mercoledì
10 Settembre 2025

È morta suor Maria Grazia Gaddoni: aveva 91 anni, era stata preside delle Magistrali

Originaria di Faenza, era entrata nella comunità delle Serve di Maria a 20 anni

Suor Maria Grazia OkLa diocesi di Ravenna piange suor Maria Grazia Gaddoni, delle Serve di Maria Ghiselli, deceduta ieri 5 maggio nella casa generalizia di via Ghiselli per le complicanze dovute a varie patologie pregresse. Aveva compiuto 91 anni l’8 marzo. Ha insegnato italiano storia, geografia a generazioni di giovani all’Istituto Magistrale di cui è stata anche preside.

Originaria di Faenza, era entrata nella comunità delle Serve di Maria a 20 anni. Per 40 anni è stata segretaria di tutta la congregazione (che ha sedi anche in altre città) e anche la superiora della comunità di Ravenna per 5 anni. Molto conosciuta in città per il suo impegno educativo, per anni ha animato un gruppo di lectio divinae nella parrocchia di San Biagio.

Sarà l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni a celebrare, domani, il suo funerale nella piccola chiesa della comunità, con il parroco di San Vitale don Rosino Gabbiadini e a padre Pietro Gandolfi. Per le disposizioni relative all’emergenza sanitaria in atto, la celebrazione funebre sarà in forma privata.

Coronavirus in provincia: 4 nuovi contagi accertati e un morto

Il totale dei casi positivi sfiora mille di cui più della metà sono guariti. I decessi complessivi sono 72 in meno di due mesi

5118511 1259 Tampone AutoDopo la giornata di ieri, 5 maggio, con il doppio zero alle voci nuovi contagi e decessi, il coronavirus torna a farsi sentire in provincia di Ravenna: alle 12 di oggi, 6 maggio, si sono registrate quattro nuove positività e un morto in più rispetto a 24 ore prima. Sono i dati diffusi dalla Regione nel bollettino quotidiano.

La persona che ha perso la vita è una donna di 83 anni, è la terza persona che perde la vita dall’inizio di maggio, la 72esima in totale in provincia. Si registrano anche 5 nuove guarigioni complete mentre altre 9 persone sono guarite clinicamente e dovranno sottoporsi ai tamponi di negativizzazione.

Dei quattro nuovi casi, uno è residente fuori Regione e la positività è stata riscontrata occasionalmente in previsione di un intervento chirurgico. Gli altri tre sono residenti a Cervia, membri di uno stesso nucleo familiare, contagiati per contatto con casi già accertati, dopo una lunga quarantena. Si tratta di un 24enne, di una donna di 89 anni e di una minore.

L’aggiornamento complessivo per la provincia quindi dice che dall’inizio dell’epidemia (primo caso diagnosticato a Lugo il 28 febbraio) il totale degli casi di Covid-19 sfiora quota mille (990): di questi più della metà sono già guariti e 240 circa sono ancora casi attivi (una ottantina ricoverati e il resto in isolamento a domicilio). Il conto dei morti sale a 72 (comprese persone non residenti in provincia ma decedute nelle strutture del territorio). Il primo morto risale al 13 marzo.

Questi i casi di positività nelle altre province della regione (non si riferiscono alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi): 4.295 a Piacenza (9 in più rispetto a ieri), 3.244 a Parma (14  in più), 4.799 a Reggio Emilia (11 in più), 3.766 a Modena (8 in più), 4.259 a Bologna (27 in più), 387 le positività registrate a Imola ( lo stesso dato di ieri), 951 a Ferrara (11 in più), 913 a Forlì (3 in più), 731 a Cesena (16 in più), 2.044 a Rimini (1 in più).

