Dai cereali fino al legno delle botti: cosa rende speciale il whisky

Anche l’acqua fa la differenza. E il sistema di distillazione, con alambicchi di rame

WhiskyRiprendiamo il nostro viaggio alla scoperta del nobile distillato. Dopo aver chiarito nella prima parte di qualche settimana fa alcuni concetti base e la storia, cerchiamo di capire ora come si produce il whisky e la differenza tra gli stili più comuni.

Gli “ingredienti” per la produzione sono semplici: acqua, lievito e cereali. Scritta così pare che tutti potremmo farcela, cos’è quindi che rende grandioso un whisky?

Prima di tutto l’acqua. Servono fonti purissime che trasmettano al distillato le caratteristiche organolettiche del proprio territorio. Ogni nazione e/o regione, lo caratterizza in base alla qualità dell’acqua stessa. In Scozia è più dolce, ad esempio, rispetto quella che si trova in certe zone dell’America dove l’acqua ricca di calcio è più adatta alla produzione di Bourbon whiskey.

I cereali sono un altro elemento che fa la differenza. Il principale usato è l’orzo, di cui Scozia e Irlanda sono sempre state importanti produttori. In Scozia, inoltre, pare ci sia l’orzo migliore e non sarà un caso che lo esportino in altre aree del pianeta dove si produce whisky. Questo cereale trasmette note biscottate dolci, di noci e nocciole, di crema e cereali.

I ricordi fruttati dolci, di miele insieme a note cremose derivano dall’uso del frumento, spesso usato per i “Blended whisky”.

Dalla segale, invece, si ottiene il “Rye Whiskey” facilmente riconoscibile per la particolare caratterizzazione che ricorda la frutta secca. Dal mais, al contrario, spesso derivano i bourbon americani dolci e speziati.

Per portare a fermentare la mistura di acqua e cerali serve il lievito e tutti i nutrienti, tra i quali lo zucchero, utili alla vita del lievito stesso. Ogni casa produttrice ha le proprie cultivar di lieviti selezionati che adatta sulla base dei cereali usati. Può essere adoperato un solo cereale o diversi, miscelati in base allo scopo finale che si vuole ottenere.

Se ritorniamo con la memoria allo stile scozzese, elemento di differenza è, anche, l’uso della torba. Si tratta di un materiale decomposto e semi carbonizzato che si forma nell’arco di migliaia di anni nelle zone con terreni pregni di acqua. Immaginate materiale vegetale umido per secoli pressato su se stesso insieme alla materia organica presente nei terreni. La Scozia ne è piena e la qualità della torba dipende dal microclima e dalla vegetazione del luogo. La torba svedese è molto più salmastra, la scozzese speziata e dolce. È un combustibile fossile che era usato per scaldare le case scozzesi del passato; oggi è impiegato unicamente per l’essicazione dell’orzo nella fase del maltaggio.

Il maltaggio è l’operazione che trasforma gli amidi dell’orzo in zuccheri. Trasformazione necessaria per andare in fermentazione. Con un processo di umidificazione comincia la germinazione, segno del processo in atto. Quando lo sviluppo è al suo culmine e prima che i germogli consumino tutto lo zucchero presente nel chicco, si blocca il processo con l’essiccazione attraverso l’utilizzo della torba che lascerà il suo particolare gusto all’orzo prima e al whisky poi. Ci sono diversi passaggi fatti di filtraggi e aggiunte di acqua calda per estrarre maggiormente i residui di zucchero, comunque sia, dalla fermentazione si ottiene un liquido grezzo giallastro: la base alcolica che verrà messa in un alambicco di rame per essere mandata in ebollizione. Quando raggiunge una certa temperatura, si assiste all’evaporazione dell’alcol che, così, si separa dalla parte acquosa del mosto. Il vapore risalendo attraverso la lunghezza dell’alambicco entra in serpentine che lo raffreddano per farlo tornare in forma di liquido alcolico dalla parte opposta dell’alambicco.

