aromi naturali e frutta anche secca o disidratata”.

Concludiamo con il cioccolato rosa: frutto di una operazione di marketing di Barry Callebaut, multinazionale svizzera del cioccolato, questo prodotto è il risultato di una collaborazione con la Jacobs University di Brema. È ottenuto da alcune differenti specie botaniche di alberi di cacao provenienti dalla Costa d’Avorio, dal Brasile e dall’Ecuador e il colore rosa sarebbe il risultato della lavorazione di una tipologia di fava, la “ruby Cocoa Bean”. Il condizionale è d’obbligo perché sono stati sollevati non pochi dubbi sulla effettiva assenza di coloranti e sullo stesso processo di lavorazione. Perfetto sul piano estetico (immediato il riscontro sui social dopo la messa in commercio), a livello gustativo la gradevolezza al palato è decisamente soggettiva: con note vagamente legate ai frutti di bosco e una dolcezza mista a note acidule, non incontra il favore di tutti gli amanti del cioccolato.

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