In Emilia-Romagna dall’inizio dell’epidemia da coronavirus si sono registrati 26.379 casi di positività, 104 in più oggi rispetto a ieri: ancora un aumento fra i più bassi mai registrati finora. I test effettuati hanno raggiunto quota 211.652  (+5.486). Le nuove guarigioni oggi sono 362 (14.251 in totale), mentre continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi a oggi: -290, passando dai 8.681 registrati ieri agli odierni 8.391. Per un differenziale fra guariti complessivi e malati effettivi di 5.860, fra i più alti nel Paese. Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 5.728, -149 rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 176 (-15). Diminuiscono quelli ricoverati negli altri reparti Covid (-101). Si registrano in regione 32 nuovi decessi: 16 uomini e 16 donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna sono arrivati a 3.737.

Nuove regole per gli spostamenti: non solo in provincia e anche insieme a conviventi

Dal 7 maggio un’ordinanza di Bonaccini allarga le maglie in Emilia-Romagna

Pexels Photo 543605Cambiano le regole per gli spostamenti in Emilia-Romagna: dal 7 maggio disposizioni meno rigide definite da un’ordinanza del presidente Stefano Bonaccini.

Gli spostamenti per raggiungere le seconde case, camper o roulotte, imbarcazioni o velivoli di proprietà per attività di manutenzione e riparazione, vengono dunque consentiti nell’intero territorio regionale e non più solo in quello provinciale. Per tutti, resta l’obbligo di rientro in giornata.

La possibilità di muoversi in ambito regionale viene estesa anche agli spostamenti per comprovate esigenze lavorative, motivi di salute o di necessità, come fare la spesa, quelle cioè indicate nel Decreto della Presidenza del Consiglio del 26 aprile (articoli 1, lettera a).

Le visite ai congiunti e la stessa attività motoria e sportiva – oltre che gli stessi spostamenti per arrivare alle seconde case, camper e roulotte, imbarcazioni e velivoli di proprietà, sempre e solo per le attività consentite – potranno avvenire anche insieme a persone conviventi, non solo individualmente.

Potranno avvenire in ambito regionale anche gli spostamenti per svolgere individualmente attività sportiva o motoria all’aperto (come per esempio ciclismo, corsa, caccia di selezione, pesca sportiva, tiro con l’arco, equitazione), sempre rispettando la distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività. L’accesso agli specchi d’acqua per lo svolgimento delle attività sportive acquatiche individuali può avere luogo esclusivamente secondo specifiche modalità definite dalle singole amministrazioni comunali.

L’ordinanza stabilisce poi che l’attività sportiva sia consentita anche all’interno di strutture e circoli sportivi se svolta in spazi all’aperto, purché consentano il rispetto del distanziamento ed evitino il contatto fisico tra i singoli atleti (un esempio su tutti, il tennis in campi appunto all’aperto). Viene però specificato che resta sospesa ogni altra attività collegata all’utilizzo delle strutture in questione compreso quello di spogliatoi, palestre, piscine, luoghi di socializzazione, bar e ristoranti.

Il sindaco chiede all’Autorità portuale di rinviare i lavori alla diga di Marina

La passeggiata che si estende in mezzo al mare resterebbe chiusa fino a agosto, De Pascale chiede di modificare i tempi per non danneggiare ulteriormente le imprese turistiche

28 32 Citta Quartieri:Layout 1Il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, chiede all’Autorità portuale di rinviare i lavori di manutenzione alla diga foranea di Marina che dovrebbero iniziare oggi, 6 maggio, e prevedono la chiusura della diga fino ad agosto. «La tempistica annunciata – dice il primo cittadino – risulta eccessivamente penalizzante per Marina di Ravenna, le cui imprese turistiche sono già stremate dai danni economici causati dall’emergenza Covid-19».

De Pascale presenta la sua richiesta all’ente portuale pur consapevole che «le programmazioni dei lavori di tutti gli enti pubblici siano state completamente stravolte dall’emergenza sanitaria che ha per lungo tempo bloccato le attività di cantiere, e che i lavori di riasfaltatura delle dighe foranee siano tanto necessari quanto complessi, data la necessità di svolgerli nei mesi a minore rischio di mareggiate».