Il sistema di distillazione è oggetto di nuova differenza nel risultato finale. Gli alambicchi devono essere rigorosamente di rame perché questo metallo mantiene puro il gusto dell’alcol grazie alla capacità di trattenere le impurità. Possono avere differente forma, in base a questa si hanno diversi metodi di distillazione. Tra i più usati nel mondo whisky sono la “continua” e la “discontinua”. Nella “distillazione continua” immaginate grandi colonne che in una sorta di processo industriale, vedono gli alambicchi lavorare di continuo senza mai fermarsi. Questo sistema è usato per i “Grain Whisky”, i “Blended Scotch Whisky”, “Whisky canadesi” e i “Bourbon” americani. La “distillazione discontinua” è usata spesso per i “Single Malt”. In questo caso si compie una sola distillazione per volta perché, una volta distillato il liquido, occorre arrestare il processo e ricaricare.

Terminiamo questa semplificazione del processo di produzione con la parte finale dello stesso: l’affinamento, che avviene in botti di legno. In base al tipo di quercia usata e dall’uso precedente della botte stessa si andrà a caratterizzare il whisky. Il legno con la sua porosità permette un rapporto equilibrato tra l’ossigeno e il liquido alcolico contenuto. Oltre alla formazione di elementi che influiranno sul profumo e sul gusto che deriva da questo rapporto, anche la tostatura del legno usato per fare la botte rilascerà aromi specifici. La quercia americana ad esempio libera sentori morbidi, dolci e vanigliati di cocco e caramello mentre quella europea concede ricordi fruttati. Spesso si riutilizzano botti che hanno contenuto in passato sherry, bourbon, brandy, madera, porto, marsala o vermouth per impreziosire ulteriormente il whisky.

I diversi tipi di whisky nel mondo
SCOTCH WHISKY: distillazione e maturazione solo in Scozia per almeno 3 anni, gradazione minima di 43% gradi. È un genere che si suddivide nelle seguenti categorie:
– Blended Scotch Whisky: composti da una parte di “Grain Whisky”, senza orzo maltato, e da un Malt Whisky, con orzo maltato, di distillerie diverse. In etichetta, troverete sempre la componente più giovane del blend.
– Single Malt Scotch Whisky: ottenuti da solo orzo maltato prodotti da una singola distilleria. Quindi è una miscela di malti dove l’età del più giovane deve comparire in etichetta.
I Single Malt a loro volta si dividono in:
– Single Malt Single Cask, ottenuti da un’unica botte e da un unico whisky, quindi l’anno apposto in etichetta corrisponde alla botte di origine.
– No Age: sono Single Malt senza invecchiamento di solito molto giovani. Comunque mai inferiore ai 3 anni.
GRAIN WHISKY: ottenuti da orzo e altri cereali, e sono per gran parte impiegati per la produzione dei blend. Vengono prodotti con orzo maltato e con orzo non maltato e granturco.
BLENDED MALT SCOTCH WHISKY: formati da una serie di single malt di distillerie diverse unite insieme.
IRISH WHISKEY. Solo prodotti in Irlanda. Rispetto agli Scotch whisky subiscono più distillazioni, invece che solo due. Invecchiati per legge minimo 5 anni. Più morbidi rispetto gli scozzesi.
BOURBON WHISKEY: dalla contea di Bourbon nel Kentucky. Prodotto con una miscela di cereali. 51% minimo di mais poi, orzo maltato, segale e frumento. Deve avere una maturazione di almeno 2 anni in botti di quercia bianca nuove.
TENNESSEE WHISKEY: famoso per il Jack Daniel’s. Simile al Bourbon.
RYE WHISKEY: simili a un Bourbon ma con un alto contenuto di segale. Di solito dal profumo intenso ed erbaceo.
WHISKY CANADESE: prodotti con segale, orzo e mais. Pare si possa aggiungere alcol puro di barbabietola per ridurre il carattere secco della segale.
WHISKY GIAPPONESE: stesso stile produttivo della Scozia. Di solito mai torbati, morbidi e profumati. Si trovano sia in versione “blended” che single “malt”. I giapponesi sono molto legati allo stile inglese.

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