Tra finger food, creazioni ben dosate e prelibato dessert: una cena al Corte Cabiria

Il nostro racconto di una serata al ristorante in centro a Ravenna. Ecco com’è andata, dal menù al conto

Corte Cabiria Esterno

«Un angolo segreto nel cuore della città», si proclama così il ristorante Corte Cabiria di Ravenna. E ci sta come definizione, visto che parliamo di un locale di via Mordani, poco più di un vicolo in pieno centro storico, in una piccola porzione dell’isolato dominato dal giardino di Palazzo Pasolini dall’Onda. Si raggiungere a piedi, camminando alcuni minuti se si ha avuto il buon senso di parcheggiare intorno, o appena fuori, le mura della città. Tutto sommato è anche un vantaggio a fine pasto, per una scarpinata digestiva.

Varcando un cancelletto fra antiche mura ci si trova, per l’appunto, in un cortile attrezzato con un “trasparente” dehor da circa 40 coperti (più una ventina all’aperto, nella bella stagione). Visto il numero limitato di posti a tavola – dal lunedì al sabato, a pranzo e cena – è quasi indispensabile la prenotazione. L’ambiente è di un’eleganza sobria e informale, funzionale e acccogliente. Domina una lunga parete affrescata a rilievo dove un’occhio/sole simbolico espande i suoi raggi in una sorta di deserto che dona allo spazio un’atmosfera tranquilla fra toni sabbiosi e legno chiaro. La sala è abbastaza silenziosa, felpata, e consente una certa discrezione fra i commensali. I tavoli sono apparecchiati con linde tovaglie e tovaglioli di stoffa bianca, stoviglie candide e appena un tocco di ceramiche dai colori brillanti, con piccoli tavolini complementari per accogliere le bottiglie da stappare o le borse delle signore. L’illuminazione è calibrata, anche per dare buona visibilità alle portate. Le sedute sono comode, e pure la pulizia e i servizi di toilette, fondamentali per una cena rilassata lunga, fra tutto, un paio d’ore.

Ma veniamo al mangiare e bere: lo chef Marco Guerrini punta su «proposte mediterranee», prevalentemente di stagione, e materie prime del territorio. Ma non mancano accostamenti con alimenti e aromi di origine esotica, seppure sapientemente dosati. Per chi vuole affidarsi all’estro del cuoco il menù (consultabile agilmente con un QRcode sullo smartphone, ma a richiesta anche su carta) prevede un percorso di 7 portate, selezionate fra le più “creative” della cucina del Cabiria (a 70 euro), con l’abbinamento di ben 6 vini (a 40 euro). Oppure si possono scegliere due percorsi di degustazione, di pesce e di carne, entrambi di 4 portate (a 50 euro). In abbinamento 4 diversi calici (a 30 euro).

Noi abbiamo optato per assaggi “alla carta” che prevede, sempre equamente suddivisi fra pesce e carne, 8 antipasti, 7 primi, 4 secondi, 2 selezioni di formaggi e una scelta di 6 dessert. Un repertorio che denota una varietà limitata alla scelta di realizzare, da parte della brigata di cucina, pietanze “fragranti”, in tempo reale. Da segnalare in questa fase autunnale l’uso, in vari piatti, di materie prime di stagione quali zucca, castagne, tartufi, rape, cavoli e broccoli, fave e finocchi, mele.. E una curiosità: la presenza in menù, fra tante innovazioni gastronomiche, di un singolare quanto tradizionale “cappelletti al ragù”,  referenza della recente sfida del programma Tv di Alessandro Borghese, che ha visto il Cabiria protagonista con altri tre ristoranti ravennati, oppure una dovuta “concessione” ai clienti forestieri. 

Il servizio – svolto in scioltezza con attenzione, garbo e simpatia, dal maître di sala Luciano Lontani – procede speditamente: in poco più di dieci minuti arriva l’acqua, si apre l’ordinazione e viene servito l’aperitivo di benvenuto: pani fatti in casa, un appetizer finger food, fra praline di baccalà, paté di coniglio, macaron al formaggio, crocchetta di patata, rapa e formaggio feta. E un bicchierino di MiTo, mix di vermouth e bitter. Poi si susseguono in tavola col ritmo giusto le pietanze prescelte: Pluma di maialino, mela verde, salsa teriyaki e cipolle borettane; Seppioline ripiene, pappa al pomodoro e insalata scarola; Piccione (“ritagliato” e ricomposto in varie cotture), sedano rapa e marasciuoli (erbette piccantine); Spaghetti di kamut ai ricci di mare con fili (letteralmente) di peperoncino; Ombrina, patate al limone, verdurine e rapa rossa. Tutte creazioni inedite ma finemente dosate nei sapori e nelle consistenze, ben composte nel piatto. 

In coda alla sequenza abbiamo degustato anche un dessert Millefoglie, prelibato per l’uso dell’autoctono scquacquerone, stratificato con fichi e vino di Porto. 

A proposito di vini, la cantina di Corte Cabiria è veramente ben fornita con selezioni di etichette romagnole, regionali italiane e, per sbizzarrirsi, anche internazionali. E la carta enologica prevede anche una discreta proposta “al calice”, vantaggiosa per variare l’assaggio se non si è in tanti a tavola per stappare una bottiglia. In questo contesto, la bella sorpresa del locale è la presenza di un giovane e competente sommelier, Thomas Zanotti, non solo responsabile delle forniture e della conservazione “a regola d’arte” della cantina, ma sempre presente ai tavoli e disposto a raccontare l’origine, il carattere e gli accoppiamenti più azzeccati dei vini coi cibi. Un felice ausilio per un avventore non proprio esperto del campo. Durante la cena abbiamo bevuto due rossi (un Pinot nero provenzale e un Nebbiolo delle Langhe), due bianchi (uno Chablis di Borgona e un uvaggio Zibibbo/Grillo di Sicilia) e dulcis in fundo, in compagnia di piccola pasticceria della casa, un’Albana Passita (della cantina romagnola La Berta) e un Barsac di Bordeaux. 

Il conto senza sconti: in tutto, in due, abbiamo speso (compreso acqua e coperti) 173 euro.

Corte Cabiria Pagella

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