«Verso un nuovo modello abitativo, per riflettere anche sul tempo e la condivisione»

 

Abbiamo chiesto un intervento sul tema dell’abitare, in ottica “dopo virus”, a Gianluca Bonini, ingegnere civile e fondatore con Emilio Rambelli di Nuovostudio di Ravenna, la cui attività spazia dall’architettura all’urbanistica, dal design industriale a quello di interni. Molto significativa per Bonini è l’esperienza nel settore del retail design, che lo ha portato a progettare boutique di lusso nelle location più importanti della moda internazionale.

Bonini Rambelli Nuovostudio
Bonini (a sinistra) con l’architetto Emilio Rambelli, con cui ha fondato Nuovostudio

«L’11 marzo scorso, come ricorderemo a lungo, venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il “Decreto #IoRestoaCasa”, il provvedimento che ha esteso a tutto il territorio nazionale quello che ormai tutti chiamiamo lockdown. Quarantena è in effetti un termine superato, non fosse altro per il fatto che di giorni da allora ne sono passati ben più di quaranta: a oggi (Bonini ci scrive il 28 aprile, ndr) sono sette le settimane trascorse in casa, a fare i conti con un evento planetario che nessuno, tranne Bill Gates forse, avrebbe mai immaginato potesse accadere.

Improvvisamente perciò la casa è diventa il centro della nostra vita, venendo ad assumere un ruolo che probabilmente mai, nella storia recente, era stato così centrale, soprattutto per chi abita nei grandi centri urbani. In passato, nella città antica, il luogo dell’abitazione era connesso al luogo di lavoro, le case-bottega si ritrovano dall’epoca romana alla prima era industriale. Cosa è cambiato? L’industrializzazione ha mutato profondamente la geografia sociale dei territori, muovendo enormi flussi di persone dai borghi rurali alle città, che hanno visto decuplicarsi il numero dei loro abitanti. Sono nate così le metropoli dell’era moderna, fenomeno ormai storicizzato in occidente ma tutt’ora in forte sviluppo in Cina, dove nell’ultimo decennio sono cresciute megalopoli dai nomi spesso sconosciuti: Chongquing, ad esempio, ho scoperto solo recentemente che è, coi suoi 36 milioni di abitanti, l’area metropolitana più grande del mondo!

Questa rivoluzione sociale ha ridotto drasticamente lo spazio a disposizione, rendendolo inoltre enormemente costoso: nelle aree centrali delle principali città i prezzi sono elevatissimi: alcuni attici su Central Park a New York hanno raggiunto anche i 100mila euro al metro quadrato, ma senza andare così lontano è facile trovare nel centro di Milano appartamenti con prezzi superiori ai 10mila euro al metro. Questo ha portato la speculazione immobiliare a mettere sul mercato unità minime d’abitazione, pensate per singoli o per coppie, che di fatto usano la “casa” solo per dormire e forse mangiare, magari solo alla sera, magari solo qualche volta nei week end. Tutte le altre funzioni e servizi, infatti, si devono trovare fuori casa: la palestra, il cibo (numerosi ormai i food deliveries), la lavanderia, la scrivania sulla quale usare un computer. Nelle grandi città i mezzi per spostarsi sono pubblici e ciò ha portato a non aver bisogno dell’auto, che si noleggia quando serve. Se poi ce l’hai, la tieni in strada e la porti a lavare dal benzinaio. Se hai famiglia, e vivi in un capoluogo importante, o hai molte possibilità economiche per vivere in centro oppure ti sposti verso la periferia dove i prezzi sono sono più bassi e c’è la possibilità di comprare un immobile più grande.

Ma in definitiva come è la nostra casa? Un recente articolo apparso sul Sole 24 ore ci racconta che dai dati Istat emerge che il 60 percento delle case italiane ha solo un bagno, che un terzo non ha né terrazzo né balcone, e che soltanto l’8 percento è stata costruita dopo il 2000 e ha quindi standard qualitativi più vicini alle attuali richieste normative. A livello dimensionale è in media di 68 mq nelle città medio grandi e di 92 mq in provincia.

Improvvisamente, però, e da un giorno all’altro, quella casa dei dati statistici non è più solo il luogo dove si dorme e si mangia ma di colpo si è dovuta trasformare in un oggetto multi funzione, dove molti si sono trovati a dover lavorare, studiare, passare il tempo libero e magari fare sport. Tutti, quindi, salvo pochi privilegiati, si sono trovati a fare i conti con la propria abitazione: la nuova dimensione della convivenza forzata con gli altri membri del nucleo familiare ci ha fatto desiderare un casa più grande, una casa dove ognuno possa godere di un po’ di privacy oppure poter lavorare a un pc mentre i figli fanno home-schooling.

Nelle ultime settimane, poi, l’arrivo della primavera ha fatto desiderare a chi non lo possiede o un terrazzo o un un giardino, e magari una casa con delle “risorse”. Eccoci quindi a maledire gli open space disegnati negli ultimi anni, quei soggiorni con angolo cottura dove nessuno può fare niente senza disturbare inevitabilmente gli altri. Milioni di case senza ingresso, con camere da letto dove una scrivania entra a fatica, con balconi troppo piccoli per poterci pranzare, figuriamoci per farci stare un barbecue. Case nelle quali una lavanderia è un sogno, e lo stendino dei panni sta inevitabilmente aperto tra i divani.

È molto che nell’ambiente dell’architettura si parla di un nuovo modello abitativo, esigenza che è cominciata ad imporsi come riflessione negli ultimi anni di crisi economica, quelli che hanno portato ad enormi divari nella forbice dei valori immobiliari: prezzi altissimi in pochi centri strategici a forte richiamo economico, mortificazione delle aspettative in quasi tutto il resto del Paese. Questo ha portato, come conseguenza inevitabile di un ragionamento più vasto che ci impone la necessità di contenere spese e consumi, in ogni ambito, alla conseguente revisione dei valori esistenziali considerati non sindacabili dalle persone.

Quali sono perciò i fondamentali emersi? Innanzitutto un maggiore valore dato al proprio tempo, sia lavorativo sia libero, vissuto in proprio o con i propri cari, familiari, conviventi o amici che siano. Di certo l’ambiente, il rispetto per le risorse e la necessità di non sprecarle: ambientali, energetiche o economiche. Il risparmio energetico, che è al contempo rispetto per l’ambiente, è diventato metafora vasta, se vogliamo una nuova riflessione etica sulla vita. Conseguentemente la qualità del lavoro, così come la qualità del luogo in cui si lavora e soprattutto del luogo dove si vive sono a buon diritto rientrati nel dibattito collettivo. Concetti come co-working e co-housing si ritrovano sempre di più spesso come temi sui quali ragionare. Questo perché condividere significa non sprecare risorse, e porta a completare le poche stanze private del proprio alloggio con aree a giardino o ad orto, con una piccola palestra (chi non l’avrebbe voluta in casa in questi giorni?), una lavanderia condominiale o uno spazio collettivo da usare per il tele lavoro o la scuola dei bambini.

I casi sono in crescita, a partire dalle grandi città come Milano dove questo tipo di approccio, basato sui concetti della “Psicologia dell’abitare” porta alla definizione di concept abitativi di fascia medio-alta per appartamenti circondati dal verde in contesti pieni di servizi comuni come piscina, orti, frutteti, spazio per il tempo libero, per arrivare ad esperienze più orientate all’aspetto sociale come le CaseFranche a Forlì dove chi abita condivide l’etica del bene comune e i servizi sono la partecipazione a gruppi di acquisto solidali, la mobilità condivisa o la banca del tempo.

Questi concetti stanno portando a una maturazione dell’approccio con il quale oggi si affronta il progetto residenziale, specie se di ambito territoriale. La nostra più recente esperienza di studio ci ha visti, specie nell’ultimo anno, molto impegnati nella lettura dell’evoluzione della sensibilità collettiva sui temi dell’abitare: un gruppo di lavoro coerente a queste istanze deve infatti coinvolgere non solo l’architetto, il paesaggista, l’esperto di tematiche ambientali ma, oggi, anche un sociologo ed uno psicologo. Le istanze di rinnovo erano già ricche di fermento, ma ritengo che queste settimane di fermo dalle dinamiche del quotidiano abbiano avuto un piccolo aspetto positivo, se è possibile e opportuno chiamarlo tale, che è stato quello di consentire al pensiero critico di poter condurre a compimento riflessioni che erano si presenti nel dibattito disciplinare, ma ancora solo in fase germinale.

La pandemia ha fatto slittare i lavori: la “palizzata” resta chiusa fino ad agosto

Al via il cantiere per il rifacimento del primo tratto di pavimentazione della diga foranea di Marina di Ravenna

CohFzZ UAAE2mdaIniziano oggi (6 maggio), in ritardo di un paio di mesi a causa delle restrizioni legate alla pandemia, i lavori di rifacimento del primo tratto di pavimentazione della diga foranea sud, la cosiddetta “palizzata” di Marina di Ravenna.

Si tratta del completamento dei lavori già svolti a fine 2018 nella parte finale della diga.

Lavori – spiega l’Autorità portuale in una nota inviata alla stampa – «che sono ormai indispensabili e non più rinviabili per poter garantire la sicurezza di tutti coloro che camminano lungo la cosiddetta “palizzata”».

L’intervento avrà una durata massima prevista di circa tre mesi, «ma si confida di ultimare con qualche anticipo».

Faenza, Brisighella, Modigliana: province diverse ma spostamenti consentiti

I tre comuni sono confinanti tra Ravenna e Forlì-Cesena: ammesse solo le comprovate necessità come acquisti di beni, manutenzioni di seconde case, agricoltura

BrisighellaOspitaleA partire dal 6 maggio saranno consentiti gli spostamenti per motivate situazioni di necessità tra Faenza, Brisighella e Modigliana anche se le prime due sono in provincia di Ravenna e la terza in provincia di Forlì-Cesena. Tramite un’apposita ordinanza, frutto di un accordo tra i sindaci Giovanni Malpezzi, Massimiliano Pederzoli e Jader Dardi, viene superato il vincolo dell’ordinanza regionale del 30 aprile che limita all’ambito provinciale le possibilità di spostamenti motivati da situazioni di necessità (per raggiungere i congiunti invece è possibile muoversi in tutta la regione). La stessa ordinanza regionale prevede la definizione di diverse e più ragionevoli soluzioni per comuni confinanti tra province diverse.

Le situazioni di necessità riconosciute – ricordano i sindaci – sono l’acquisto di beni o servizi di prima necessità,  l’accesso a servizi territoriali, scolastici, sanitari, professionali le esigenze manutentive di seconde case e la coltivazione di appezzamenti agricoli. Ogni spostamento è consentito in forma individuale e con rientro in giornata. Resta invariato il divieto di svolgere attività motoria o sportiva fuori dell’ambito provinciale.

«Non è stato possibile un analogo accordo con Tredozio – si legge nella nota dei Comuni –, in quanto non direttamente confinante con il territorio della provincia di Ravenna. Si auspica che questa limitazione venga rimossa quanto prima nell’interesse di tutti gli abitanti della vallata».

Secondo giorno consecutivo senza nuovi casi in provincia, non era mai accaduto

Non si registrano decessi. Il totale delle persone ammalate rimane fermo a 986 di cui più della metà già guariti definitivamente

Ospedale Di RavennaNon si registrano nuovi casi di contagio da Covid-19 oggi, 5 maggio, in provincia di Ravenna e così era stato anche ieri. Dall’inizio dell’epidemia (primo caso il 28 febbraio) non erano mai accaduti due giorni consecutivi senza nuove positività diagnosticate. La giornata di oggi inoltre non registra decessi e anche questa è una prima volta: dal 26 aprile c’erano già stati giorni senza nuove diagnosi ma erano coincisi con almeno un morto.

In totale le persone che si sono ammalate in provincia di Ravenna sono 986: i deceduti sono 71 (comprese alcune persone residenti fuori provincia ma morte in provincia di Ravenna nelle strutture sanitarie locali), le persone completamente guarite sono 518 (152 delle quali nell’ultima settimana), mentre i casi attivi sono 241 (59 in meno rispetto a lunedì 27 aprile). Dei malati 84 sono ricoverati e 157 in isolamento domiciliare, di questi ultimi 70 sono asintomatici mentre 87 presentano sintomi compatibili con tale regime. Sono 157, invece, le persone che restano in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.

Solo la provincia di Ferrara ha un totale di casi più basso in regione. Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.286 a Piacenza (35 in più rispetto a ieri), 3.230 a Parma (3 in più), 4.788 a Reggio Emilia (10 in più), 3.758 a Modena (11 in più), 4.232 a Bologna (28 in più), 387 le positività registrate a Imola (1 in più), 940 a Ferrara (2 in più). In Romagna sono complessivamente 4.654 (10 in più), di cui 986 a Ravenna e910 a Forlì (in entrambi i casi nessuna variazione rispetto a ieri), 715 a Cesena (3 in più), 2.043 a Rimini (7 in più).

Il totale in Emilia-Romagna è di 26.275 casi di positività, 100 in più rispetto a ieri: aumento fra i più bassi mai registrati finora. I test effettuati hanno raggiunto quota 206.166 (+5.739). Si registrano 39 nuovi decessi: 17 uomini e 22 donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna sono arrivati a 3.705. I nuovi decessi riguardano 3 residenti nella provincia di Piacenza, 2 in quella di Parma, 10 in quella di Reggio Emilia, 4 in quella di Modena, 6 in quella di Bologna (nessuno nell’imolese), 3 a Ferrara, 2 in quella di Forlì-Cesena (entrambi nel forlivese), 9 nel Riminese.

L’aggiornamento alle 12 di oggi certifica anche 364 nuove guarigioni (13.889 in totale), mentre continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi a oggi: -303, passando dai 8.984 registrati ieri agli 8.681 odierni. Per un differenziale fra guariti complessivi e malati effettivi di 5.208, fra i più alti nel Paese.

I sindaci di Ravenna e Bergamo scrivono al premier: «Riaprire tutto dal 18 maggio»

In una lettera aperta chiedono di valutare seriamente la riapertura di negozi, bar, ristoranti, stabilimenti balneari e servizi alla persona

De Pascale Conte
De Pascale con il premier Conte in una foto di alcuni mesi fa

Il sindaco di Ravenna Michele de Pascale ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, firmata insieme a Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, la città più colpita dalla pandemia in Italia.

«Egregio Presidente – pubblichiamo la lettera integrale –, Le scriviamo per esprimerle l’urgenza di conoscere, il prima possibile, quali saranno i protocolli per la riapertura di attività commerciali al dettaglio, bar, ristoranti, stabilimenti balneari e anche attività di artigianato di servizio alla persona, come estetisti e parrucchieri. Le chiediamo inoltre di valutare seriamente una riapertura di tutte queste attività, esclusivamente nel rigoroso rispetto dei suddetti protocolli, dal 18 maggio in poi. Siamo consapevoli dell’assoluta importanza di definire e applicare in questa fase regole rigorose e precise, a tutela dei lavoratori, dei clienti e di tutti noi, e proprio per questo riteniamo quanto mai necessario e indifferibile fornire a queste attività un percorso chiaro e definito per arrivare preparati alla riapertura. Riteniamo inspiegabile che mentre si riaprono lotto e superenalotto, di cui proprio non si sentiva la mancanza, rischiando inoltre in questo momento di crisi di alimentare la spirale delle ludopatie, rimangano chiuse le realtà economiche sopracitate, molte delle quali tra l’altro, come i centri estetici e le attività del settore benessere e acconciatura o dei pubblici esercizi, sono già abituati ad operare nel rigoroso rispetto di norme igieniche molto scrupolose. Confidando in un suo positivo riscontro, voglia accogliere i nostri più cordiali saluti».

Michele de Pascale – Sindaco di Ravenna
Giorgio Gori – Sindaco di Bergamo

Anche da Ravenna un appello per regolarizzare tutti i migranti irregolari in Italia

L’attuale situazione, secondo i promotori, «favorisce gli interessi delle mafie e dei caporali e crea una diffusa illegalità»

Migranti IrregolariCittadini e associazioni della provincia si mobilitano «per la regolarizzazione universale dei migranti presenti sul territorio nazionale in condizione di non volontaria irregolarità».

Numerose proposte concrete sono state già avanzate a livello nazionale: da Asgi a Meltingpot, dai sindacati a studiosi ed intellettuali.

«A chi scrive – si legge nel testo firmato in prima istanza dall’avvocato Andrea Maestri, ex parlamentare, e Pippo Tadolini – preme che il tema entri nel dibattito pubblico locale e che i consigli comunali di tutte le città, luoghi della rappresentanza istituzionale e della partecipazione dei cittadini alla vita della comunità,  possano discutere e votare sulla urgenza di adottare una misura universale ispirata a giustizia, umanità, legalità, sicurezza».

«Non sfugge a nessuno – continua l’appello – che la decisione potrà essere presa solo dal Parlamento ma è fondamentale che i cittadini, anche attraverso gli organi della rappresentanza locale, condividano e sostengano questa iniziativa. Non è più tollerabile che ci siano oltre 600.000 persone prive di permesso di soggiorno alle quali siano negati i diritti fondamentali: dalla casa, al lavoro, alla tutela sanitaria, cominciando dalla dignità di essere umano di tutte e di tutti».

L’attuale situazione, secondo i promotori, «favorisce gli interessi delle mafie, dei caporali e degli imprenditori disonesti, favorisce l’evasione fiscale e contributiva, alimenta l’insicurezza, crea una diffusa illegalità. Anche sotto il profilo sanitario e della salute individuale e collettiva non è accettabile che vi siano oltre 600.000 persone a rischio di contagio, attivo e passivo».

A firmare l’appello, al Governo ma anche, come scritto, alle istituzioni locali, finora, tra gli altri, il consigliere comunale di Ravenna in Comune Massimo Manzoli, l’ex candidata a sindaco di Ric, Raffaella Sutter e rappresentanti di associazioni di Ravenna. Per aderire all’appello si può inviare una mail ai sequenti indirizzi: avv.andreamaestri@libero.it e pippotado@gmail.com.

Via libera alla caccia al cinghiale per ridurre i danni all’agricoltura

Approvato il calendario venatorio in Emilia-Romagna: dal 20 settembre l’apertura generale che riguarda 38 specie cacciabili

Via libera al calendario venatorio per la stagione 2020-2021 valido in tutta l’Emilia-Romagna che da ieri, 4 maggio, ha aperto la caccia di selezione al cinghiale, l’unica forma di caccia attualmente consentita, per prevenire e ridurre i danni alle produzioni agricole. L’apertura generale della caccia, che interessa circa 38 specie cacciabili nel territorio regionale, prenderà invece il via il 20 settembre e si chiuderà il prossimo 31 gennaio 2021.

Il piano di prelievo del cinghiale stabilisce il numero dei cinghiali prelevabili nei vari distretti di caccia in funzione dell’impatto che la specie ha sulle produzioni agricole in termini di importo dei danni per chilometro quadrato. Tra le novità, nei piani di controllo provincialiè stato stabilito che province e Città Metropolitana di Bologna si avvalgano anche degli agricoltori proprietari o conduttori di fondi muniti di licenza di caccia, opportunamente autorizzati.  I Piani di controllo vengono condotti tutto l’anno negli ambiti del territorio dove la caccia è vietata come parchi, oasi, riserve, zone di ripopolamento.

Dopo la caccia di selezione al cinghiale, aperta il 4 maggio, il 1 giugno apre quella al capriolo, mentre il 3 settembre è prevista la preapertura per cornacchia, gazza, ghiandaia, tortora e merlo. È fissata al 20 settembre l’apertura generale della caccia, con chiusura il 31 gennaio 2021, ad eccezione delle specie in selezione che potranno essere cacciate fino al 31 marzo. Il calendario venatorio potrà essere consultato online sul portale regionale Agricoltura.

«Come avevamo promesso – afferma l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi –, abbiamo approvato il calendario venatorio e il piano di prelievo del cinghiale per aprire la caccia di selezione a una specie che ogni anno causa notevoli danni alle produzioni agricole. Lo abbiamo fatto in concomitanza dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni del governo e dell’ordinanza del presidente Bonaccini in tema di emergenza Covid-19 che consente questo tipo di caccia con spostamenti nell’ambito provinciale nel rispetto delle distanze interpersonali di sicurezza».

Riaperta la pineta di Cervia distrutta dalla tromba d’aria. Piantati 1.200 alberi

Con le piante abbattute verrà alimentata invece la centrale a biomasse di Russi

Dopo quasi dieci mesi dalla tromba d’aria che il 10 luglio 2019 sconvolse la località di Milano Marittima, si è conclusa la fase uno della rinascita della Pineta di Cervia.

Ieri (4 maggio), con la riapertura delle aree verdi, è tornato fruibile anche il vasto bosco cittadino, dopo un intenso lavoro di rimozione degli alberi caduti che si è concluso con la sistemazione dei sentieri, degli arredi e delle attrezzature ginniche, ancora non fruibili fino al 17 maggio.

Ora quindi in pineta si può andare a camminare, correre, passeggiare con il cane o in bicicletta, sempre seguendo le modalità comportamentali indicate nella cartellonistica che è stata posizionata alle varie entrate.

Anche all’interno del Parco Naturale, che era stato profondamente colpito dagli effetti della tromba d’aria e che sarà ancora chiuso almeno fino al 17 maggio, si sta ritornando alla normalità.

Oltre 1.200 tra alberi (pini domestici e latifoglie) e arbusti tipici della flora autoctona hanno infatti già ripopolato gli oltre 3 ettari di pineta distrutta, grazie al contributo della Società AzzeroCO2 s.r.l., per conto di Coop. Alleanza 3.0.

Il progetto, di cui Cervia è stata beneficiaria, fa parte dell’iniziativa Mosaico Verde, che dà la possibilità ai comuni italiani di ricevere un intervento gratuito di riqualificazione urbana, attraverso la messa a dimora di specie arboree autoctone in aree degradate.

L’attività di esbosco in pineta è consistita nell’abbattimento della quasi totalità degli alberi a terra o stroncati, nell’estrazione delle ceppaie e nella cippatura finale del materiale.

Il lavoro, che è durato oltre due mesi, è proseguito in sicurezza quasi ininterrottamente anche nel periodo dell’emergenza coronavirus.

Il materiale cippato ricavato, valutato in 4.000 tonnellate, servirà nei prossimi mesi ad alimentare la centrale a biomasse di Russi.

La ferita è evidente, le zone danneggiate hanno lasciato un vuoto vegetazionale consistente, anche se bisogna ricordare che le attività del cantiere forestale sono state di tipo estremamente conservativo, in molte zone di difficile accesso, depresse o ricche di sottobosco arbustivo non si è intervenuti, lasciando le aree alla loro evoluzione naturale.

Lungo il percorso sono stati lasciati pezzi di piante e ceppaie, a ricordo dell’evento, in attesa di celebrare i lavori con una mostra fotografica open-air.

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